Numero 2 del 2014
Piccoli stereotipi screscono
Testi pagina 18
16 Febbraio 2014
PICCOLI STEREOTIPI CRESCONO | 4
Il gioco è un’attività umana che fa bene e produce benessere a più livelli, sviluppando anche delle importanti capacità. Per questo l’uomo ha sempre
giocato, sin dai tempi più antichi, basti pensare che
giochi da tavolo sono stati trovati persino in tombe reali
egizie.
Se però giocare è importante ad ogni età, per i più giovani
rappresenta un’attività fondamentale per sviluppare le loro
capacità e per contribuire alla maturazione della loro per-
sonalità, ivi compresa l’identità di genere.
Infatti tutti impariamo a giocare sin da piccoli, ma il modo
con il quale il gioco ci viene insegnato è diverso per i ma-
schi e le femmine. Anche le attività ludiche dunque rifletto-
no, ripropongono e sostengono le disparità di genere, poi-
ché riproducono quei differenti stili di vita, responsabilità e
impegni che l’essere uomo o donna comporta ancora oggi
nella nostra società.
Il ruolo delle donne nelle attività di riproduzione sociale,
infatti, si esprime certo al suo massimo livello nel momento
in cui si assumono delle responsabilità familiari ma viene
coltivato e alimentato sin dai primi anni dell’infanzia con
modelli educativi differenti per bambini e bambine. Que-
sta definizione di ruolo diventa così una parte identitaria
importante per le donne, che le accompagna fino all’età
anziana e che è alla base dei forti squilibri economici e
sociali che ancora rileviamo.
Quali sono dunque le differenze di genere che possiamo
osservare nel gioco?
La prima differenza è nella diversa quantità di tempo li-
bero che maschi e femmine possono dedicare a questa
attività: ad ogni età le donne hanno meno tempo libero de-
gli uomini e quindi meno possibilità di giocare: le donne
hanno infatti ogni giorno il 24,5% di tempo libero in meno
degli uomini. Questo dato, che accomuna tutte le genera-
zioni, con dei picchi nella fascia di età delle responsabilità
familiari, è valido anche per i bambini e gli adolescenti.
In un giorno medio settimanale, le bambine tra i 3 e i 13
anni hanno 18’ in meno di tempo libero rispetto ai coetanei,
quelle tra i 14 e i 19 ne hanno 47’ di meno. Pare quindi che
le aspettative sociali di un maggiore impegno familiare per
le donne siano talmente elevate e scontate che anche i
modelli educativi in qualche modo si sono evoluti in una
forma di addestramento delle bambine ad un maggiore
sacrificio dedicato alle incombenze familiari o allo studio a
scapito del tempo libero e del gioco. La minore quantità di
tempo libero si riflette quindi sulla minore quantità di tempo
che le donne, siano bambine o adulte, possono dedicare
al gioco.
Una seconda differenza riguarda il genitore con il qua-
le giocano i bambini. Giocare con il papà piuttosto che
con la mamma determina una forma di indirizzo da parte
del genitore verso la scelta dei giochi dei figli e delle figlie
riflettendo un’identità di genere molto polarizzata sui ruoli
tradizionali.
Tra madre e padre l’impegno nel gioco con i figli è intanto
molto differente: tra i bambini da 3 a 10 anni solo il 35%
gioca tutti i giorni con il padre, il 57% invece con la madre.
I maschi inoltre fanno giochi di movimento (correre, patti-
nare, andare in bicicletta, giocare a palla, escluso il calcio)
soprattutto con il padre (56,6%; il 39,6% con la madre),
mentre disegnano o colorano soprattutto con la madre
(68,5%; il 33,4% con il padre).
Le bambine invece fanno con i padri più giochi di movi-
mento (44,8%) e giocano di più ai videogiochi (25,7%),
La PaRITà
SI COSTRuISCE
aNChE
gIOCaNdO
L’identità di genere paritaria si costruisce
sin dall ’infanzia attraverso il modello
educativo che ci propone la famiglia
e la scuola. I giochi dei nostri figli
rappresentano un importante esercizio
di simulazione e di preparazione all ’età adulta
che ne alimenta l ’immaginario anche
per quanto riguarda la definizione
del ruolo maschile e femminile