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Numero 10 del 2006

Violenza: sconfiggere la paura


Foto: Violenza: sconfiggere la paura
PAGINA 36

Testi pagina 36

ottobre 2006 noidonne36
Intelligente e sveglia, Amal non è perniente un'emiratina come le altre. Ha
23 anni e come molte sue concittadine
non guida e esce di casa solo se scorta-
ta dall'autista, lavora in un college e i
suoi fratelli tengono lei e l'onore fami-
gliare sotto stretto controllo. Però, a dif-
ferenza della maggior parte delle sue
coetanee, niente riesce a fermarla quan-
do decide di fare qualcosa di diverso:
segue un MBA per sole ragazze, ha un
piercing sulla lingua e un tatuaggio che
la madre non ha mai visto, va a caval-
lo e gestisce un sito web per aspiranti
scrittori. Ha un fidanzato segreto, oltre
a un cellulare segreto. Una doppia vita
a tutti gli effetti. Ci incontriamo un
venerdì mattina in un angolo appartato
di un bistrò.
Stupiscimi Amal, che hai combinato
in questi ultimi mesi?
«Oh niente Faccio parte di una squa-
dra di hockey per sole ragazze.»
Una squadra di hockey femminile in
una città dove la temperatura non
scende mai sotto i 20 gradi, dove ci
sono più cammelli che persone, dove
le donne non possono nemmeno met-
tere il naso fuori casa? Come ci siete
riuscite?
«Di solito siete solo voi occidentali a
stupirvi di questa faccenda, forse crede-
te davvero che le donne da noi non
abbiano vita sociale. E' semplice: ad Al
Ain c'è uno stadio del ghiaccio e Fatima
Al Baloushi pattinava ormai da 10
anni, ma voleva diventare professioni-
sta. Waheed, il manager della squadra
di hockey maschile, ha creduto nella
sua idea di formare la prima squadra di
hockey femminile dell'Arabia. Ora nella
squadra ci sono 25 ragazze, anche se
non è stato facile trovare atlete disponi-
bili. Però Sua Altezza Sheikh Falah, il
presidente del club, ci appoggia comple-
tamente, sia moralmente che economi-
camente: ci paga 500 euro al mese solo
per allenarci.»
E voi, in cambio, che fate?
«Noi ci alleniamo duramente, quat-
tro volte a settimana, a porte chiuse:
genitori delle ragazze non vogliono che
nessuno ci veda. E poi Sheikh Falah ha
imposto come regola che non possiamo
essere fotografate. Questo fa stare tran-
quilli tutti quelli che temono per il
nostro onore: non vedrete mai sui gior-
nali le nostre immagini, nemmeno se
dovessimo partecipare ai Mondiali.»
Ma I tuoi genitori che ne dicono,
Amal?
«Mia madre mi ripete le solite cose
“Sei una donna, Dio vuole proteggerti e
la casa è il luogo dove sei sicura. Sei
fragile, non dovresti fare questo sport.
Non potreste almeno avere un allenato-
re donna?” Eppure lei non mi vieta di
fare hockey, anche se credo che i miei
fratelli si opporrebbero se lo venissero a
sapere e lei dovrebbe cedere.
Paradossalmente mia madre da gio-
vane era più libera di noi oggi, frequen-
tava i nightclub con papà e si vestiva in
modo meno conservatore. Oggi sono i
miei fratelli a preoccuparsi tanto di pro-
teggere il nostro onore e ci impongono
regole e restrizioni. A mio padre invece
importa solo che non ci facciamo male:
nell'Islam è haram, immorale, autoin-
fliggersi dolore.»
Interessante. E che reazioni incontri
nella gente della tua città?
«Al Ain è una cittadina conservatri-
ce. Le mie coetanee spesso mi chiedono
perchè mai io pratico uno sport così
rozzo e maschile. La maggior parte di
loro ambisce solo a sposarsi e fare figli,
quindi non hanno tempo per lo sport.
Poi c'è il fattore onore: al Al Ain è anco-
ra in vigore il codice dell'onore tribale
beduino. Se il tuo sangue è arabo puro,
devi stare attenta a come ti comporti e
a quello che la gente dice di te; si riflet-
terà sull'immagine della tua famiglia.
Le regole del gioco sociale dipendono
dalla purezza del sangue che ti scorre
nelle vene. Le mie compagne di squadra
sono palestinesi, pakistane…Le ragazze
della tribù al Balushi non vengono con-
siderate arabe, la loro famiglia viene
dal Balucistan, sono persiane. Io sono
l'unica emiratina pura.
Per me, la posta in gioco è alta e mia
madre me lo ricorda sempre: ‘Le tue
compagne non hanno il tuo stesso sta-
tus, non sono arabe pure e le loro fami-
glie le lasciano fare certe cose, ma noi
siamo diverse e non dovremmo compor-
tarci così’.»
Quindi l'Islam non c'entra con le
reazioni ostili e le resistenze che la
vostra squadra incontra...
«No, assolutamente. Quello che
conta è solo la reputazione, l'onore, le
tradizioni. L'Islam viene stravolto per
giustificare le usanze locali, ma questa è
un'altra storia.»
E la vostra sfida più grande, quale
sarà, Amal?
«Considerato che siamo le pionere
dell'hockey in Arabia, la nostra maggio-
re preoccupazione al momento è trovare
altre squadre femminili con cui misurar-
ci: non esistono!»
La doppia vita di Amal
Viaggi svelati
Marzia Beltrami
gioca nella prima squadra di hockey femminile dell'Arabia, ha
un fidanzato, un telefonino, il piercing e un tatuaggio.
Ma i fratelli non lo devono sapere: è una questione d'onore
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