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Numero 10 del 2010

Bio diversa mente


Foto: Bio diversa mente
PAGINA 7

Testi pagina 7

5noidonne | ottobre | 2010
ATTUALITÀ
e pace per intero; e anche gli altri testi, data la grafia osti-
ca di lui.
I diari di Sophia sono una delle tante scoperte recenti di
scrittura femminile. Dopo il primo anno di matrimonio
registra: “non mi sono mai sentita così in colpa... ho pian-
to tutto il giorno... ho paura di parlargli e anche di guar-
darlo”. Lui stesso racconta delle “sfide” da cui entram-
bi uscivano a pezzi: “lei è depressa, io di più... non dico
niente perché non c’è niente da dire. Mi sento freddo...
lei smetterà di amarmi, ne sono certo...”. Leone, dunque,
non sa cedere alla donna non sottomessa e, anche se sof-
fre, non sa relazionarsi né verbalizzare i sentimenti,
mentre lei vorrebbe solo capire e non ridursi al senso di
colpa tradizionalmente femminile. In una lettera lui ri-
conosce che per chi ama “il cuore nella separazione è così
teso che dal minimo contatto rozzo e incauto può scatu-
rire molto dolore”, osservazione penetrante, che non ap-
plicherà mai a sé. Infatti, “per ruolo” - quello di colui a
cui tutto è dovuto - ignora la realtà effettiva - e scomoda
- dell’altro ruolo - quello di colei che vive in funzione al-
trui -. A Sophia non bastava discutere di ideali e con-
versioni fanatiche che non le appartenevano, ma so-
prattutto non amava essere sola - per di più contesta-
ta - nell'amministrazione del ménage e dei bambini,
oltre che di beni, terre e contadini e, da madre di
famiglia, tanto meno poteva permettergli di espro-
priarsi di tutti i beni e di rifiutarsi di far testamento
per i figli.
La vecchiaia li trova lontani. Lui, a ottantadue anni,
abbandonerà la moglie adirato e febbricitante e
se ne andrà, solo con il medico amico, per realiz-
zare l'ideale povertà e il distacco della sua fede vi-
sionaria. Sarà bloccato dal male nella stazione di Ja-
snaja Poljana e morirà senza voler vedere (o forse fu-
rono gli amici, certamente maschi, a impedirlo) la mo-
glie, che ringraziava per “l’onestà del comportamento”
nei 48 anni di vita in comune e a cui chiedeva di perdo-
nargli i torti che le aveva arrecato come lui le perdonava
quelli ricevuti da lei.
Doris Lessing giudica Leone “un mostro”; e conforta il
giudizio con la pagina più forte del diario di Sophia: “Mio
marito non mi è amico. In certi momenti, specialmente
avvicinandosi alla vecchiaia, è stato per me un amante ap-
passionato. Ma con lui sono stata sola tutta la vita. Non
esce con me a passeggio perché ama stare solo e medita-
re sui suoi scritti. Non si è mai interessato ai figli, per lui
era una cosa difficile e lo annoiava. Con me non ha mai
viaggiato e diviso alcuna esperienza: le aveva già vissute
in precedenza ed era stato dappertutto...”.
Chi sono mai, dunque, i mostri? e chi le persone normali,
che portano alla salvezza oltre e dopo il potere? n
P
resentato alla fine di luglio dal Ministro Sacconi il
“Piano triennale per il lavoro – Liberare il lavoro
per liberare i lavori” (www.lavoro.gov.it ), ma se ne
è parlato molto poco.
Che ci sia bisogno di un piano per il lavoro ce lo dicono da
tempo i fatti, se è vero infatti che i livelli di disoccupazione
(secondo l’Istat) non sono aumentati in maniera così rile-
vante come in altri Paesi. Continuiamo a rimanere sotto il
10%, ma dobbiamo anche sapere che questa media na-
sconde una situazione drammatica per le donne ed i gio-
vani: il 28,7% delle ragazze da 14 a 25 anni è alla ricerca
di un lavoro con punte che superano il 40% in quasi tutte
le regioni meridionali. E dobbiamo anche sapere che
ormai il numero delle persone che nemmeno provano a
cercare un lavoro è cresciuto: sono circa 16 milioni coloro
che in termini tecnici vengono definiti ‘scoraggiati’ e tra
questi le donne rappresentano la fascia più consistente
con le solite aggravanti del mezzogiorno. Quindi ben
venga un piano a condizione che non sia neutro ma che
abbia precisi riferimenti in termine di genere.
Nella sintesi del Piano si afferma che uno dei punti da svi-
luppare consiste nel “ripristino del lavoro intermittente e
del lavoro a tempo parziale flessibile” . Per anni su questo
punto abbiamo dibattuto. Da un lato, le donne che hanno
denunciato la precarietà che deriva nel rapporto con il la-
voro da tali forme contrattuali, dall’altro studiosi e politici
- di ogni parte politica sia ben chiaro - che ci volevano con-
vincere che erano forme di lavoro moderne e in grado di
rispondere (sempre a costo delle donne dico io) alle mo-
dernizzazioni chieste dall’organizzazione del lavoro.
Ebbene, se queste forme non sono mai decollate è perché
i datori di lavoro non le hanno mai volute, preferendo un
bell’orario fisso che non crea complicazioni. Lo sanno
molto bene quelle donne che dopo il primo o secondo fi-
glio, vedevano solo in un’occupazione part-time, possibil-
mente transitoria, l’unica forma che permetteva di
condividere figli e lavoro. Generalmente davanti a questa
richiesta la lavoratrice si è sentita rispondere di no, allora
spesso non rimane nessuna altra possibilità che un “li-
cenziamento volontario”.
Forse su questi nuovi-vecchi strumenti dovremo discutere
di più e approfondire meglio.
NOTE
AI MARGINI
di Alida Castelli
NUOVI PIANI
E VECCHI
STRUMENTI
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