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Numero 11 del 2016

E' stato bello. penultimo numero di NOIDONNE cartaceo


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Testi pagina 11

9Novembre 2016
tempo attraverso le convenzioni sociali, e dunque mo-
dificabili, sono diventati sacri e dunque eterni, immuta-
bili. È vero che il mondo oggi si è fatto più piccolo,
che la rivoluzione nel sistema delle comunicazioni
sta creando in quei paesi, dove la maggioranza della
popolazione è giovane, una bomba sociale destina-
ta prima o poi ad esplodere, influenzando anche la
condizione della donna. Ma intanto anche l’Occiden-
te deve fare i conti con questa realtà incandescente.
Lo si è visto nell’estate con il caso del burkini in Fran-
cia è stato vietato. La risposta dei
francesi ha suscitato un grande
dibattito: il divieto del burkini è
sembrato ipocrita sia perché, in
nome del femminismo, ha imposto
alla donna un divieto, anzi l’ordine
di spogliarsi, cioè un messaggio
autoritario, sia perché ha impedito
alle donne di scegliere liberamen-
te. In realtà pare esagerato parlare
di libera scelta da parte di donne
oppresse dalle costrizioni familiari
e comunitarie, da pressioni cultu-
rali che agiscono sulla psiche con
forza inaudita. È più probabile che la scelta del burki-
ni, e non solo, nasca dal meccanismo di asservimen-
to volontario già descritto secoli fa da Etienne de la
Boétie. Inoltre, come ha detto Azar Nafissi, l’autrice ira-
niano-americana di “Leggere Lolita a Teheran”, “Sono
d’accordo con chi dice di avere il diritto di indossarlo (il
velo o il burkini) se difende anche le donne in Iran e in
Arabia Saudita”. Infatti il burkini non
è una moda, ma il segno che l’isla-
mismo radicale, l’islam della teo-
crazia iraniana e l’islam wahabita e
salafita promosso dai petroldollari
sauditi, sono ovunque all’offensiva:
non si tratta di una questione reli-
giosa, ma politica. Che usa il corpo
delle donne come segnale simboli-
co. È vero: “Ritenere che la libertà
femminile si misuri dai centimetri di
corpo esposti allo sguardo altrui è far torto alla dignità
delle donne. Per non dire che, come ci insegna Roland
Barthes, il valore estetico-erotico insito nell’abbigliarsi
risiede proprio nel gioco di nascondere alcune parti del
corpo… al pari del velo il burkini è in fondo un oggetto
feticistico costruito dal discorso egemonico che vale a
evocare una differenza irriducibile fra ‘noi’ e ‘loro’”(A.M.
Rivera). Ed infatti alcuni sindaci, di fronte alla differenza
fra i generi sbandierata in modo così visibile ed irragio-
nevole sulle spiagge, si sono fatti parte attiva nel pro-
muovere la parità di genere sul territorio francese. Ma
l’iniziativa, bocciata poi dall’Alta Corte, non avrebbe po-
tuto ottenere l’effetto desiderato: è assurdo che in nome
di un’ideologia e/o del femminismo (vissuti però come
una forma di colonialismo dell’Occidente), una socie-
tà “liberal” imponga alle donne di svestirsi, impedendo
loro di “sentirsi a casa” e, si spera, di familiarizzare con
le francesi e di sentire il loro sostegno; perché solo la
collaborazione femminile può incrinare il muro del-
la discriminazione. Non v’è dub-
bio insomma che l’emancipazione
femminile, in un mondo che ignora
la laicità e ispira il codice alla sha-
ria, potrà avvenire solo grazie ad
un cambiamento spontaneo inter-
no alla società; un processo di più
generazioni ma intanto il dibattito
sul burkini ha indotto i musulmani
francesi, e non solo, ad interrogar-
si e a guardare in modo più con-
sapevole alla religione e al suo im-
patto in tema di diritti delle donne
(a partire dal diritto alla salute per-
ché la mancanza di sole nuoce alla pelle e alle ossa).
Diritti che non a caso vengono regolarmente schiacciati
nei paesi governati da un regime, là dove i valori “virili”
dell’autorità si sposano con il richiamo all’ordine “natu-
rale” della religione, in un cammino di reciproca conve-
nienza nel negare alle donne il diritto all’autodetermina-
zione. L’abbiamo visto in Italia al tempo del fascismo,
ricompare oggi in Polonia dove le
donne ad ottobre si sono mobilita-
te, vestite di un nero funereo, per
protestare contro il progetto di leg-
ge promosso dai cattolici fonda-
mentalisti che vieta l’aborto anche
in caso di malformazione del feto,
di stupro, di incesto. La mobilita-
zione delle donne, culminata nel
“lunedì nero”, ha costretto il regi-
me a fare marcia indietro. Per ora.
Infatti, essendo la destra reazionaria un’alleata storica
degli ambienti religiosi più arretrati, le donne devono vi-
gilare per non perdere i diritti faticosamente conquistati:
oggi la crisi economica e il problema dei migranti sta fa-
cendo avanzare in Europa una ideologia conservatrice,
nazionalista ed antidemocratica, che le donne devono
combattere con determinazione perché, in nome della
religione, sarebbero le prime vittime dell’intolleranza e
dell’autoritarismo. v
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