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Numero 8 del 2010

Idee in viaggio


Foto: Idee in viaggio
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ziali. Non stupisce, quindi, che già intorno alla metà del 1993
il governo di Mitsotakis avesse perso la fiducia dei suoi cit-
tadini e che nell’ottobre di quello stesso anno il Pasok di
Andreas Papandreou avesse riconquistato il potere. Dopo
la scomparsa di Papandreou (1996), fu eletto come primo
ministro Costas Simitis. Nei primi anni di governo, Simi-
tis si era concentrato su una maggiore integrazione della Gre-
cia in Europa, introducendo una nuova riforma tributaria
e nuove misure di austerità. Nonostante questo avesse pro-
vocato manifestazioni di protesta nel paese, le elezioni del-
l’aprile 2000 lo riconfermarono al potere per altri quattro
anni. All’inizio del 2001 la Grecia aveva raggiunto l’obiet-
tivo di entrare nei paesi dell’euro e nel marzo 2002 adot-
tava la moneta unica.
Alle elezioni dell’aprile 2004, la popolazione greca pre-
miava la destra, riportando il vecchio leader di ND Kon-
stantinos Karamanlis alla carica di primo ministro. Sul fron-
te politico, i primi anni del 2000 si caratterizzarono per una
distensione nei rapporti della Grecia con i suoi vicini, in par-
ticolare con la Turchia. Karamanlis si era adoperato per stem-
perare le tensioni diplomatiche sorte con il suo vicino orien-
tale. La c.d. “politica del rischio calcolato”, che spesso in pas-
sato aveva portato gli eserciti dei due paesi a scontrarsi, sem-
brava essere stata abbandonata. Dal punto di vista econo-
mico, nel 2005 la Grecia si presentava come uno stato eu-
ropeo con un’economia sviluppata, seppure ancora in evo-
luzione. Lo standard di vita era in netto miglioramento, an-
che se si doveva, tuttavia, controbilanciare un’inflazione in
costante aumento, a cui si cercò di porre rimedio con la stret-
ta creditizia. Questa politica portò sempre più greci di red-
dito medio e basso ad indebitarsi: note sono le espropria-
zioni di automobili e persino di case per inadempienza nei
pagamenti. Un drastico cambiamento rispetto agli anni no-
vanta, quando i greci evitavano di contrarre debiti.
Per quanto riguarda, invece, la condizione della
donna, nonostante fossero state varate leggi specifiche fin
dal 1980, intese a creare le condizioni necessarie per le
pari opportunità, le statistiche disponibili mostravano una
situazione insoddisfacente. Ad esempio, i dati relativi al
tasso di partecipazione femminile alla vita lavorativa, resi
noti dall’ufficio di statistica dell’Unione Europea (Eurostat)
e aggiornati al 2002, evidenziavano che la quota di don-
ne impiegate nel lavoro era del 42,7%. La Grecia si clas-
sificava al penultimo posto, prima dell’Italia e dopo la Spa-
gna. Un livello tra i più bassi in Europa. Questo dato, del
resto, caratterizzava tutti i paesi dell’Europa mediterra-
nea e, dunque, anche la penisola ellenica, dove la tradi-
zione era molto radicata, riservando alla donna un ruo-
lo fondamentale all’interno della famiglia come moglie
e madre. Dal 1981 la Grecia aveva attivamente promos-
so quello che era stato definito un processo di “formali-
smo legale” per promuovere l’uguaglianza di genere. Que-
sto aveva significato, ad esempio, che le donne erano sta-
te le principali beneficiarie della crescita dell’impiego pub-
blico. Contemporaneamente quest’ultime entravano
sempre più nel sistema educativo, con il risultato che nel-
le coorti d’età più giovani esse rappresentavano la mag-
gioranza dei laureati. La forte ondata migratoria degli anni
Novanta nella penisola ellenica aveva immesso lavoratrici
immigrate principalmente nel lavoro domestico e di cura,
consentendo a molte donne greche di abbandonare il la-
voro di casa non retribuito e di entrare nel mercato del
lavoro. Questi sviluppi erano stati rapidi. Ciononostan-
te, permaneva in Grecia il problema della forte concen-
trazione della disoccupazione tra le giovani donne e una
persistenza del gap salariale. Inoltre, il sistema di prote-
zione sociale era ancora fortemente congegnato allo sco-
po di agevolare le pensioni, in particolare quelle delle don-
ne, che “beneficiavano” di un’età pensionabile molto bas-
sa. Le politiche attive del lavoro a favore delle donne era-
no state finanziate in gran parte attraverso i fondi strut-
turali europei. Tali politiche, insieme con i servizi socia-
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