Numero 11 del 2006
Finanziaria che verrà: facciamo i conti
Testi pagina 6
novembre 2006 noidonne6
Negli anni tra '80 e '90 del secoloscorso era di moda parlare di "dirit-
to sessuato" e perfino la rivista del
Centro riforma dello stato dedicò a que-
sto tema un numero speciale, nutrito di
saggi femminil-femministi di qualche
valore, almeno rispetto ai fini di chi si
proponeva di riformare la Stato.
Erano anche gli anni del lungo varo
di una legge sulla violenza sessuale,
protrattasi per vent'anni e sei legislatu-
re, anche se rispondeva alle richiesta
dell'elettorato femminile di tutte le parti
politiche e non costava una lira allo
stato, dovendo solo spostare la norma
dai "reati contro la morale" a quelli
"contro la persona". Occorre comunque
ricordare che una legge di penalizzazio-
ne dello stupro è significativa anche per
il diritto, ma non lo innova. In fondo, la
vecchia concezione che lo metteva nel
novero dei delitti contro la morale ne
sanciva a suo modo l'infamia, anche se
la morale, esaltata a parole, giuridica-
mente non vale
molto: anche la
bestemmia non era
una cosa decente,
ma non si poteva
pensare che fosse
oggetto di grave
sanzione penale.
Non dimentichia-
mo, in ogni caso,
che nel Medioevo
"sforzare una don-
zella" era azione
turpe e penalmente
rilevante (ovvia-
mente se riguarda-
va la nobiltà) e
anche per il diritto
romano non si trat-
tava di reato di
poco conto. Ma la
morale e la legge
facevano riferi-
mento ad un bene
non riferibile alla
donna e tanto
meno alla sua
dignità, ma ai pro-
prietari di quel
bene: padri, fratel-
li, mariti, figli.
Il diritto roma-
no, che è fonda-
mento del diritto di gran parte dei paesi
occidentali, è molto chiaro: le donne
non hanno titolarità di diritti e, anche
quando arrivano ad ottenerne l'esecu-
zione, non sono quasi mai libere di esi-
gerli in prima persona.
Il matrimonium non aveva a che
vedere con il patrimonium. Quando un
padre consegnava la figlia ad un uomo
che la portava via dalla casa paterna
(uxorem ducere) legalmente, riteneva
esaurito il suo compito di padre-custode
con il contratto del regime dotale. La
donna cambiava proprietà e difficil-
mente aveva diritto a scegliere il com-
pagno di vita o a divorziare di propria
iniziativa.
Tuttavia, qualche "libertà" le era con-
sentita: se il marito non piaceva, tradi-
va, picchiava e sperperava la dote,
poteva ottenere giustizia, perché chi
aveva pagato la dote e non voleva esse-
re defraudato era sempre il padre, dis-
posto ad asciugare le lacrime delle figlie
non disinteressatamente.
I Romani antichi non tiravano in
ballo la morale, come si farà nei succes-
sivi secoli cattolici, anche oltre la rivo-
luzione francese e fino alle lotte per la
parità e il voto.
I Romani onestamente tenevano il
patrimonium come norma: lo si vede
bene nel caso dell'adulterio, reato a
carico della donna perché da un tradi-
mento femminile poteva nascere un
figlio che avrebbe attentato al patrimo-
nio destinato alla prole legittima.
Nel secolo XIX la giustizia trattava
la moralità famigliare in termini ben più
ambigui: l'adulterio era punito per l'uo-
mo soltanto quando costituiva "oltrag-
gio grave" per la famiglia (nel senso che
il fedifrago imponeva la convivenza con
l'altra), mentre per la donna era sempre
penalizzato, perché nella famiglia la
donna doveva essere rispettabile.
La collusione fra legge e costume ha
fatto sì che l'adulterio, cioè una relazio-
ne fra consenzienti, sia stato depenaliz-
zato giuridicamente soltanto nel 1968.
In questo caso il costume mutato ha
reso possibile la legge e la norma ha
contribuito a modificare il costume.
Non è successo - e non succede - lo
stesso nel caso della violenza sessuale,
del maltrattamento famigliare, delle
molestie, dell'uso dell'immagine.
Il diritto di famiglia del 1975 ha
scalzato giuridicamente la patria pote-
stas, ma non l'ha cancellata dal lin-
guaggio comune e non è diventato abi-
tuale parlare di "potestà genitoriale". Le
richieste di più equilibrata rappresen-
tanza parlamentare fa a pugni con le
copertine dei rotocalchi e i varietà tele-
visivi che mercificano la dignità dell'im-
magine femminile. I maltrattamenti
arrivano alla giustizia solo quando
diventano persecuzioni e lesioni intolle-
rabili, purtroppo anche a carico dei
minori.
La violenza sessuale è stata oggetto
di discussione parlamentare, si è detto,
per un ventennio in tempi in cui i movi-
menti e i gruppi femministi stavano
nelle piazze e facevano notizia. Sembra
che il costume non abbia recepito che
alle donne interessa fino a un certo
punto che lo stupratore abbia un anno
o due di pena in più. Interessa nell'otti-
ca "neutra" di queste leggi, che non sono
Il diritto romano e le donne
Violenze storiche
Giancarla Codrignani
Daphne Maugham, Interno con fiori (1948)