Numero 10 del 2006
Violenza: sconfiggere la paura
Testi pagina 7
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Flavio Lotti: Stiamo andando in
quella direzione. Per il momento il mini-
stro D'Alema ci ha detto che un consi-
gliere politico affianca il comandante
italiano, quindi il controllo della mis-
sione non è nelle mani dei militari, bensì
della politica. E questo fa una bella dif-
ferenza. Inoltre noi abbiamo chiesto di
aumentare la componente civile, ovvero
personale non militare adeguato ad
affrontare le reali problematiche della
popolazione provata da una lunga serie
di sofferenze. Su questo presenteremo
presto al governo una nostra proposta
puntuale.
Grazia Bellini: Quella di rafforzare
la parte civile di questo intervento è
stato il nostro proposito fin dall'inizio.
Noi condividiamo questa missione per-
ché ONU (non solo sotto l'egida ONU),
perché ha il mandato di stabilire tra le
parti una situazione di pace e perché
tutti i governi l'hanno accettata. Ma
questo non basta per costruire la pace
veramente. E' necessario ricostruire il
tessuto sociale: la capacità di autogo-
verno delle popolazioni locali, la capa-
cità di costruire relazioni e fare in modo
che il diritto di ognuno venga rispettato.
Per raggiungere questi obiettivi è neces-
saria una presenza civile e osservatori
non militari che favoriscano una parte-
cipazione democratica attiva delle
popolazioni che possano monitorare
(non dopo ma durante) il rispetto dei
diritti civili durante la missione. Poi il
punto da mettere seriamente sul piatto è
la questione palestinese: bene che sia
finita la guerra in Liban, ma se non si
risolve la questione della Palestina
abbiamo messo solo un cerotto.
Avete parlato anche di disarmo
nucleare?
Flavio Lotti: Si è parlato del proces-
so per il rilancio del disarmo nucleare.
D'Alema ha ben presente quali sono le
responsabilità di un Paese come il
nostro e sta facendo di tutto affinché la
crisi iraniana venga risolta con mezzi
pacifici. Oggi questa è la cosa più
importante.
L'Italia sta facendo una grande azio-
ne diplomatica che può portare a dei
risultati concreti anche in breve tempo.
Io penso che sul tema del Medio Oriente
e della cooperazione italiana possiamo
fidarci di questo governo, che per la
prima volta sta facendo quello che agli
abbiamo chiesto di fare. Non si tratta di
dare una "delega in bianco", ma di
avere la consapevolezza che oggi pos-
siamo contare, all'interno del governo,
su interlocutori che sanno quello che
fanno e che stanno accogliendo alcune
delle cose che abbiamo chiesto e si
stanno movendo nella direzione che noi
abbiamo perseguito.
con l'invio della forza di pace dell'ONU in Libano si apre
una nuova fase della diplomazia internazionale e il mondo
dell'associazionismo pacifista avanza proposte al governo
“per definire insieme obiettivi e scadenze”
concetti e autori
Le milizie di Dio
La Storia l'hanno sempre scritta i vincitori. La Cronaca chi detiene le leve del pote-
re. Storia e cronaca sono soggette a interpretazione. Con questi semplici concetti
in tasca sono partita per il Libano. Erano passati cinque giorni dalla fine dell'em-
bargo e Beirut si leccava le ferite. I partiti al potere iniziavano la partita per la rico-
struzione. La guerra sotterranea, quella che sempre segue la fine di un conflitto, col
corollario di vincitori e vinti, in base alla capacità di accaparrarsi denaro pubblico.
Come sempre la comunicazione è fondamentale tanto quanto la capacità di uscire
al momento giusto con lo slogan giusto. Quello degli Hezbollah,, che insieme ai
libanesi sono riusciti a fermare l'invasione di Israele al sud del Libano, campeggia-
va in ogni angolo della città. In ogni strada del paese. Immagini cubitali con solda-
ti che 'vincevano' sui carri armati e l'enorme scritta "Vittoria divina". Gigantografie
di martiri e inni alla resistenza. Facce di uomini 'barbuti' con occhiali e Corano. La
società libanese ha trovato contro il nemico di sempre la sua unità nazionale. Il
problema palestinese, fin dall'82 all'origine delle aggressioni israeliane, non è stato
sradicato. La precisione chirurgica con cui Israele combatte le milizie di Allah e
affama le popolazioni povere del medioriente è di una evidenza disarmante.
D'accordo, gli estremismi non nascono mai da una parte sola. Ci sono terroristi
sciiti e torturatori cattolici. Islam e Cristianesimo portano in sé, ontologicamente,
il germe dell'esclusione. Ma per Israele le cose stanno diversamente. La tragedia
dell'olocausto è ancora viva e la lezione imparata viene oggi usata per combattere
il nemico: palestinese, islamico, arabo. Il problema della sicurezza, per uno stato
trai i più "protetti" del mondo, non è oggetto di discussione né di autocritica. Dalla
sua parte, Israele, vanta trattati ratificati a inizio secolo e può contare sull'appog-
gio dei poteri più potenti del mondo. Quanto alla politica, cambiano i sistemi non
i contenuti. Dai Gulag Staliniani ai campi di concentramento nazisti. Dalla politica
del terrore di Pol Pot allo sterminio dei dissidenti cubani, passando per il processo
di decolonizzazione africano, un'ecatombe. Il male è ovunque nell'uomo e non esi-
ste aggressione per una "giusta causa". La guerra è guerra. E la 'comunicazione', è
soltanto un tipo di guerra più subdola e ipocrita. Ma uno stato che si incunea in
un territorio che non è il proprio annunciando al mondo intero che tutto ciò gli è
dovuto per volere di Dio è di una ingenuità disarmante, pari a chi crede che ucci-
dendo il nemico si spalanchino le porte della concupiscenza, in quel paradiso pieno
di vergini, ancora oggi a Beirut, premio per i martiri di Allah.
Emanuela Irace