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Numero 6 del 2014

Cultura e futuro, Addio


Foto: Cultura e futuro, Addio
PAGINA 52

Testi pagina 52

46 Giugno 2014
Osservando i continui cambiamenti della moda dovuti sempre, e non lo dobbiamo mai dimenticare, ad esigenze fi siche, il pensiero giunge agli anni ‘70 del novecento quando per il crescente impe-
gno sociale e lavorativo le donne avevano bisogno di un abbigliamento
disinvolto, comodo e sobrio. Le donne cominciarono a ricoprire ruoli fi no
a quel momento affi dati ad uomini ed ecco l’esigenza di abbandonare i
tratti della femminilità colorata e frivola a favore di tailleur scuri, camicie e
al posto della cravatta maschile le signore indossano foulard.
Il progetto dei nostri grandi stilisti - Giorgio Armani, Walter Albini, Gian-
franco Ferrè - era vestire la donna nel quotidiano mondo del lavoro. Furo-
no le giacche perfette prese in prestito dal
guardaroba maschile a renderli celebri nel
vestire le grandi dignità manageriali. Ri-
cordiamo, per tutte, l’eleganza di Marisa
Bellisario. E poi per giusta imitazione tutti
gli strati sociali si adeguarono ad un ab-
bigliamento che defi nì l’entrata nel mondo
del lavoro delle donne.
La vera eleganza sarà un segno indelebile
nel mondo quanto più rappresenterà il ruolo, la circostanza, l’uso, il rispet-
to dei luoghi. Vestirsi al mattino in uffi cio come una conduttrice televisiva,
non è un segno né di eleganza né di “ libertà personale”, defi nizione
quest’ultima che meriterebbe un ampio dibattito.
I tacchi a spillo bellissimi se adeguatamente usati, è ridicolo vederli sul
tram al mattino o indossati dalle mamme che di corsa accompagnano i
fi gli a scuola.
Ecco che tutto deve essere adeguato, alle ore del giorno, al lavoro svolto,
e persino al luogo dove ci troviamo. Possiamo parlare di una vera e pro-
pria geografi a dell’eleganza: non si veste a Milano come a Palermo nella
medesima circostanza.
Ci sono delle regole, un tempo si chiamavano normative suntuarie, che ci
indicano i colori, le fogge che si possono indossare per essere adeguati.
Non si andrà mai davanti al Santo Padre con scolli vertiginosi e gonna
sopra il ginocchio e in visita ad un Capo di Stato con una cravatta sgar-
giante e un abito chiaro, ma più semplicemente non si uscirà al mattino
con la gonna corta e le calze velate nere.
Sarebbe bello rivedere al mattino donne con le calze chiare e la gonna,
uomini con l’abito blu e la cravatta con piccola fantasia operosi a lavoro
come un tempo.
Non è un sogno… ma una speranza per un mondo bello, ade-
guato ed elegante!
L’ABITO ELEGANTE
È QUELLO ADEGUATO
www.fondazionecerratelli.it
diegoarte@libero.it
La violenza domestica si manifesta nelle più diverse forme, da quella fi sica, a quella verbale a quella
morale; molte sono le donne che rac-
contano le vessazioni e i maltrattamenti
subiti, a volte certifi cati da referti ospe-
dalieri, a volte testimoniati dal volto del-
le stesse donne, ormai spento e privo di
vita, per essere state quotidianamente
mortifi cate da frasi del tipo “sei una nul-
lità”, “non vali niente”, “fai schifo”. Que-
sti gli apprezzamenti più correnti.
Recentemente la Corte di Cassazione
ha affermato che “nello schema del de-
litto di maltrattamento contro familiari e
conviventi non rientrano soltanto le per-
cosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce,
le privazioni e le umiliazioni imposte alla
vittima, ma anche gli atti di disprezzo e
di offesa alla sua dignità, che si risolvo-
no in vere e proprie sofferenze morali”.
Nella motivazione il Giudice dichiara
che non si può parlare, come sostiene
il marito, di confl ittualità reciproca, ma
di gravi condotte dell’imputato volte a
disprezzare e offendere la dignità del-
la moglie, screditandola agli occhi del
fi glio, che le hanno comportato delle
vere e proprie sofferenze morali. Princi-
pi assai importanti che meritano una ri-
fl essione: innanzitutto la violenza dome-
stica, in qualunque forma si manifesti,
non rientra nell’accezione comune che
si dà al temine “confl itto”; sul punto, c’è
una grave carenza degli operatori del
diritto e delle istituzioni preposte a so-
stegno delle famiglie: questi confondo-
no il concetto di violenza domestica con
quello di confl itto tra coniugi; tale errata
impostazione è frutto di una grave lacu-
na culturale. È altresì importante valu-
tare come sofferenza morale, e quindi
risarcibile, gli atti di disprezzo alla digni-
tà delle donne, nel rispetto dei principi
costituzionali. Ancor più se commessi
dinanzi ai fi gli. Situazioni diffi cili da pro-
vare, per cui non sempre è possibile
ottenere una giusta tutela e una giusta
risposta giudiziaria.
DISPREZZO
E OFFESE
AL CONIUGE
FAMIGLIA
Sentiamo
l’Avvocata
di Simona Napolitani
mail: simonanapolitani@libero.it


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