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Numero 10 del 2006

Violenza: sconfiggere la paura


Foto: Violenza: sconfiggere la paura
PAGINA 31

Testi pagina 31

Nei giorni festivi le pellegrine indos-
sano cappelli colorati con le bande
all'insù e il tradizionale grembiale tibe-
tano, decorato a righe orizzontali vario-
pinte. Con la mano sinistra recitano il
rosario tibetano o ruotano un piccolo
mulino di preghiera contenente mantra
trascritti su pergamena.
Poligamia e poliandria, vietate da
oltre cinquant'anni, sopravvivono nelle
zone rurali insieme ai matrimoni combi-
nati, come sistemi per controllare le
nascite e conservare l'unità del patrimo-
nio familiare. Le coppie monogamiche
aumentano poiché si diffonde il matri-
monio d'amore, per libera scelta. Le
spose non sono scelte per bellezza o ric-
chezza, ma per la capacità di stringere
e mantenere rapporti sociali. Il detto
"Dobbiamo vivere insieme", riportato
nelle iscrizioni delle abitazioni, è un
imperativo a tenere rapporti amichevoli
e solidali con la comunità. Le donne
tengono bambini e anziani in contatto,
offrendo reciproca attenzione, assisten-
za e sicurezza. Le madri portano i pic-
coli in un fagottino legato sulla schiena,
lasciando uscire fuori solo testa e piedi,
ben coperti da berretti e calzettoni di
lana colorata. I bambini contano sulle
cure e l'affetto senza limiti dei familiari
e della comunità, tanto che i nati da
matrimoni poligamici e poliandrici
sono equiparati. Le madri li educano
con una "severità ragionata". incorag-
giandoli ad assumere responsabilità e
accudire i più piccoli.
La scelta della monaca buddista,
come il monaco, è reversibile: può deci-
dere di farsi monaca, poi di sposarsi e
avere figli o viceversa. Nei rari conventi
femminili, più modesti e disagiati delle
strutture maschili, le giovani seguono
studi confessionali sotto la guida di
monache autodidatte. Le religiose man-
tengono rapporti con famiglie e comuni-
tà. Di norma abitano in case familiari,
dove collaborano alle attività domesti-
che e di cura e si distinguono dalle lai-
che solo per abito, taglio di capelli e
dedizione alla preghiera. Non raggiun-
go alti gradi nella gerarchia ecclesiasti-
ca, ma sono stimate grazie alla fiducia
buddista nell'equilibrio dei valori e alla
dottrina della reincarnazione, per la
quale un lama può reincarnarsi in un
corpo femminile.
L'economia, come l'organizzazione
sociale e familiare, è ecologica e solida-
le e contro ogni spreco: in Ladakh si rici-
cla tutto, tuttavia il falso mito del siste-
ma economico occidentale minaccia la
regione. La pressione economica discri-
mina le donne, ne indebolisce il potere
decisionale e aumenta gli oneri, perciò
entrano in fabbrica come gli uomini,
mentre le giovani cercano lavoro e istru-
zione in città. La scolarizzazione femmi-
nile è bassa, come in tutta l'Asia rurale:
le scuole statali contano solo 2000
ragazze su 12.000 studenti, seguono
modelli occidentali e insegnano inglese,
ma manca materiale didattico. I villag-
gi per profughi e orfani ospitano ragaz-
ze che, terminati gli studi secondari, si
avviano all'artigianato (soprattutto
sartoria), mancando scelte professiona-
li alternative.
L'emergenza è conservare il patrimo-
nio culturale locale, che rappresenta
una via per lo sviluppo sostenibile, per i
valori umani e l'organizzazione sociale
di cui è portatore. Di qui l'importanza
di sostenere la popolazione per impedi-
re che sia sconfitta dalle leggi occiden-
tali di mercato, consumo e tecnologia.
Intraprendenza e vivacità ladake si
manifestano nell'associazionismo inter-
nazionale. Nel 1983 è fondata
l'Associazione per lo sviluppo ecologico
del Ladakh, promotrice dello sviluppo in
armonia con la tradizione, l'educazione
ambientale, la salute e il potenziamento
dei sistemi agricoli locali. Presso la sede
del Centro di Leh, un gruppo di donne
gestisce una biblioteca dedicata a temi
locali ed ecologici ed un negozio di pro-
dotti artigianali e gastronomici da col-
tura biologica. Nel 1994 nasce
"L'alleanza delle donne del Ladakh",
una rete di solidarietà che preserva
l'ambiente tramandando tecniche agri-
cole e usi locali, sostenendo più di 6000
donne nelle zone disagiate.
Foto di Maria Elisa Di Pietro e Marco Carnovale
31noidonne ottobre 2006
un luogo dove uomini e donne collaborano in equilibrio
riconoscendo e integrando le loro qualità


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