Numero 5 del 2006
L'altra metà
Testi pagina 8
maggio 2006 noidonne8
Chi ha parlato di donne, in questa
campagna elettorale? Sicuramente le
donne tra loro, sicuramente le sporadi-
che candidate, poco i due affannati lea-
ders a confronto. Eppure ci sono le don-
ne! La maggioranza dell'elettorato. Ci
sono, disincantate, offese, sì proprio of-
fese, anche quando non lo sanno. Tante
donne non sanno di essere state offese
anche a parole, sanno delle offese quo-
tidiane, che le trovano impotenti ed a
volte rassegnate. Il lavoro, il portafoglio
semivuoto, lo slalom tra gli ostacoli fisi-
ci e morali per l'esercizio dei diritti sem-
pre più parlati.
Le nuove libertà, dove sono, quando è
difficile agire quelle di sempre?
Libertà compresse nella competizione
per la sopravvivenza. Competizione,
per cosa e per andare dove? La politica
non lo dice più perché la globalizzazio-
ne ha regole che nessuno ha scritto e che
pesano anche sull'idea che serva ancora
il criterio della delega elettorale. Pagine
e pagine di programmi, non affrontano
il nodo centrale del problema della "ri-
partecipazione" alla democrazia: un ge-
nere intero è costretto a chiedere anziché
affermare.
Scadente per tutti questa politica, ag-
grappata a pensieri vecchi, tirati a luci-
do per le grandi occasioni. La ricontrat-
tazione proposta da tutte, anche se in-
cluse a vario titolo incluse nel potere,
suona ormai come il segno di un falli-
mento d'intere generazioni.
È da molto che le donne nel movi-
mento si interrogano su questo, ma in
questa convulsa fine d'aprile 2006 nes-
suna, nella sinistra, pur disarmata e de-
lusa, ha avuto dubbi: la scelta è tra de-
mocrazia, anche la più retoricamente
definita, e la fine delle libertà. A partire
da quella di pensiero. Se al governo c'è
stata quell'alchimia di libertinaggio pri-
vato e pubbliche oppressioni, che ab-
biamo vissuto in questi 5 anni, in dis-
cussione non sono le scelte, ma quel che
si è e da quale parte.
A spoglio concluso e considerati i ri-
sultati una certezza si va facendo sem-
pre più strada: nessuna conquista de-
mocratica in questo paese può conside-
rarsi una svolta definitivamente acqui-
sita, e la sua difesa non può che risiede-
re nell'esercizio di una democrazia par-
tecipata. Due parole che riassumono
l'attenzione alla quotidianità dei diritti,
interfaccia del dovere di altri e del pro-
prio. La consapevolezza che dove c'è
uno squilibrio c'è qualcosa da pretende-
re o inventare. La cura di noi stesse nel
riconoscimento dell'altra e dell'altro, la
cura del territorio: uno stile che rappre-
senta la strada obbligata, l'alternativa
al malgoverno in ogni direzione.
Per le associazioni femminili, per il
femminismo in generale, la pratica del
controllo e della denuncia è stata la ba-
se d'ogni crescita verso la propositività
che ha materializzato una cultura altri-
menti impraticabile diritti umani e di
cittadinanza altrimenti impensabile.
Non è di generosità che si parla, ma di
necessità, difendere la possibilità di cre-
scita, è l'unico modo di non andare al
disfacimento civile, fondando su una
pratica responsabile, nella quale, dalle
donne, sembra, ci sia da imparare per
tutti.
L'UDI, che ha camminato sull'idea
della democrazia praticata, prima an-
cora che fosse guadagnata per tutti, tra
condivisioni e lacerazioni, mantiene
tutt'ora, tra le altre soggettività, un'i-
dentità comune certa, che lascia emer-
gere un ruolo da valorizzare, esemplare
di una pratica irrinunciabile, al punto
in cui siamo, senza alternative.
Non abbiamo nemmeno bisogno del-
le parole per dirlo, siamo noi, ne parlia-
mo essendoci.
Grandi elettrici, grandi assenti
Futuro prossimo / 3
poco presenti nella campagna
elettorale, le donne rischiano di
scomparire dall'agenda politica
Stefania Cantatore
Sebben che siamo in poche…
Non ci resta che cantare così dopo il voto di apri-
le? Sono sicuramente note ai margini queste,
mentre scrivo a pochi giorni dalle elezioni e la
scena politica, le prime pagine, sono totalmente
occupate da ben altro argomento che la presenza
delle donne nel nuovo Parlamento. L'emergenza
come sempre ci cancella. E' sempre la solita sto-
ria. Anche nei confronti televisivi, tra i due con-
tendenti premier, quando si sono citate le donne
(che pena!) siamo state citate mai come sogget-
to, sempre come un pezzetto di famiglia, sempre
come madri più o meno "buone", anche come
"categoria" e come merce di contrattazione, …"io
tolgo l'ICI, e farò una donna vice premier".
Intanto dalle liste "bloccate" ed eterodecise quali
quelle previste da questa riforma della legge elet-
torale sciagurata. Un bel passo in avanti!
Con la tendenza di incremento invece che all'89esimo posto nel mondo
per presenza femminile nei Parlamenti di tutto il mondo saremo risali-
te al 70esimo, dove eravamo fino a pochi anni fa. Prima di noi conti-
nuano ad esserci il Rwanda, le democrazie nordiche, la Spagna,
l'Austria e il Burundi, ai primissimi posti, ma anche al 23esimo
l'Afganistan, l'Iraq al 26esimo e la Tunisia al 36esimo. E pensare che
nel 1995 alla conferenza mondiale delle donne di Pechino venne rivol-
ta una raccomandazione per far sì che almeno il 30% delle rappresen-
tanti dei parlamenti fossero donne, ed è inutile sottolineare il perché.
Continuiamo ad essere poche, cerchiamo di contare di più allora,
sostenendo le elette che ci rappresentano: invitiamole in tutte le realtà
locali a confrontarsi ed unirsi con tutte le donne presenti nei territori.
Costruiamo insieme un programma, alcune priorità perlomeno, che
non solo non ci facciano perdere terreno, troppo ne abbiamo perso
negli anni scorsi, ma che ci aiutino a costruire ancora con fiducia una
prospettiva, dove le donne contino anche nelle emergenze!
Alida Castelli