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Numero 8 del 2014

Viaggiatrici


Foto: Viaggiatrici
PAGINA 8

Testi pagina 8

6 Luglio-Agosto 2014
Gli ammiratori più entusiasti, se non fanatici, di
papa Francesco possono acquistare un’esile rivista intito-
lata “Il mio Papa” interamente dedicata alla sua persona: rac-
coglie frammenti biografici da parenti, amici o conoscenti, in-
tervista coloro che hanno avuto occasione di incontrarlo per i
motivi più diversi, e riveste ogni fatto o testimonianza di un
calore agiografico che conferma il lettore nella sensazione che
papa Francesco, come Gesù, vuole vivere intera la sua uma-
nità, vuole camminare insieme alla gente ed ascoltarla. L’ubria-
catura mediatica è così contagiosa che la frase “chi sono io
per giudicare?” riferita ai gay, o quell’altra con cui ha espresso
alle donne che hanno abortito la sua vicinanza umana, vengo-
no interpretate come segnali prodromici di una rivoluzione cul-
turale della dottrina della Chiesa cattolica. E in verità Bergoglio
già procede sulla strada delle riforme (lo IOR, la Curia, la CEI),
ma una rivoluzione potrà realizzarsi solo se nel mondo teologi-
co della tradizione, monolitico maschile gerarchico, sarà ac-
colto il seme della sapienza femminile. Che però ancora oggi
non trova accoglienza, se non attraverso parole generiche di
elogio. Le teologhe cattoliche invece chiedono un chiaro rico-
noscimento della loro creatività, né si accontentano dell’inten-
zione papale di “lavorare più duramente per sviluppare una
profonda teologia della donna”: sia perché non vogliono esse-
re escluse, o lasciate ai margini, da questa elaborazione, sia
perché chiedono venga riconosciuto il lavoro di ricerca da cui,
ispirandosi ai tratti peculiari della loro identità femminile, hanno
elaborato nuovi e difformi modelli di spiritualità. Modelli che
però sono rimasti oscurati o inespressi, schiacciati dalla cultu-
ra tipica di una società patriarcale da cui era influenzata la
stessa interpretazione dei testi sacri; testi che le teologhe han-
no preso in mano, traendo da essi, nel rifiuto di una cultura
androcentrica, letture e commenti di orientamento diverso
(espressione della loro molteplicità culturale), ma tutti accomu-
nati dalla fede in un Dio che ama: non un Dio maschio, potente
e signore, ma un Dio d’amore, un Dio femminile che, come la
madre che dà la vita, chiede reciprocità, ama e vuole essere
amato. Dunque a cinquanta anni dal Concilio Vaticano II che
ha aperto alle donne la facoltà di accedere, sia come allieve
che come insegnanti, alla facoltà di teologia, le donne, impe-
gnate nella ricerca del volto femminile di Dio, non si acconten-
tano più degli elogi (vedi la “Mulieris Dignitatem” di Wojtyla) ma
affermano con decisione che ormai è scoccata l’ora di parlare
“con le donne”, non “delle donne”. Perché nel rifiuto di un mo-
dello ispirato dal turbamento che suscita la maternità, vincolo
e destino di una condizione strettamente biologica, il pensiero
femminile rivendica il diritto della donna a definire in prima per-
sona la propria identità anche all’interno del percorso teologi-
co. Una posizione, questa, rivoluzionaria per la Chiesa cattoli-
ca che infatti guarda al femminismo con sospetto, se non con
riprovazione. Si legga il Documento preparatorio “Le sfide
pastorali sulla famiglia” dove sono segnalate “le forme di fem-
minismo ostile alla Chiesa”, oppure le parole di Ratzinger nella
“Lettera ai vescovi”: “Per evitare ogni supremazia dell’uno o
dell’altro sesso, si tende a cancellare le loro differenze, consi-
La Chiesa patriarCaLe
e iL femminismo
Francesco, le riforme avviate e quelle impossibili.
Le teologhe cattoliche non si accontentano delle intenzioni. E delle belle parole
di Stefania Friggeri
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