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Numero 7 del 2015

Salute, informazione sinergie. Speciale Expo, Donne in campo - CIA


Foto: Salute, informazione sinergie. Speciale Expo, Donne in campo - CIA
PAGINA 7

Testi pagina 7

5Luglio-Agosto 2015
twittare immiserisce linguaggio e comu-
nicazione? Come non perdere i principi
della democrazia, anzi della convivenza
sociale, se non inventeremo nuove regole
smart, “intelligenti”, per affrontare il disor-
dine prodotto dalla resistenza alle nuove
(e non necessariamente peggiori) declina-
zioni del sistema?
Se non riusciamo a governarne le sfide
del futuro, i rischi saranno grandi. Quin-
di, agitare le acque fa solo bene. Perfino
all’autonomia scolastica. Se non ci sono
pedagogisti a cui chiedere lumi, perché
anche loro sono fermi alle domande, non
importa: pensare non è vietato e dire sem-
pre di no a proposte scomode di solito non
significa averci pensato.
La solitudine morale in cui viviamo tutti -
giovani, genitori e insegnanti - non è una
ragione per non cercare di capire come
venir fuori dai garbugli che ci avviluppano.
Possibile chiudere tutti i giornali, ormai letti
solo sugli ipad? Possibile, certo, se non ci
accorgiamo che da sempre il diritto (costi-
tuzionale) all’informazione pretendeva di
più da noi; ma in futuro la libertà di stampa
si salverà se fornirà cultura informata per-
ché la voglia reale non è quella di sapere
se qualcuno ha ucciso qualcun altro ma
quella di “capire”, che esige conoscenza
e bellezza. Insomma è possibile prevede-
re livelli più alti di educazione anche quan-
do cose necessariamente invecchiate de-
cadono. Se il lavoro si sta trasformando (in
Cina è stata inaugurata la prima fabbrica
senza operai) e i sindacati non se ne sono
accorti, non possiamo riportare indietro l’o-
rologio del sistema. Gli insegnanti ci sono
proprio per portarlo avanti. Dovranno stu-
diare; ma, anche se precari, è il loro me-
stiere; e, d’altra parte, i ragazzi sono già lì
per seguirli se programmeranno ricerche,
non se ripeteranno nozioni. E i genitori,
che - speriamo - lotteranno contro l’evasio-
ne usando il bancomat anche per il caffè o
contro la concorrenza al sistema pubblico
evitando i taxi uber, e che vedranno girare
per la loro casa un assistente-robot, non
potranno limitarsi al buonismo per edu-
care figli più irresponsabili dell’umanoide
che bada al nonno. b
Chissà perché se sei addolorata per fatti tuoi ma non hai voglia di par-lare, di alzare il telefono, la gente
pensa che sei in crisi, ti immagina dispera-
ta, bisognosa di un aiuto che non manifesti.
E allora si prodiga coi ‘parlami’, ‘non chiu-
derti in te stessa’ e via discorrendo, che han-
no come unico effetto quello di infastidire
e allontanare. Chissà perché certe persone
si aspettano che vomiti i tuoi sentimenti,
‘così finalmente ti liberi’. Proprio con loro
poi. Mica con chi scegli tu. Ci ho pensato e
ho trovato la risposta. La non condivisione
della nostra sofferenza spesso nuoce all’i-
dea che gli altri hanno di sé stessi. Perché?
Perché se li escludiamo, non li rendiamo
partecipi, anzi.... protagonisti. Se li esclu-
diamo, non li rendiamo depositari della no-
stra intimità e ‘beneficiari’ dell’esclusività.
Il punto, quindi, non è quanto patiamo noi,
a modo nostro, per le nostre vicissitudini.
Ma quanto patiscono gli altri, per il modo
nostro di affrontare le nostre stesse vicis-
situdini. Se in un momento difficile della
nostra esistenza ce ne stiamo tranquilli,
senza esasperazioni, senza mostrarci con
le vesciche sotto agli occhi, senza impreca-
re contro la malasorte, senza ammorbare
il prossimo, facciamo un danno all’altrui
narcisismo. Perché? Perché togliamo agli
altri la possibilità di salvarci! Di salvarci ri-
velandoci cosa è giusto per noi, perché loro
ci sono sicuramente passati per un’espe-
rienza simile, perché loro al nostro posto
farebbero..., perché tu sei fragile.. povera...
Questa è l’acquisizione vera della maturità.
Che la ricerca della solitudine indispettisce
gli altri, gli stessi che in svariate occasioni
hanno dato il voto ai tuoi dispiaceri, spes-
so sminuendoli. I passaggi sono tre. In
adolescenza ogni dramma è vissuto come
partecipazione e amicizia, e quindi va be-
nissimo, perché è propedeutico al senso di
reciprocità. Da ‘grande’ ci si accorge che è
più facile condividere il negativo, perché
sostenere chi è in difficoltà fa sentire mi-
gliori. Partecipare di gioie e soddisfazioni,
al contrario, fa spesso emergere invidie...se
si resiste però il legame è solido ed eterno.
Poi c’è la maturità, dove ormai quel che è
fatto è fatto, quel che si è costruito si è co-
struito, si gestisce la propria emotività in
autonomia, eppure spunta chi ha bisogno
delle tue sfighe per misurare se stesso. Per-
ché vuole essere l’amica o amico delle tre B:
buono/a, bravo/a, bello/a. E così, mentre
tu lecchi le tue ferite, vivi la tua quotidia-
nità con persone che ti sanno aiutare senza
esplicita richiesta, addirittura ridi - perché
ridere nulla toglie al dolore - , quindi vai
avanti aspettando nuovi equilibri, cer-
cando il tuo nuovo contesto nel mondo,
offendi chi da sempre sa cosa è giusto per
te! Bella roba! Io penso che l’amicizia vera
sia quella capace di stare fuori dalla porta.
Di stare sospesa. Penso che gli amici veri
siano quelli che mentre soffri come un
cane e non vuoi parlare, si limitano a invi-
tarti a mangiare un gelato e ti chiedono se
hai dormito. Ci sono con discorsi ordinari,
sapendo che arriverà il giorno in cui quelli
difficili e speciali li farai, ma coi tuoi tempi,
magari un po’ alla volta. Perché se non hai
la voglia o la forza di piangere, non offendi
nessuno. Al massimo pecchi di ‘lesa mae-
stà’. Per chi maestà si sente.
di Camilla Ghedini
IL NARCISO
DELLA PORTA ACCANTO
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