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Numero 6 del 2014

Cultura e futuro, Addio


Foto: Cultura e futuro, Addio
PAGINA 44

Testi pagina 44

38 Giugno 2014
di Guendalina Di Sabatino
DOLORE, STUPORE, SENSO DI COLPA.
TANTI I SENTIMENTI CHE SUSCITANO
E AVVOLGONO IL SUICIDIO, ATTO CHE
CHIEDE LUCIDITÀ A CHI LO COMPIE
E INDULGENZA A CHI RIMANE.
PAOLA DE GENNARO LO AFFRONTA
PER SUPERARE I PREGIUDIZI
E L’IPOCRISIA
di Camilla Ghedini
SUICIDIO
PARLIAMONE
SENZA
VERGOGNA
N
ella foto di loro bimbi, lui la circonda col
suo braccio, in un gesto d’istintiva prote-
zione fraterna. In una delle ultime immagini
scattate da adulti, lei lo guarda, lo aspetta,
seduta su una roccia. Come roccia talvolta
è il suo cuore. Controlla che lui, che si volta indietro a
sorridere di fronte allo scatto, la raggiunga e non pre-
cipiti nel vuoto. Come vuoto si è sentito dentro fi no al
giorno in cui ha deciso di liberarsi dai lacci della vita
e di smettere di camminare nella ‘giusta’ direzione.
Ha deciso che le montagne, le valli, le pianure non fa-
cevano per lui. Ha scelto la libertà di andare altrove,
in quel mondo sconosciuto su cui tutti da millenni ci
interroghiamo. Massimo ora è là. Paola è qua. A divi-
derli una caduta dal quarto piano di una palazzina di
Roma. Lui, fratello maggiore, si è buttato guardando
avanti, guardando sotto, guardando la profondità. Lei,
sorella minore, non ha potuto impedirlo, non ha potu-
to trattenerlo, non ha potuto proteggerlo. Sono Paola e
Massimo De Gennaro, classe 1969 lei, 1966 lui. Tanto
decisa, apparentemente, lei. Quanto fragile, apparen-
temente, lui. Perché per sopravvivere al suicidio di un
famigliare serve indulgenza. Ma per scegliere la mor-
te, oltre alla disperazione, serve lucidità. Siamo nel
2011. Paola e Massimo, che nel 2008, avevano subito
il lutto della mamma Silvana, perdono la nonna Ana-
tolia, con cui sono cresciuti. È il 5 ottobre. Paola va al
camposanto col papà Luciano. Tornano, la tragedia si
è già consumata. Non c’è più nulla da fare. Rimango-
no solo impotenza e frustrazione. E la distanza. La di-
stanza che Paola comincia a mettere dagli altri, dagli
amici comuni, dai parenti più stretti. Perché lei vuole
parlarne: per capire, per sfogarsi, per cercare risposte.
Per comprendere cosa di Massimo non ha ascoltato,
ha sottovalutato. Ha la testa che rimbomba di quesiti,
sensi di colpa, rabbia verso se stessa. Perché forse si
è persa una parola, un’espressione del viso, qualcosa
che potesse rivelarle le sue intenzioni. Vive per mesi
come sulle montagne russe, col senso di vertigine - lo
stesso che forse ha provato lui - e il malessere per un’e-
sistenza che deve continuare ad affrontare sola. E la
nausea, soprattutto, per non essere riuscita a togliere a
Massimo quel dolore che gli ha impedito di nutrire qual-
siasi speranza nel futuro. Sente però che gli altri prefe-
rirebbero il silenzio, il suo silenzio, perché del suicidio
non si deve discutere. Massimo stava male da anni,
c’era una diagnosi di schizofrenia paranoidea, e gli altri
vorrebbero che questo le fosse suffi ciente per farsi una
ragione dell’accaduto. Paola sa invece che il punto è
altro. “Il punto è la vergogna che secondo gli altri io


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