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Numero 8 del 2014

Viaggiatrici


Foto: Viaggiatrici
PAGINA 12

Testi pagina 12

10 Luglio-Agosto 2014
Sono le nuove resistenti. Combattono in maniera
trasversale. Psicologhe e operatrici sociali. Avvo-
cate e antropologhe. Sociologhe e drammaturghe. Tutte
volontarie al CESPP, Centro di Supporto Psicologico Popo-
lare di Tor Bella Monaca. Un quartiere fuori Raccordo, a sud
est della Capitale. Fanno politica con le armi della cultura e
cercano solidarietà tra donne di sinistra.
Lontane dalle tribù di salotti che orien-
tano campagne elettorali, si ritrovano
sole. Periferiche. E dal mese di gennaio
anche sfrattate. Conseguenza di una
gerarchia sociale che aumenta il divario
proprio quando il dolore attraversa cor-
po e mente delle donne. Quando il ma-
lessere somatizza e diventa malattia ci
vogliono soldi. A Tor Bella Monaca chi
ha problemi non può contare su una
rete familiare forte, capace di pagare
psichiatra, psicologo o coach-life.
E rivolgersi al servizio pubblico sig-
nifica appuntamenti diluiti nel tempo,
mancanza di riservatezza e setting
non strutturato. Stefania Catallo non
abbassa la guardia e continua a lot-
tare. Il Centro va riaperto. Intanto ha
scritto un libro e messo in scena l’esperienza di tre anni.
Un successo teatrale condiviso con gli amici di sempre e
con i nuovi 51mila firmatari della petizione a Ignazio Mari-
no. Obiettivo salvare il centro anti violenza di Tor Bella Mo-
naca. Una speranza incastonata nel degrado. Stefania
Catallo ha i capelli biondi raccolti a crocchia. Sorriso ap-
erto e occhi di ragazza. La incontro di fronte al palazzo
della Fao. Ci sediamo a terra, sui gradini terrazzati
dell’antica Roma, quella del mitico Ratto delle Sabine, poi
diventato stadio, famoso per le corse delle bighe: “Tempio
e casa”, scriveva Cicerone, “luogo di riunione e realizzazi-
one dei desideri”. Speriamo porti fortuna. Siamo al Circo
Massimo. Ciuffi d’erba e cartacce dappertutto.
Che incarico ricopri nel Centro?
Sono fondatrice e Presidente.
Per quanto tempo è stato in funzione e quante donne vi
sono transitate?
Il Centro è stato aperto da maggio 2011 a gennaio 2014.
Sono transitate circa 700/800 donne. Una cifra ragguardev-
ole considerato che nel quartiere vivono 60mila persone. Le
donne che hanno voluto intraprendere un percorso individ-
uale sono state tra il 10 e il 20%.

Un presidio sanitario che ha rappresentato anche una
novità culturale per il quartiere…
Si, perché parallelamente all’attività di ascolto abbiamo inau-
gurato una scuola teatrale ed altri corsi dedicati ad utenti e
non. Il Centro oltre a svolgere gratuitamente attività di psico-
logia e counselling a livello sociale è diventato un polo aggre-
gativo per il quartiere. Ma soprattutto ha svolto una funzione
supplente rispetto alle istituzioni.
In che senso?
Nel senso elaborativo e pratico. Stiamo portando avanti un
modello di Centro Antiviolenza diverso da quelli tradizionali.
È il primo progetto italiano di questo genere. Ci stiamo occu-
pando anche del reinserimento lavorativo e sociale delle nos-
tre donne. La guarigione passa anche attraverso l’autonomia
economica e professionale.

Che tipo di problemi avete dovuto affrontare?
Le istituzioni della precedente Giunta ci hanno totalmente ig-
norato. Quelle attuali ci tollerano ma in realtà non si interessa-
no a noi né tantomeno ci conoscono. Giudicano basandosi
soltanto su notizie parziali e insufficienti raccolte qua e là.

Siete state accolte bene dal quartiere?
Assolutamente si. La solidarietà popolare è stata immensa e
di grande aiuto. Oltre alle psicologhe abbiamo un avvocato
penalista in patrocinio gratuito e un gruppo di volontarie che
in caso di necessità accompagna le donne vittime di violen-
za dalle forze dell’ordine o al pronto soccorso.
Con la Conferenza Internazionale sui Diritti Umani nel Parto si è aperta
la via europea alla demedicalizzazione della maternità per ribadire
la libera e consapevole scelta delle donne
di Emanuela Irace
Una speranza
incastonata nel degrado
Una petizione per far riaprire il centro antiviolenza di Tor Bella Monaca.
Esperienza pilota in uno dei quartieri più degradati della Capitale.
Intervista a Stefania Catallo, fondatrice del CESPP


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