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Numero 10 del 2006

Violenza: sconfiggere la paura


Foto: Violenza: sconfiggere la paura
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lavoro. Questo è dipeso anche dall'ado-
zione, nel corso della transizione, di un
sistema di trasferimenti che ha favorito
l'espulsione dal mercato del lavoro delle
maestranze non necessarie al nuovo
corso economico, proprio come leva per
la ristrutturazione dell'economia incen-
trata sullo spostamento di forza lavoro
dai settori in declino alle industrie più
moderne. I rapporti di sostituzione net-
ta delle prestazioni sociali, comparati
al reddito da lavoro, hanno rappresen-
tato disincentivi ad iniziare un'attività
lavorativa, in particolare per i lavora-
tori poco qualificati. Le azioni volte ad
incentivare i cittadini a cercare un'occu-
pazione non erano state considerate un
obiettivo centrale quando fu elaborato
il nuovo regime di protezione sociale al-
l'indomani del crollo del sistema sociali-
sta di produzione. Con il risultato che
l'Ungheria si trova ora in una situazio-
ne conflittuale di fronte all'obiettivo di
diminuire la povertà (cresciuta in questi
ultimi anni dal 10% al 30%), la disoc-
cupazione e il lavoro nel settore infor-
male, poiché le prestazioni sono utiliz-
zate per garantire un minimo di sussi-
stenza e la riduzione del carico fiscale
(uno tra i più elevati nell'Ue), che fi-
nanzia la sicurezza sociale, sta seria-
mente danneggiando i lavoratori colpiti
dall'adeguamento economico.
La bassa partecipazione lavorativa
delle donne ha inibito il mercato di beni
e servizi, producendo stagnazione e, di
conseguenza, un calo nel tenore di vita
e la diffusione della femminilizzazione
della povertà: cresce la quota delle don-
ne che vivono sotto la soglia di povertà
(le casalinghe con tre o più figli e le ma-
dri sole sono le più numerose) ed au-
menta il numero di coloro che, con la
forte spinta alla deregolamentazione,
accettano le forme del lavoro precario,
atipico e illegale (diffuso soprattutto nel
terziario). Si conferma, inoltre, per le
donne il doppio carico del lavoro pro-
duttivo e di quello di cura appesantito
dai recenti tagli alla spesa sociale e ai
servizi e dalla poca diffusa definizione
di orari di lavoro volti a favorire gli im-
pegni familiari, al di là delle disposizio-
ni di base relative ai congedi di mater-
nità e di famiglia.
È di questi ultimi anni la tendenza
alla riduzione dei tassi d'occupazione e
all'aumento della disoccupazione per la
classe d'età 15-24 anni, in contrasto
con quanto succede presso le altri clas-
si d'età della popolazione economica-
mente attiva, soprattutto a danno del
sesso femminile. In più, le attuali retri-
buzioni non riflettono i livelli di compe-
tenza e d'istruzione dei lavoratori, con
maggiore svantaggio per le donne, il cui
livello di scolarizzazione è superiore a
quello maschile (tab. 1).
Il mercato del lavoro presenta una
visibile discriminazione legata al genere
con notevoli differenze salariali tra uo-
mini e donne, che hanno origine o nel
settore d'impiego (settori femminilizzati
e per questo sottoretribuiti) o nell'attri-
buzione alle donne di lavori dequalifi-
cati con bassi salari. In Ungheria nei
settori femminili tradizionali (agricoltu-
ra, costruzioni, tessile, industria della
carta, ristorazione, commercio, sanità e
servizi sociali) i salari sono meno eleva-
ti. I nuovi settori di punta, con le retri-
buzioni più alte, sono l'energia e le ban-
che. In quest'ultimo, il numero delle
donne occupate è considerevole, anche
se la loro retribuzione è inferiore se com-
parata con quella dei loro colleghi uo-
mini. Infine, più alto è il livello di sco-
larizzazione, più ampio è il gender pay
gap: nella categoria "professionisti e di-
rigenti" del comparto privato, il salario
femminile può anche essere inferiore del
30% rispetto a quello maschile. Lo scar-
to più ampio nella retribuzione si collo-
ca pure alla base (dove bassi sono i ti-
toli di studio), mentre si riduce nelle ca-
tegorie intermedie (tab. 2).
La "distruzione creativa" cara a Jo-
seph Schumpeter, avviata in Ungheria
ai tempi di Janos Kadar (anni ottanta),
si è bloccata nel corso degli anni due-
mila. L'afflusso d'investimenti stranieri,
di capitali e competenze tecniche da
parte delle imprese occidentali aveva
permesso, nel corso degli anni novanta,
di coprire il disavanzo e di aumentare
di molto la produttività del lavoro. Ne-
gli anni duemila, la debolezza dei con-
sumi interni, accreditabile ad un merca-
to del lavoro ancora incerto, con una
bassa percentuale di popolazione che
partecipa allo sforzo produttivo del
paese, ha generato una "recessione da
trasformazione" (termine coniato dall'e-
conomista ungherese Kornai): da un "ec-
cesso di domanda", dovuto alla penuria
dei beni presenti sul mercato socialista,
si è passati nel corso della transizione
ad una condizione nella quale l'insuffi-
cienza della domanda, determinata
dallo scarso potere d'acquisto dei citta-
dini, costituisce il principale ostacolo
alla crescita economica.
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l'occupazione femminile, prevalentemente poco qualificata,
è in continuo calo e la crescita economica non è agevolata


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