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Numero 2 del 2012

Lavorare per 5 euro l'ora


Foto: Lavorare per 5 euro l'ora
PAGINA 35

Testi pagina 35

“ Milena, di 12 anni

sio Internazionale di arte contemporanea che curo or—
mai da tre anni per la cooperativa Occhi Aperti, sono
andata a trovare Vesna e la sua famiglia e ho visitato la
sua casa. Chiacchierando sono emersi problemi e sogni,
aspettative e considerazioni. Mi intristisce pensare che
Vesna non veda più né i genitori né i fratelli e le sorel-
le, tornate al villaggio, e che le sue bambine non cono—
scano né i nonni né le zie e
gli zii. Certo la comunica-
zione con la famiglia è ga—
rantita dai telefoni cellulari,
ma il suo sollevare le spalle
in un senso di impotenza e
ineluttabilità quando io
commento quanto deve es-
sere doloroso non poter più
relazionarsi con i familiari,
mi colpisce profondamente.
Chiedo che sogni lei abbia
per le sue figlie. Vesna ri-
sponde istintivamente che
vorrebbe per loro una vita
migliore della sua, che stu-
diassero e che potessero
avere ciò che desiderano. Ri—
corda la povertà della sua fa-
miglia e, con orgoglio, af-
ferma che quando le figlie
fanno delle richieste lei è in
grado di soddisfarle mentre
così non accadeva per lei,

è attualmente in
Belgio con la zia.
Vesna sogna un
avvenire di avvocata
perché, sostiene, “è
una chiacchierina”,
ma in realtà Milena
desidera fare la
cantante. Natasa,

7 anni, vorrebbe
diventare cantante e
batterista e suonare
il pianoforte. Irena, 9
anni, desidererebbe
suonare il violino, la
batteria e il
pianoforte mentre
Romana, che di anni
ne ha 15, vorrebbe

diventare . .
. per le sorelle e per 1 fratelli

parrucchiera. H . .
quando esprimevano 1 pro-

pri desideri ai genitori. Ri—
mango spiazzata quando, alla richiesta di quali siano i
suoi sogni, le sue spalle mi dicono l’ineluttabilità del suo
dire prima che questo avvenga: “Non ho sogni per me,
solo per le mie figlie”. Mi sento perfettamente a mio agio
in questo gruppo di piccole donne che devono cresce-
re e che, istintivamente, formano un cerchio in modo che
possiamo parlarci guardandoci in viso. Le teste si gira-
no verso i miei fogli di appunti quando mi trovo in dif-
ficoltà a scrivere i nomi in lingua slava, ridono ai miei
maldestri tentativi di trascrivere nomi, controllano,
correggono. Sento circolare affettività. Per Milena, di 12
anni e attualmente in Belgio con la zia, Vesna sogna un
avvenire di avvocata perché, sostiene, “è una chiac-
chierina”, ma in realtà Milena desidera fare la cantan-
te. Natasa (si legge Natascia, ed “è un nome russo” mi
dice con orgoglio la bambina), 7 anni, vorrebbe diven-
tare cantante e batterista e suonare il pianoforte. Irena,

9 anni, desidererebbe suonare il violino, la batteria e il
pianoforte mentre Romana, che di anni ne ha 15, vor-
rebbe diventare parrucchiera. Vesna conosce bene le dif-
ficoltà di trovare un lavoro in Italia; mi dice degli sguar—
di di diffidenza delle persone che la incrociano quando
va al mercato, dell’istintivo gesto di protezione delle ma-
dri che accostano maggiormente a sé i figli perché (me
ne ero scordata nell’elenco degli stereotipi e pregiudi-



zi) “le zingare rubano i bambini”. Chissà se queste bam—
bine, che sognano la musica, conoscono i suoni della gen—
te del paese dal quale la mamma e il papà sono espatriati
come profughi di guerra; chissà se conoscono le tradi—
zioni musicali o se l’amore per la musica è arrivato loro
attraverso i geni ereditati dalla famiglia. Mi incuriosiscono
alcune cose sulle quali domando chiarimenti. Tra que—
ste chiedo se sia vero che i Rom hanno un nome cono—
sciuto solo nel loro ambiente e un altro nome, per i gagi,
come vengono chiamati i “non Rom”. Vesna mi forni—
sce una lunga spiegazione sui nomi. In famiglia veniva
chiamata Goca (che si legge Gozza), diminutivo di Gor-
dana, ma il suo vero nome è Vesna. Nome che ha adot—
tato in Italia perché l’altro risultava difficile per noi da
pronunciare. Ogni tanto Vesna esplicita le sue presun-
te incapacità; perché lei, che sa comprendere e parlare
correttamente tre lingue, il Serbo, il Romanés e l’Italiano,
non sa leggere. Aveva incominciato a frequentare la scuo-
la sul camper (un’ora al giorno) ma ha rinunciato per—
ché gli impegni legati alla cura delle figlie e della casa e
la preparazione dei pasti non le hanno consentito di con-
tinuare. Ma ho idea che sia una scusa: penso che, in re—
altà, Vesna non si permetta più, melo hanno detto le sue
spalle e il suo dire, sogni per sé. Io sogno che Vesna im-
pari a leggere e a scrivere, che nessuno più si scosti al
suo passaggio e che le sue figlie continuino la tradizio—
ne della musica balcanica. I

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