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Numero 9 del 2015

Diritto di famiglia 40 anni dopo


Foto: Diritto di famiglia 40 anni dopo
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Testi pagina 9

7Settembre 2015
causato alle risorse naturali da cui dipendevano. Questo so-
spetto di suicidio ecologico non voluto, o ecocidio, ha trovato
conferma in alcune scoperte effettuate negli ultimi decenni…
Il rischio di tali tracolli improvvisi di interi gruppi sociali è oggi
ragione di preoccupazione crescente: disastri di questo tipo
si sono già verifi cati in Somalia, in Ruanda e in altri paesi del
Terzo Mondo”.
A Lindau, sul lago di Costanza, si è riunito come ogni
anno un nutrito numero di Premi Nobel che hanno conclu-
so il loro incontro lanciando il seguente appello (ne avevano
lanciato un altro 60 anni fa per invitare l’umanità a sospendere
la produzione di armi nucleari): “La nostra sempre crescente
domanda di cibo, acqua ed energia presto supererà la ca-
pacità della Terra di poter soddisfare le capacità umane, e
porterà ad una completa catastrofe per l’umanità”.
E ora si alza la voce di papa Bergoglio che, con l’enciclica
“Laudato sì”, chiama l’uomo alla responsabilità di difendere
insieme la Terra e i poveri, che sono le prime vittime di una
politica di rapina dei beni della natura, della deforestazione, del
riscaldamento globale, dell’estinzione selvaggia delle piante e
degli animali. Con un linguaggio semplice e diretto Papa Ber-
goglio lancia severe critiche alla fi nanza, al mercato divinizza-
to, all’uso perverso della tecnologia ma non tralascia di parlare
anche all’uomo comune cui si rivolge con particolari minuti dal
tono pedagogico: “L’educazione alla responsabilità ambientale
può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza
indiretta ed importante nella cura per l’ambiente, come evita-
re l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di
acqua, differenziare i rifi uti, cucinare solo quanto ragionevol-
mente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi,
utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo vei-
colo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili e
così via”. Benché i motivi di allarme fossero noti da tempo non
v’è dubbio che l’origine argentina di Bergoglio lo abbia reso
particolarmente sensibile, rispetto ai suoi predecessori, alla
tragedia che incombe sulla “casa comune”. Nei secoli scorsi,
quando il progresso scientifi co e tecnologico dell’umanità era
compatibile con la prosecuzione della vita sulla Terra, la lettura
della Bibbia ha contribuito ad avvallare nell’uomo un sentimen-
to di “ubris”, di superiorità e di prepotenza rispetto a tutti gli
esseri viventi. Benvenuta dunque questa tardiva resipiscenza
da parte della massima autorità del mondo cattolico nel rileg-
gere in modo responsabile il rapporto uomo-natura. L’eco di
tante voci, anche molto autorevoli, è rimasto fi nora inascoltato,
ma la voce del papa che si allarga in tutto il mondo forse potrà
raggiungere chi è ignorante od indifferente, forse potrà spinge-
re i grandi della Terra ad intervenire. Perché oggi non basta
difendere la vita nel ventre materno, oggi occorre difendere
le condizioni che rendono possibile la vita sul Pianeta.
IDEE
di Catia Iori
La mia dottoressa, professionista inossidabile vocata al suo lavoro, sa che vincere una battaglia non signifi ca vincere la guerra e che ora occorre pensare a evitare le ricadute.
Si perché lei che si fa in quattro ogni giorno per sottoporti a ogni
esame di controllo preventivo, ci è cascata. E si è trovata sul
capo una infausta diagnosi di tumore al seno. Mi chiedo come
siano questi mesi di attesa e di incertezza a dialogare con un
corpo tarlato. Lei che da sempre si preoccupa di te e della tua
ingenua beatitudine ignara... Fermarsi di colpo e precipitare su
di sé, nel vortice buio di quella chiazza nera, dopo una vita spe-
sa a rincorrere le altrui diagnosi, sostenendo le depressioni e
consultando tutte le alternative possibili. Tutto fi nito in quel vuoto
personale, inghiottito e defl agrato in un Big Bang. È questo l’a-
spetto positivo, a volerne trovare uno, delle malattie moleste: ti
costringono a fermarti nella tua vulnerabile fi sicità, ridisegnando
scenari nuovi, obbligandoti a “sentire” la tua stessa vita, veden-
dola scorrere o incepparsi addosso a te. Eppure non è mai stata
così bella e consapevole della sua bellezza, la mia amica, pro-
prio perché ora nulla da per scontato o negato. Si veste meglio,
si abbiglia con i colori del sole, quelli che le assomigliano di
più perché quando un ingranaggio si rompe, non si vuole farlo
sapere perché ti fa sentire fragile, esposta, diversa. Spero che
non ne esca svuotata ma più forte e consapevole, certa di quella
caparbietà tutta femminile che applica a noi pazienti obbligan-
doci a stare sempre sul pezzo della costante verifi ca di sintomi e
terapie. Poiché sono certa che ne uscirà meglio di prima, sento
in cuor mio che questa può essere stata una occasione forte
per scendere dalla ruota impazzita del criceto, quella che ti co-
stringe a turni massacranti e che ti impone corse frenetiche al
supermercato, incontri sincopati coi professori della fi glia, visite
continue ai genitori dotati di badante ma pur sempre bisognosi
di attenzioni. Finalmente la sopravvivenza ti obbliga a fi darti del
tuo corpo, dei tuoi ritmi. Le occorre armonia, una resa totale al
buon cibo, al sonno prolungato, a qualche viaggio di piacere. La
sua esperienza interpella anche me e mi costringe a chiedermi
“sei sicura di stare bene? stai vivendo per te o per gli altri? riesci
a valorizzare i tuoi giorni amandone il loro valore?”
Guardiamo in faccia la nostra vita è aiutiamola a ripartire, se è il
caso, perché non sia un camice bianco a obbligarci a cambiare
binari e mete.
FERMIAMOCI
A RIFLETTERE
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