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Numero 3 del 2016

L'8 marzo allo specchio, interviste a Maraini, Nicolini, Urbinati


Foto: L'8 marzo allo specchio, interviste a Maraini, Nicolini, Urbinati
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sone che hanno toccato con mano l'ignoto. II mistero. Cher-
nobyl‘ è un mistero che dobbiamo ancora risolvere. Questa
è la ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti".

La scrittrice ha più volte ricordato che a ispirarla nel suo
particolare “stile” letterario - definito “romanzo colletti-
vo” o “romanzo testimonianza" - è stato lo scrittore bielo-
russo Ales' Adamovich con iI suo libro La guerra sotto I' tetti
(1960). Altra ispiratrice di Svetlana, in quanto a genere lettera-
rio, è stata Sof‘ja Fedorchenko, un'infermiera
di Kiev che nel 1917, di ritorno dal fronte gali-
ziano, pubblicò l/popo/o in guerra. Un roman-
zo, la cui forma letteraria e definita dalla stes-
sa Aleksevich “delle voci umane", in quanto
veicolo in forma scritta della c.d. vox populi.
È, infatti, un testo che raccoglie racconti e ri-
flessioni di soldati russi sulla guerra e la pace.
In singolare filiazione con la Fedorchenko,
Svetlana Aleksevich scrive il romanzo U vojny
ne zhenskoe /I'tso (La guerra non ha un volto di
donna), dove la Grande Guerra Patriottica è,
però, raccontata dalle donne: perlopiù volon-
tarie (infermiere, radiotelegrafiste, cuciniere e
lavandaie, ma anche soldatesse di fanteria,
addette alla contraerea e carriste, sminatrici,
aviatrici, tiratrici scelte) accorse al fronte per
difendere la patria e gli ideali della IorO giovinezza contro uno
spietato aggressore. La guerra “al femminile — dice la scrittri—
ce - ha i propri colori, Odori, una sua interpretazione dei tatti
ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Attraverso
centinaia di conversazioni e interviste, Svetlana ha raccolto le
parole di queste testimoni, facendo rivivere fatti e sentimenti
serbati troppo a lungo in silenzio. Ha così svelato iI segreto di
Jna guerra che le aveva per sempre segnate; non solo per le
atrocità direttamente vissute sul campo, ma anche per le umi-
iazioni subite al termine del conflitto. Sbarazzandosi di formu-
e retoriche e di propaganda, questo libro è, infatti, una dis-
sacrazione dell'eroica figura delle combattenti sovietiche, le



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SVETLANA
SVETLANA
ALETKEÃŽplÃŽVIC ALEKSIEVIC

L ERRA
D'SECONDA MAN° NONHAUNVOUO

DI DONNA

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‘ ILsuo
E UN RACCONTO
EPICO E AL TEMPO
STESSO INTIMO
DELLA DISILLUSIONE
DI UN POPOLO CHE

DOPO

IL CROLLO
DELL’URSS
SI È DOVUTO
CONFRONTARE CON
LA RICOSTRUZIONE
DELLA PROPRIA
IDENTITA





NOIDONNE
Marzo 2016



Mondi

quali terminata la guerra dovettero dolorosamente scontrarsi
con le aspettative della società patriarcale. Dopo aver sfrut-
tato i| sacrificio di queste eroine, si pretendeva che queste
tornassero a svolgere i soliti ruoli tradizionalmente “femmini-
Ii“. “Non Ci sapevamo vestire, truccare, né muovere, la nostra
giovinezza era trascorsa al fronte, e le altre ci davano delle
prostitute, perché avevamo combattuto fianco a fianco con
gli uomini".

Valentina Parisi, in “Aleksievic. La fatica di uccidere con le
mani di ragazza", chiarisce molto bene i| contesto: “(...)al|’in—
domani della Vittoria, [...] dopo essersi abituate a marciare
con scarponi più grandi di qualche numero del loro piede, le
ex combattenti dovettero tornare alle scarpette COI tacco [...].
Sensi di colpa, iI rimpianto di aver perso la propria spen-
sieratezza giovanile in battaglia, terrificanti incubi perse-
guiteranno per anni le reduci, insieme all’incomprensione
della società patriarcale Che rimproverava IorO la promiscui—
tà sperimentata con gli uomini in trincea. Angosciante è, tra le
altre, la testimonianza di una ragazza tornata al suo villaggio
da Berlino, carica di ordini e medaglie e scacciata dalla ma-
dre timorosa di non riuscire a trovare marito alle figlie mino-
ri, se l’avesse riaccolta in casa. [...] Dal rispetto discende la
cura estrema profusa dall'autrice nel rendere le voci di queste
donne spesso mai rientrate davvero dal fronte, sole O costret-
te a vivere tra di loro in appartamenti in coabitazione, comun-
que amareggiate dalla sensazione di essere state defraudate
della vittoria. Un coro su cui, forse, spicca a mo’ di epitaffio, la
scritta, [...], lasciata da una di IorO sulle pareti del Reichstag:
“IO, Sof’ja Kuncevic, sono venuta qui per uccidere la guerra”.
“La nostra - afferma la Aleksevich - e una cultura del raccon-
to“. E i suoi racconti corali (in lingua russa) attraversano varie
generazioni sovietiche e post-sovietiche. In essi, l'autrice re-
stituisce fedelmente la testimonianza dei protagonisti, dando
loro voce direttamente tramite centinaia d’interviste e di con-

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