Numero 1 del 2014
DemoBoom, vivere un pianeta affollato
Testi pagina 54
48 Gennaio 2014
Gabriella Sabbatini è una poe-tessa decisamente parca nel-la produzione edita, avendo
pubblicato due soli libri, “Sulle ceneri
del tempo” (1990) e “L’arancio nel
bicchiere” (1995), peraltro in edizione
limitata da lei curata anche nella veste
grafi ca. Si tratta di testi che hanno su-
scitato un certo interesse nella critica
e nelle giurie dei premi, e che non si
capisce bene perché siano caduti
in un oblio colpevole da parte di chi
compila antologie e cura testi critici
sulla poesia del Novecento.
È il destino di chi, contrariamente a
quanto accade oggidì nella repubbli-
ca delle lettere, non scalpita per entra-
re in riviste o apparire in continuazione
su blog e social network, confi dando
solo sul valore della parola e sulla
profondità umana ed esistenziale che
questa ha generato. La verità è che le
poesie di Sabbatini ci mostrano una
scrittura limpida e chiara, che ha pro-
fondamente assimilato la lezione dei
grandi autori italiani, russi, francesi,
inglesi del Novecento. Ne sono testi-
monianza gli esergo e le note ai piè di
pagina, che rendono conto di letture
vaste che lungi dall’essersi fermate al
piano della cultura, hanno nutrito uno
spirito attento e pieno di vita. Il risul-
tato è una poesia onesta, il cui tema
intimista ed esistenziale, di certo do-
minante nelle due raccolte, si fa subito
paradigma del mondo e della con-
temporaneità. Sabbatini non osserva,
non canta, non descrive, piuttosto vive
dall’interno le intensità, le delusioni, le
contraddizioni di una realtà della qua-
le percepisce lo scarto inevitabile con
il proprio essere poeta: “ed io lascerò
parlare il tuo nudo sguardo/ per non
sentirmi più// fuori posto// in un mondo
che taglia i sogni/ e riduce tutto// nello
spazio di un momento.” Dietro la scri-
vania, il monitor di un computer, la pila
di documenti si nascondono la fasci-
nazione del sogno, la scintilla dell’in-
contro che si incendia di eros e di
immaginazione, la scheggia tagliente
della poesia. Si tratta di una consape-
volezza del corpo e dello spirito che
sembra fare da contrappunto al senso
di irrealtà, solitudine e incompiutezza
che braccano questi versi, fi no a por-
tare chi legge in un luogo dove il de-
siderio puro, il magma dell’inconscio
e del primordio sembrano dominare
la scrittura. Si veda, dal punto di vista
semantico, l’uso insistito di termini rife-
riti all’ acqua: pioggia, palude, mare,
ruscello, onde sono elementi che ci
portano all’origine della vita, all’acqua
del parto, e che la poetessa riesce
mescolare nel ‘bicchiere’, nella forma
della poesia. Sorprende come questa
materia magmatica sia perfettamente
padroneggiata da Sabbatini, la quale
mostra di avere maturità di scrittura,
controllo dei mezzi espressivi, abili-
tà metrica. Endecasillabi e settenari
si alternano al verso libero, con una
semplicità e una freschezza sorgiva
che ci regalano una poetessa carica
di umanissimo struggimento.
Profumo d’oriente
Lungo le strade
con ingordigia ho respirato
i versi del tuo desiderio.
Ora ricordo
quel languore sbocciato
dall’intimità delle mani.
Come sei lontano
e perso
una lacrima nell’oceano
porto dentro
e quel profumo d’oriente
che solo tu mi davi.
Bellissimo Baudelaire
Quel venerdì pieno di vento
ho srotolato gomitoli di singhiozzi
nel diffi cile addio
e tutto ancora è da superare
mentre aspetto – acquario d’ansie -
il tuo ritorno.
Non ci sono fantasmi lungo le nubi
né cantano i sassi nella notte
tranne il riso “tremendo”
del bellissimo Baudelaire
sulla foto murale
a farmi compagnia.
GABRIELLA
SABBATINI
LA POESIA
DENTRO
UN BICCHIERE
Una scrittura limpida
e chiara che ha assimilato
la lezione dei grandi autori
del Novecento
di Luca Benassi