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Numero 2 del 2014

Piccoli stereotipi screscono


Foto: Piccoli stereotipi screscono
PAGINA 5

Testi pagina 5

3Febbraio 2014
BrandInfanzia
tra stereotipi
e mercato
“Chi ha molto a che fare con i bambini scoprirà che nessuna azione esterio-re resta senza influsso su di loro”. La riflessione di Goethe sembra essere
quanto mai up to date. La comunicazione interviene in
maniera determinante nella costruzione della realtà. E
la nostra è “l’era delle rappresentazioni”. La pubblicità
suggerisce prodromi per la costruzione di tale rappre-
sentazione e “struttura” un sistema normativo dal quale
apprendere significati, orientamenti e valori. I media for-
niscono un’immagine della realtà alla quale uniformarsi.
E così monta la corrente. La televisione con la miscel-
lanea tra programmi e pubblicità ha forgiato il bambino
consumatore. Le nuove tecnologie hanno ampliato la
gamma dei consumi possibili. Internet ha spostato l’asta
ancora più in alto: i bambini e le bambine non sono più
solo fruitori e fruitrici di un palinsesto più o meno idoneo,
ma ha regalato loro la mobilità in “praterie” che si posso-
no scegliere o addirittura creare bespoke.
I minori, che sono forti consumatori, tendono a trarre ele-
menti di realtà più dalla televisione e dal mondo digitale
che dalla realtà stessa. L’efficacia degli spot ha raggiunto
livelli sempre più alti, sviluppando un linguaggio innova-
tivo che il “piccolo”, e permeabile, pubblico ha imparato
a decriptare. Oggi la pubblicità rappresenta la versione
2.0 del corpus fiabesco, costituita da linguaggio anima-
to; l’aiutante magico, il mondo alla rovescia, diventano il
bagaglio culturale e formativo delle nuove generazioni.
In molti casi il messaggio rappresenta uno stereotipo di
genere, cioè una categoria distintiva dell’essere, o del
“fare”, femminile e maschile. Se nella pubblicità ci sono
delle bambine, queste hanno sempre “ruoli femminili”: im-
parano a badare alla casa e ai figli. Al contrario i maschi si
dedicano ad attività sportive, giocano con gli amici, sono
avventurosi, spericolati e ingegnosi. Le ragazzine aggra-
ziate, responsabili, diligenti o ammiccanti e seduttive… Le
mamme sono quasi sempre felici e disponibili e quando
lavorano hanno comunque tempo per tutto e per tutti. I
papà riverberano successo, sono quasi sempre serviti, e
se la pubblicità assegna loro ruoli nuovi, chiedono consi-
glio alle donne in quanto “vere” detentrici delle skills.
Le donne sono sempre belle, slim, con capelli fluenti,
make up perfetto e quasi sempre seminude. Musica, co-
lori, tono della voce - spesso a parlare sono voci infantili
- concorrono a stimolare le emozioni. Quando la pubblicità
racconta le persone comuni sembra suggerire che “con la
normalità non si fa strada”.
E, va senza dirlo, che senza quel prodotto, non si potrà
mai essere “all’altezza”. Inoltre molte pubblicità sposta-
no l’attenzione dal prodotto pubblicizzato alla “coppia di
soggetti”, adulti o bambini che siano, parlando di “con-
quista”, “seduzione”, e facendo intendere un “dopo”,
cioè uno sviluppo successivo della relazione, magica-
mente realizzabile grazie al consumo di quel determina-
to prodotto. Ma la black list potrebbe arricchirsi di altre
voci…che “gridano vendetta”.
Di questo e molto altro occorre scrivere perché, al di là
di valutazioni non proprio ottimistiche, il tema scotta, ci
riguarda come donne, cittadine, communication makers,
kidmarketers, padri e madri. E interroga la nostra respon-
sabilità su quanto facciamo, come e perché il “secolo
dell’infanzia” sviluppi in pienezza il proprio potenziale.
Marina Caleffi
Twitter@MarinaCaleffi


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