Numero 11 del 2006
Finanziaria che verrà: facciamo i conti
Testi pagina 30
novembre 2006 noidonne30
"La mia vita può essere difficile, più
spesso umiliante. A 47 anni non sono,
dopotutto, così giovane da accettare
di imbattermi costantemente nei rifiu-
ti e di farmi sbattere in faccia la mia
condizione di paria. Però posso convi-
verci. Non voglio dilungarmi sulle altre
gioie della strada che ho scelto: l'avve-
lenamento, gli arresti, le lettere mina-
torie, le minacce di morte al telefono,
il fatto che mi convochino ogni setti-
mana nell'ufficio del procuratore gene-
rale per firmare dichiarazioni su tutti
gli articoli che scrivo. Ovviamente non
mi piacciono gli articoli derisori che
appaiono su altri giornali e su siti
internet che mi hanno a lungo presen-
tata come la "pazza" di Mosca. Trovo
disgustoso vivere così; mi piacerebbe
ricevere un po' più di comprensione. La
cosa più importante, però, è continua-
re il mio lavoro, descrivere la vita che
vedo, ricevere tutti i giorni in redazio-
ne persone che non hanno un altro
luogo in cui portare i loro guai perché
il Cremlino trova le loro storie inop-
portune, e così il solo luogo che può
dar loro voce è il nostro giornale, la
Novaja Gazeta"
(A. Politkovskaja).
Ho conosciuto Anna Politkovskaja inun Congresso di giornalisti negli
anni ottanta, a Mosca. A quei tempi
Anna era una giovane cronista non
ancora nota in Occidente, ma già accre-
ditata nel suo paese come una delle pro-
messe del giornalismo russo. Erano gli
anni febbrili della perestrojka. Proprio
in quel periodo cominciava ad emergere
una stampa indipendente: prima la
'Obshaja Gazeta' e poi la 'Novaja
Gazeta', giornali di Mosca dei quali la
Politkovskaja è stata corrispondente. Ho
della sua immagine un ricordo vago (se
non che i suoi capelli non erano ancora
canuti), ma ho impresso nella mente la
grinta e la carica vitale che caratteriz-
zavano quell'esile figura. Allora scrive-
va articoli appassionati sulla glasnost',
e già denunciava l'avvento di una clas-
se di russi (i "nuovi ricchi"), che attra-
verso la graduale spoliazione dei beni
statali stava procedendo verso quell'ac-
cumulazione del capitale che le avrebbe
poi permesso nel corso della transizione
di emergere come ceto oligarchico.
Ricordo un particolare: in quel
Congresso, la Politkovskaja aveva aper-
tamente accusato di corruzione gli
uomini d'affari in Russia, che spuntava-
no come funghi, e che non avrebbero
potuto in seguito raggiungere tanta ric-
chezza senza sostenere la malavita, poi-
ché come aveva affermato in quell'occa-
sione "la troppa ricchezza non è mai
innocente!". Come un digger (nel gergo
moscovita sono i ragazzi che si calano
nelle fogne della città per raccontare di
mostri e vampiri che vi abitano) aveva
cominciato a scendere nel sottosuolo
del Cremlino, per riemergere con storie
di ricatti e di censura, di gestione
meschina del potere, di speranze tradite
e di segreti inconfessabili. Messo fine al
"carnevale eltsiniano", di cui la
Politkovskaja salvava solo il baluginio
di libertà, iniziava il nuovo corso puti-
niano, e con esso le crociate giornalisti-
che di Anna contro le nefandezze di un
sistema, nel quale l'informazione "politi-
cally not corrected" era sistematicamen-
te espulsa dalla tribuna mediatica
russa. Senza indugio Anna rompeva un
silenzio forzato, raccontando delle
oscure viscere della vita nella nuova
"Russia di Putin". Non facendo sconti a
nessuno, accusava i capi russi di aver
svenduto il popolo russo per petrolio e
gas, e l'Occidente acquiescente che non
prendeva posizione riguardo alla corru-
zione endemica, gli sforzi irrisori per la
democrazia, la brutalità omicida dei
militari e il disinteresse verso la soffe-
renza dei bosjaki (i deboli) presenti nel
paese. Ma la sua grande ed ultima bat-
taglia Anna l'aveva condotta indagan-
do sui misfatti russi in Cecenia. Più
volte aveva reso noto il regime di terro-
re con cui i miliziani tenevano in pugno
la popolazione civile, così come quello
praticato dall'esercito russo con le con-
tinue torture. Reportage di guerra docu-
mentati che le erano valsi un premio
giornalistico all'estero ma due arresti in
patria. Sapeva che i principali crimini
erano da imputare all'esercito russo. I
metodi di Putin in Cecenia avevano
generato un'ondata di terrorismo "senza
precedenti nella nostra storia" - come
affermava la giornalista. E la guerra al
terrore di Bush e Blair aveva aiutato il
presidente: "Molti russi - diceva la
Politkovskaja - hanno provato un piace-
re perverso nel vedere le foto degli abusi
americani nel carcere di Abu Ghraib.
L'ho sentito ripetere più volte. In Russia
la gente ne parla con orgoglio. (…)
Putin è riuscito, inoltre, a convincere la
comunità internazionale che anche lui
sta combattendo il terrorismo globale. E
c'è riuscito". Ma lei non voleva rasse-
gnarsi al "requiem" per un intero popolo
che i potenti della terra stavano ese-
guendo in un singolare balletto di inte-
ressi tanto diversi quanto convergenti.
Non c'era nessuno "scomodo" quanto
Anna Politkovskaja. E lei lo sapeva. In
un suo articolo "Una condannata"
(Guardian - 15.10.2006) dichiarava:
"Sono un paria. Questo è il risultato
principale del mio lavoro giornalistico
negli anni della seconda guerra cecena
e dell'aver pubblicato all'estero alcuni
libri sulla vita in Russia e sulla guerra
cecena. A Mosca non m'invitano alle
conferenze-stampa né alle riunioni alle
quali siano presenti personalità del
Cremino…". E ancora: "Sono un nemico.
Anzi, un nemico incorreggibile che non
si presta ad essere rieducato. Non sto
scherzando. Tempo fa Vladislav Surkov,
vice presidente dell'amministrazione
presidenziale, ha spiegato che esistono
dei nemici che possono essere ricondotti
alla ragione e nemici incorreggibili con i
quali ragionare è impossibile e che
devono essere semplicemente "epurati"
dall'arena politica. E così stanno cer-
cando di togliere di mezzo me e altri
come me. (…) Disprezzo la linea del
Cremino, elaborata da Surkov, che divi-
Cronaca di un’esecuzione annunciata
Anna Politkovskaja
Cristina Carpinelli
la giornalista russa assassinata
per le sue inchieste molto
scomode per il Cremlino
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