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Numero 11 del 2006

Finanziaria che verrà: facciamo i conti


Foto: Finanziaria che verrà: facciamo i conti
PAGINA 7

Testi pagina 7

noidonne novembre 2006 7
fatte secondo la logica delle
donne, che chiedono soltanto
di non subire alcuna violen-
za.
E' indubbio che si deve
intervenire con singole e diffe-
renziate misure di legge; ma è
anche importante che il
costume introietti che ogni
volta che si contravviene la
dignità femminile si dà vio-
lenza.
Fa un po' pena che in que-
sti mesi si gridi all'emergenza,
quando sono particolarmente
numerose non le violenze (che
sono sempre più o meno pre-
senti oltre le denunce), ma le
notizie delle violenze di cui
sono responsabili soprattutto
gli stranieri. In realtà la violenza è una
costante che non si riesce ancora a
schiodare dal sistema sociale. Anche
senza aggressione sessuale diretta, può
essere il complimento (o la mano)
pesante, la preclusione da carriere e cat-
tedre, la forzatura di mariti e compagni
quando la donna non è disposta all'ab-
braccio, la mancanza di parità nelle
tavole rotonde e nei convegni, ma è
sempre violenza contro la dignità fem-
minile.
Se le donne giovani - benedetta
anche questa "emergenza" che le riporta
in piazza - vorranno e sapranno, senza
parcellizzare la loro causa e senza vitti-
mizzarsi, imporre alla società questo
cambiamento di mentalità, ci sarà da
sperare per il futuro della nostra digni-
tà. Nostra, per dire anche dell'uomo.
breve ricognizione storica del diritto al
femminile, dall'antica Roma ai nostri giorni
Idee
Tra politica e rappresentanza
In democrazia la politica significa partecipazione. Una democrazia politica non può definirsi tale se non è so-
stanziata dalla partecipazione.
E che le donne partecipino, con grande passione civica ai consigli comunali, ai partiti, ai consigli di quartiere, al
mondo dell'associazionismo e del volontariato credo sia fuori discussione.
Il problema è che l'Italia è una democrazia in cui la donna cittadina non si sente affatto partecipe perché scar-
samente rappresentata (del resto il modo usuale di fare politica è più imparentato con la contrattazione e con la
spartizione del potere che non con la partecipazione a decisioni di comune interesse). Se si partisse dal territorio,
cioè dai consigli comunali e dalle giunte, sarebbe più facile formare una classe dirigente di donne.
Parallelamente nel mondo del lavoro resta da capire come le donne, colte, determinate e sanamente ambiziose
quanto gli uomini, continuino a rimanere svantaggiate nell'occupazione. E l'Italia, secondo il rapporto del marzo
2006 presentato al vertice di Barcellona, è la maglia nera d'Europa per l'occupazione femminile: dal 1995 al 2005
l'Italia è stata scavalcata da Grecia e Lussemburgo ed è ora il paese con lo scarto più ampio nel tasso di attività -
oltre il 27% fra uomini e donne- con retribuzioni più basse del 37% e possibilità di carriera praticamente dimez-
zate.
La spiegazione peraltro accreditata dalla sociologia può essere una sola: è il cosiddetto soffitto di cristallo, quel-
l'ostacolo invisibile ma esistente che non permette alla maggior parte delle lavoratrici di sfondare, ossia di supera-
re un determinato livello e di entrare in maniera cospicua nella rosa di coloro che detengono il potere e diventare
dirigenti e candidate politiche. E' stato detto che le riserve ledono la dignità di una donna, ma è poi possibile a una
donna farcela senza meccanismi di sostegno? Sto parlando delle famose quote che potrebbero garantire nel mino-
re, se non nel migliore tempo possibile un accesso più paritario. Dall'altra è vero che perché le donne aumentino
nelle istituzioni, nel Parlamento, nei luoghi decisionali debbono aumentare anche la visibilità, una discutibilità pub-
blica tra maschile e femminile?
E qui c'è un problema culturale che riguarda i modelli simbolici offerti alle donne per la costruzione della propria
identità. Le donne rischiano di trovarsi intrappolate tra la prospettiva di mimare il maschile per l'accesso al potere
(l'autorevolezza femminile non è rappresentata: nella politica scarseggiano figure di donne di spessore) e quella che
caratterizza le minoranze che corrono il pericolo di restare prigioniere dell'identità di gruppo, femminile in questo
caso. Con un problema in più: quello del rapporto tra identità sul lavoro e identità domestica: un doppio carico di
identità con molte conseguenze. Mi chiedo e vi chiedo: se non partiamo con una politica delle donne, senza un'a-
deguata rappresentanza familiare, riusciremo mai a fare una politica per le donne, declinata al femminile con la tu-
tela dei bisogni e delle esigenze delle donne, e delle donne madri che lavorano?
Catia Iori
Daphne Maugham, Elvira e Pina (1945)
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