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Numero 2 del 2014

Piccoli stereotipi screscono


Foto: Piccoli stereotipi screscono
PAGINA 25

Testi pagina 25

23Febbraio 2014
zare il lavoro di cura, non privatizzarlo chiudendolo nelle case.
Noi lo vediamo nei familiari degli utenti, per esempio, affetti da
Alzheimer, sono situazioni logoranti in modo impressionante.
Oltre alle case-residenza per gli anziani e disabili, gestite
asili nido per conto degli enti pubblici, ce ne può parlare?
Negli anni abbiamo costruito tanti tipi di servizi, da quelli per la
prima infanzia, quindi gli asili nido, fino alla cura degli anziani.
Sono varie le forme con cui gestiamo gli asili nido. Quelli più im-
portanti sono quelli che noi gestiamo globalmente, ma sempre
per conto dell’ente pubblico. Le faccio l’esempio del comune di
Bologna, che aveva bisogno di sei asili nuovi, il comune ha fat-
to nel corso degli anni dei bandi, in cui chiedeva ai partecipanti
di fare una proposta per la costruzione e la gestione di questi
asili. Noi abbiamo partecipato e li abbiamo vinti insieme ad al-
tre cooperative bolognesi che si occupano delle costruzioni e
della ristorazione. Abbiamo costruito gli asili
e li gestiamo noi, i bambini pagano le stesse
tariffe comunali e vengono iscritti attraverso le
graduatorie comunali. Lo scambio con la Pub-
blica Amministrazione è questo: noi abbiamo
fatto l’investimento, noi abbiamo messo per
ogni servizio più di un milione di euro e il co-
mune ci restituisce l’investimento fatto attraverso le rette che
paga per ogni bambino iscritto. Questo ha consentito al Comu-
ne di poter fare il servizio, senza dover fare l’investimento, noi
avevamo disponibilità economica, perché negli anni, con la no-
stra attività, avevamo accantonato gli utili per poterli reinvestire,
così come prescrive la legge sulla cooperazione.
Molte cooperative in Italia studiano il modello bolognese
ed emiliano delle cooperative come spiega questa evolu-
zione, che come sa esiste in tutta Europa, e come mai si è
sviluppato nel territorio emiliano nella forma più positiva?
In effetti, il territorio dell’Emilia ha la più forte concentrazione
cooperativa di tutta Europa. Si stima che un cittadino su due
sia socio di una cooperativa in Emilia. Storicamente le prime
cooperative emiliane sono quelle di consumo e sono quelle
cooperative che nascono con l’emancipazione dei lavoratori,
insieme ai sindacati, insieme alle associazioni, perché sono
una delle forme di organizzazione dei lavoratori. All’inizio era-
no legati ai movimenti socialisti, probabilmente era una terra
che, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, aveva questa voca-
zione, sono nati qui alcuni movimenti sociali importanti tra cui
quello cooperativo. L’idea della cooperativa, quando rimane
fedele ai suoi principi, rispecchia un’idea di democrazia e di
autorganizzazione dei lavoratori.
La formula cooperativa è quella che regge di più alla crisi?
Si, è vero, soprattutto per il livello occupazionale e del fattu-
rato, cede sull’aspetto di utile che si ricava, ma tiene sull’oc-
cupazione di tutti anche a costo di non avere le posizioni, se
tagliano i servizi, ma perché la cosa più importante è il socio.
Cadiai come forma giuridica è una cooperativa di lavoro. Noi
oggi abbiamo 1270 lavoratori, i soci sono 850, 400 non soci,
non è obbligatorio essere soci per lavorare in cooperativa. È
importante sottolineare la forma di gestione democratica: noi
a maggio andremo a votare per ricomporre il
consiglio, che è tutto dimissionario compresa
io che sono la presidente. Ci sarà una com-
missione che andrà a cercare i candidati in
tutti i nostri servizi. Io, come l’ultima persona
che è entrata come socia, versiamo la stes-
sa quota sociale, quindi in teoria abbiamo la
stessa possibilità di essere presidente di questa cooperativa.
Poi ci sono le regole definite nel regolamento elettorale che
tutelano un principio cardine come è quello della democrazia.
L’83 per cento delle vostre socie sono donne. Avete un
codice etico per le pari opportunità?
Rispetto a questo noi stiamo cercando di cogliere tutto quello
che sia possibile per garantire le pari opportunità. Abbiamo
bisogno di politiche particolari perché la nostra attività è quella
che assicura pari opportunità per le altre donne. Mi spiego,
noi lavoriamo negli asili che consentono alle altre donne di
andare a lavorare, facciamo l’assistenza domiciliare che con-
sente alle donne di non occuparsi tutti i giorni del loro caro non
autosufficiente. Le nostre politiche di conciliazione diventano
davvero complicate. Noi cerchiamo di lavorare sulla definizio-
ne dei turni di lavoro in modo tale che le persone riescano a
trovare punti di conciliazione più favorevoli possibili per garan-
tire tutte le opportunità. b
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