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Numero 6 del 2014

Cultura e futuro, Addio


Foto: Cultura e futuro, Addio
PAGINA 21

Testi pagina 21

19Giugno 2014
IL LATO ‘b’
È QUELLO
DELLA CURA
di Giovanna Badalassi e Stefania Saltini
UnA LeTTUrA AL femmInILe DeLLA
CULTUrA CI PUò AIUTAre A CAPIre
PerChé qUeSTo SeTTore è PreSo
CoSì PoCo In ConSIDerAzIone
neLLe STrATegIe PoLITIChe
PUbbLIChe e Come PoTrebbe
InveCe CreSCere AnChe
vALorIzzAnDo Le DIfferenze e I
TALenTI CULTUrALI DeLLe Donne
CULTURA&FUTURO, ADDIO | 5
Una recente ricerca ha stimato che la cultura in Ita-lia ha un peso sul PIL di 36 miliardi, che potreb-be salire a 70 miliardi con una politica attenta,
facendo aumentare gli occupati del settore da 470mila
addetti attuali (il 2% del totale) a oltre un milione. Non-
ostante simili potenzialità, nel nostro paese la cultura è
storicamente molto trascurata dalle politiche pubbliche.
Perché questo settore, assieme al turismo, non è con-
siderato prestigioso e strategico, dato il patrimonio ar-
tistico e culturale di cui gode l’Italia? Se, ad esempio,
l’ICT negli USA gode giustamente di ogni attenzione
poiché rappresenta il settore economico di punta di
quel paese, perché la cultura, così preziosa e potenzial-
mente redditizia per l’Italia, non lo è altrettanto per noi?
Dietro a una simile sottovalutazione politica vi sono
certamente numerose ragioni. Tra queste, un punto di
vista spesso ignorato è quello relativo alla prospettiva
di genere, che aiuterebbe invece a capire molti aspetti
di questo problema e a svelarne alcune contraddizioni.
Ad esempio, un primo paradosso è che in un paese
maschilista come il nostro per sviluppare un settore
strategico come la cultura occorrerebbe investire in-
genti risorse nell’attività di cura, che rappresenta un
valore e una dimensione soprattutto femminile.
Si parla in questo caso infatti di cura e attenzione per
le persone (l’accoglienza nel turismo, nei musei, negli
alberghi, nei teatri, l’organizzazione di eventi culturali,
l’istruzione dei ragazzi nelle scuole), ma anche di cura
per le “cose”, per il nostro patrimonio artistico, ad es-
empio (il restauro, la conservazione dei beni architet-
tonici, la manutenzione dei monumenti e del patrimonio,
le biblioteche, le esposizioni,ecc).
La capacità di cura è stata infatti per secoli un’attività
femminile non remunerata, che solo in età moderna
è stata in parte trasformata in lavoro pagato. Questo
connotato storico di gratuità, che anche le professioni
culturali legate alla cura si trascinano in parte dietro,
spiega sia il ridotto valore economico che viene ad esse
attribuito in termini di remunerazione, sia la scarsa at-
tenzione a livello politico dedicata al settore.
Un’altra riflessione di genere sulle politiche culturali
riguarda la possibilità di far crescere il settore ricono-
scendo le differenze tra donne e uomini in termini di
fruizione culturale.
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