Numero 10 del 2006
Violenza: sconfiggere la paura
Testi pagina 37
noidonne ottobre 2006 37
Quello che colpisce in questa donna èl'attenzione per le persone che le so-
no intorno e per le piccole cose quoti-
diane. Attratta dalla maglia che indos-
so la tocca a lungo e mi racconta che
con le donne, a Bamako, hanno messo
su un atelier di confezioni. E' uno dei
suoi innumerevoli progetti con e per le
donne, per uscire dal bisogno ma anche
per riconoscere e riaffermare le capacità
antiche e tradizionali che tengono insie-
me l'identità culturale.
La cultura, appunto. Questa è una
delle sue principali preoccupazioni; "A
noi africani è solo chiesto di aprirci:
aprire le nostre frontiere, aprire il nostro
animo, il nostro spirito. Su di noi viene
esercitata una violenza che è politica,
culturale, simbolica. I simboli dicono
che non siamo nulla, non valiamo nulla
fino a che non diventiamo come voi". La
responsabilità è anche dei governi na-
zionali, dominati da uomini con una
"evidente sete di potere. Un potere che è
autoritario, maschile e basato su di un
modello eurocentrico".
Lei ha lavorato a lungo negli organi-
smi internazionali e al governo. Ma
ha deciso di uscirne. E' molto diffici-
le per una donna lavorare nelle isti-
tuzioni, contaminarle?
Inizialmente, ho creduto moltissimo
nella possibilità di poter cambiare le co-
se. Poi la mia esperienza mi ha fatto ca-
pire che l'ONU è un'organizzazione che
è regolata fondamentalmente dalla bu-
rocrazia, da un linguaggio ingessato, in
cui non è prevista la presa di parola che
affronti le questioni in maniera diretta e
questo finisce per far svanire i progetti e
portarli al fallimento attraverso questa
ombra di vaghezza e di irrealtà. Diffido
delle parole governo e governance per-
ché sono letteralmente delle 'parole
chiave' che aprono delle porte e senza le
quali le porte non si aprono quindi pos-
sono aiutare solo chi può utilizzarle.
D'altra parte in Africa i governi nazio-
nali non esistono più perché sono ostag-
gi delle organizzazioni internazionali e
parlano lo stesso linguaggio "onusizza-
to" e non hanno l'autonomia di porre le
questioni veramente urgenti per il paese.
Come è arrivata a capire tutto questo?
All'inizio quando ero molto giovane
pensavo che la classica cooperazione
avrebbe aiutato a cambiare le cose e an-
che io pensavo di poter dare una mano
in questo senso. Ma sin dalle prime vol-
te che mi sono trovata con quelli che
avrebbero dovuto essere i beneficiari dei
progetti mi sono sentita dire: "Per favore
ascoltateci. Ci sono delle cose che non
vanno in quello che state facendo".
Quali sono invece i principali punti
che la portano a credere che il Forum
Sociale Mondiale possa realmente
cambiare le cose?
Con il Forum si è creata una compli-
cità politica e culturale che sta dando i
suoi frutti anche perché comincia ad in-
fluenzare parecchi stati africani che si
rendono conto che la politica non si fa
solo arrivando alle elezioni. C'è una
partecipazione e una pressione popola-
re che è ineludibile.
Quale è il ruolo delle donne nel Fo-
rum Sociale Mondiale?
Io penso che non ci sia differenza tra
uomini e donne a questo livello. Il Fo-
rum è un'organizzazione democratica e
quello che succede nel livello pubblico
riflette la stessa organizzazione che c'è
anche nella base.
Quale è il suo giudizio sul Social Fo-
rum dello scorso anno a Bamako. E'
stata un'occasione anche per l'Afri-
ca, e per il suo paese, per mostrarsi
al mondo.
E' stato un evento mondiale al quale
hanno partecipato differenti persone
provenienti da tutto il mondo per riflet-
tere sulla situazione globale. Noi in Ma-
li abbiamo solo messo lo spazio. Certo
la profonda differenza con gli altri Fo-
rum è stata che molti più africani han-
no potuto partecipare e il Forum ora è
molto più conosciuto in Africa.
Cosa possiamo fare allora noi donne
del Nord?
Noi dobbiamo aiutarci da sole. Quel-
lo che potete fare è solo ascoltarci e ri-
spettarci, rispettare i nostri desideri. Noi
stessi dobbiamo identificare i nostri pro-
blemi. Siamo stanchi di persone che ar-
rivano nei nostri paesi e cercano di im-
porci le loro idee pensando che le solu-
zioni che hanno avuto risultati nel loro
paese siano esportabili. Invece credo
che se qualcuno vuole aiutare deve met-
tere le popolazioni locali nella condizio-
ne di avere opportunità di agire e pren-
dersi le proprie responsabilità. Questa è
la democrazia. Quando vedo investi-
menti milionari per infrastrutture, ad
esempio strade, che dovrebbero facilita-
re il commercio mi chiedo se questo in-
vestimento è per gli africani o per le
multinazionali che possono aprire delle
fabbriche enormi, comprare grandi
quantità di terreno. Per chi è il commer-
cio?
(Foto Gianni Tarquini)
Donne del Nord e del Sud, unitevi!
Intervista a Aminata Traorè
è stata funzionaria delle
Nazioni Unite, Ministra delle
Cultura in Mali e una delle
principali fondatrice del Forum
Sociale Mondiale. L'abbiamo
incontrata a Roma
Nadia Angelucci