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Numero 9 del 2006

Il grande nulla


Foto: Il grande nulla
PAGINA 34

Testi pagina 34

settembre 2006 noidonne34
Vagabonda nel Turkestan di EllaMaillart (edizioni E.D.T.) è un dia-
rio di viaggio vivace e in-telligente. Ol-
tre ad essere "un avventuroso vagabon-
daggio intrapreso dall'autrice del libro,
nel 1932, lungo le montagne e i deserti
dell'Asia centrale, in assoluta solitudi-
ne", è anche un reportage che alterna la
descrizione di città d'incomparabile bel-
lezza come Samarcanda, Bu-khara e
Khiva, con il tentativo di spiegare la
complessità di una regione, il Turkestan,
cro-giuolo di culture e nazionalità mol-
to diverse, sottoposta all'incessante in-
tegrazione delle sue strutture economi-
che e sociali alla pianificazione sovieti-
ca.
In effetti, l'itinerario richiama co-
stantemente la progressiva condanna
all'arretratezza del pa-trimonio inesau-
ribile di civiltà delle popolazioni centro
asiatiche, di fronte all'avanzata della
modernità sovietica tesa ad intrapren-
dere in quelle lontane terre una lotta te-
nace contro le so-pravvivenze del triba-
lismo e del feudalesimo dichiarate dal
bolscevismo "crimini di tradizio-ne".
Il viaggio si snoda lungo grandi im-
prese di decollo industriale, come la co-
struzione della li-nea ferroviaria Turk-
Sib, per l'importazione di cereali ("indi-
spensabili per nutrire il Turke-stan, pae-
se in cui il cotone ha quasi del tutto so-
stituito ogni altra coltura") e legname
diretta-mente dalle zone produttrici del-
la Siberia occidentale, e per l'esportazio-
ne del cotone grezzo da destinare alle
industrie tessili della Russia europea re-
sa finalmente indipendente dal com-
mercio del cotone americano ed egizia-
no.
La Maillart si sofferma sugli squilibri
sperimentati nella regione con l'introdu-
zione della mo-nocoltura del cotone,
che ha sostituito le grandi risaie "man-
tenute con tanta cura". Visita in un vil-
laggio, nei pressi di Taškent, un kolchoz
agricolo e s'informa presso i capi locali
delle ri-forme agrarie avviate, che ri-
guardano sostanzialmente il regime del-
le acque, oltre che la redi-stribuzione
delle terre. Prende atto delle misure ec-
cezionali applicate dai soviet per incul-
care a quelle popolazioni per lo più no-
madi il concetto di socializzazione del-
la terra ("l'opera di convinzione tra gli
indigeni che la spartizione delle terre
non era condannata dalla sharia né dal
Corano, fu possibile grazie all'approva-
zione del clero musulmano"), e come
l'ondata del-la collettivizzazione socia-
lista nelle campagne abbia causato un
certo livellamento delle con-dizioni so-
ciali (con l'abbattimento della classe
dei possidenti), ma anche l'alienazione
di quelle genti libere di pascolare le
greggi nelle grandi pianure, ed ora co-
strette al lavoro stan-ziale dei campi e a
ritmi forzati per raggiungere i risultati
imposti dal Piano quinquennale, in
cambio dell'ottenimento del grano. Fini-
sce, tuttavia, l'epoca della grande di-
pendenza dell'Oriente sovietico dal mer-
cato cotoniero capitalista ed inizia il
complesso e grandioso processo di seco-
larizzazione e d'alfabetizzazione.
In questo clima, pervaso dal contra-
sto violento tra modernizzazione sovie-
tica e sopravvivenza di culture autocto-
ne, la Maillart spia "i primi rarefatti se-
gnali di una difficile emancipazione
femminile". Ella ha un occhio particola-
re verso la condizione delle donne, ed
anche qui e-mergono subito difformità
stridenti: "musulmane velate e - quale
sconcerto! - le loro sorelle in fabbrica,
operaie.Vestigia di Timur, attorno a cui
si va formando il proletariato per edifi-
ca-re il socialismo". A Samarcanda, do-
po un giro per madrase, moschee e mau-
solei, resti di po-tenti khanati di princi-
pi mongoli, seminatori di terrore e di-
struzione dall'India all'Egitto, ma che
pure seppero creare monumenti d'inusi-
tata bellezza, Ella visita la fabbrica
Khudjum (il cui termine vuol dire lette-
ralmente "offensiva alla vecchia vita
quotidiana", identificata con la lotta
contro la parandja - simile alla burqa
afgana - e il velo, in nome di una libe-
razione totale della donna), che produ-
ce seta e dove vi lavorano operaie
"emancipate", e l'artel, la coopera-tiva,
delle ricamatrici. Assiste, inoltre, nel
cortile di una madrasa, alla lavorazio-
ne di una tela intitolata La giornata
dell'8 marzo in piazza Registan, opera
dell'artista Benkov, e realizzata perché
"a quella data cade la festa dell'emanci-
pazione femminile e in quell'occasione
vengo-no bruciati grandi mucchi di ca-
dor". Descrivendo aspetti di vita quoti-
diana, Ella annota i comportamenti del-
le donne "confinate per lo più in un si-
lente sfondo". Nello stesso tempo, dal
colloquio con la direttrice del zhenotdel
(Ufficio femminile) viene a conoscenza
dell'attività delle sezioni femminili del
partito, che, pur incontrando resistenze
e dinieghi tra le donne orientali, si sono
impegnate a fondo per l'ingresso di que-
st'ultime nel mondo del la-voro e per la
loro istruzione in precedenza proibiti.
Ma - sottolinea la Maillart - "in questo
pa-ese si vive ancora in pieno Medioe-
vo: occorre non dimenticarlo mai".
Nel bel mezzo degli scontri dei "rossi"
contro i basmaci, un tempo briganti "in
groppa a velo-ci cavalli, i cui zoccoli
larghi, mai ferrati, non sprofondano nel-
la sabbia", ed ora controrivolu-zionari
nazionalisti, le donne indigene di que-
sta regione a sviluppo ritardato (in lar-
ga parte contadine), con iniziale diffi-
denza e relativa passività, si appropria-
no attraverso un lento pro-cesso di ap-
prendimento dei loro diritti soffocati da
Viaggiatrice e cronista in Turkestan
Ella Maillart
Cristina Carpinelli


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