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Numero 6 del 2015

Cibo ribelle - Speciale donne arabe


Foto: Cibo ribelle - Speciale donne arabe
PAGINA 35

Testi pagina 35

33Giugno 2015
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GUARDARE AL MAGHREB
CON GLI OCCHI DI GRAMSCI
di Angelo d’Orsi
provare a Leggere Le “rivoLuzioni deL maghreb” con gLi occhi di gramsci?
una sfida stimoLante, anche se aL Limite deLL’irriverenza, forse
Certamente, potrei dire che tutto quello che è accaduto, e ancora accade, in quella larga fetta di terra africana che si affaccia sul Mediterraneo, è degno della mas-sima attenzione, se si assume il punto di vista di chi
cerca di comprendere le possibilità, le modalità e i limiti dei fe-
nomeni rivoluzionari. Così è stato per Antonio Gramsci, che alla
causa della rivoluzione ha dedicato la sua breve e intensissima
esistenza, da giornalista militante, da dirigente di partito, da teori-
co. La sua capacità di adattare il concetto alle situazioni storiche,
ha costituito uno dei punti di forza del suo pensiero; ma un altro
elemento peculiare è l’idea che la rivoluzione non trovi mai un
punto conclusivo, una fine, che in qualche modo essa debba e
non possa che proseguire, nelle società e negli individui. Inoltre,
non tutte le rivoluzioni sono uguali, ci spiegherebbe Antonio: la
rivoluzione in Occidente, dopo la catastrofe del movimento socia-
lista internazionale, non può essere la stessa che in Oriente, ossia
fondata sull’assalto frontale; ma piuttosto sulla costruzione di una
controegemonia da parte delle classi subalterne.
Sta qui forse il cuore della riflessione: ma il Maghreb oggi è Occi-
dente o Oriente? L’uno e l’altro, per la compresenza di arretratez-
za e sviluppo, di influssi culturali europei (e statunitensi) ma per
la persistenza di valori, culture, immaginari risalenti all’Islam e an-
che alle contaminazioni con l’Africa “nera”. Il Mghreb oggi è però,
essenzialmente, un Sud del mondo; una coordinata geografico-
sociale che Gramsci non teorizza esplicitamente, ma che dob-
biamo tirare in ballo, tenendo conto di come egli sia stato in grado
di allargare la gabbia del marxismo classico e anche eterodosso,
introducendo i “subalterni”, un concetto, evidentemente, ben più
largo e comprensivo della classe operaia o dei proletari. E proprio
tenendo conto di questa ambivalenza del Maghreb, tra culture e
società diverse, tra mondi opposti, tra fedeltà al passato e spin-
ta verso l’avvenire, possiamo gramscianamente sottolineare non
solo la novità di una rivolta corale, sebbene variamente articolata,
dei subalterni, ma individuare in essa la centralità della compo-
nente femminile, dall’Egitto alla Tunisia, dall’Algeria al Marocco…
La classe subalterna, in seno ai subalterni, potremmo definirla: e
quanta attenzione Gramsci dedicasse alle donne, lo sanno bene i
suoi biografi e studiosi, di come insistesse con i “compagni” ope-
rai a non considerare le loro mogli e sorelle persone dimidiate,
Angelo d’Orsi
storico, insegna all’ università di torino. intellettuale,
editorialista e saggista è fondatore di historia magistra. nel
panorama internazionale è tra i massimi esperti di antonio
gramsci. ha un blog su micromega.
rispetto alle quali era consentito derogare alla legge dell’ugua-
glianza socialista e comunista.
Ma Gramsci esamina pure la “rivoluzione passiva”, ossia quella
dall’alto, quella senza le masse, quella che di fatto conserva, pur
cambiando i regimi politici. Nel Maghreb abbiamo assistito an-
che a questo tipo di “rivoluzione”, a partire, magari, da genuine
sommosse popolari, nelle quali l’altra metà del cielo ha svolto un
ruolo rilevante, come del resto era capitato in quelle rivolte negli
anni della Grande guerra o del Primo dopoguerra in Italia, e spe-
cie nella Torino di Gramsci: nel 1917, e poi nel 1919-20. E anche
allora alla rivolta seguì, per carenze di direzione politica, non la
rivoluzione vera, ma una forma di rivoluzione passiva, il fascismo.
Il rischio è oggi presente in Nordafrica, come si può vedere, in
specie in Egitto, ma non soltanto. Si può concludere eviden-
ziando una situazione di “crisi” nella quale nessuna delle forze
in campo è in grado di scalzare l’altra, e da essa si esce, ge-
neralmente, o con un colpo di mano reazionario, oppure con la
vittoria delle istanze del sovvertimento sociale. Questa la teoria
gramsciana, che però nel presente, essendo cambiate, almeno
in parte, le coordinate politiche e culturali di riferimento, può es-
sere rivista, riadattata e aggiornata. Non esistono solo queste due
possibilità, oggi, nel Maghreb: permane un’altra via, quella dello
strisciante ritorno alla situazione precedente, che, nondimeno,
non potrà mai essere esattamente il cupo immobilismo di prima,
perché troppi dadi sono stati tratti, troppe situazioni sono comun-
que in movimento, e certe conquiste, in particolare quelle relati-
ve ai diritti sociali delle donne, e alla loro nuova agibilità politica,
sono ormai, probabilmente, augurabilmente, irreversibili. E alle
donne, in primo luogo, io credo, spetta oggi, ancora, la parola e
l’azione, per evitare che tali conquiste e quelle ulteriori necessarie
non vengano perdute, come, più in generale, non sia smarrita la
bussola del cambiamento, sociale, culturale, e politico.
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