Numero 9 del 2014
			Medicina di genere
			
							
		
			
		
			
			
							
								
					
Testi pagina 39
					33Settembre 2014
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Bakr, padre di Aisha moglie preferita di Maometto - non 
è altro che la riedizione di un film già visto. Protagonisti 
a varie riprese Saddam Houssein e Bin Laden. Entram-
bi foraggiati eppoi eliminati dal cosiddetto “Washington 
consensu”, la Bibbia neo-liberista alla cui scrittura colla-
borano Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondia-
le e Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America.   
Tra attori comprimari e comparse d’accatto il pal-
coscenico siro-iracheno mostra al mondo la peri-
colosità dei doppi e tripli binari seguiti dalle Cancel-
lerie che si contendono la scena: Russia, Cina e Iran 
versus USA e Petromonarchie. Con le appendici di 
UE, Turchia, Egitto ed Israele. Le ultime tre attivissime 
e sempre in cerca di nuove scritture per capitalizza-
re al meglio politica interna ed equilibri internazionali.   
In questo contesto gli schieramenti sono fluidi e i 
matrimoni temporanei. Supportati da quantità di de-
naro e armi versati a pioggia.  Alleanze ad hoc e re-
pentine separazioni, sia sul fronte Occidentale che in 
casa Jihadista dove la galassia del fondamentalismo 
armato recluta miliziani in tutta Europa e trasferisce fan-
ciulle per soddisfare gli appetiti di bande di disperati 
che impropriamente si fregiano del titolo di combat-
tenti in nome di Allah. Sono circa 3.000 i giovani euro-
pei partiti per unirsi alle milizie del jihad in Siria e Iraq. 
Altri 6.000 provengono da Tunisia, Algeria e Marocco. 
Mentre le misure di sicurezza negli aeroporti di mez-
za Europa rendono alto il rischio attentati, la saldatu-
ra tra Jihadisti del Daash (acronimo di: Dulat al-Islam fi 
al-Iraq wal-Sham, la nuova sigla dello jihadismo globa-
lizzato che dal 2013 teorizza lo Stato islamico in Iraq e 
Siria di levante, oggi semplicemente “EI” Stato Islami-
co) con l’AQMI (Al-Qaida del Maghreb islamico) rischia 
di coinvolgere anche l’Europa sud occidentale. In par-
ticolare Francia e Spagna, obiettivi di un allargamento 
del Califfato che porterebbe il nome di “Organizzazione 
dello Stato Islamico dell’Iraq e dell’Europa dell’Ovest”. 
 
LE INTERVISTE
“LA TERZA VIA” del Kurdistan siriano: interviste alla 
co-presidente del Parlamento del Rojava, Sinem Muha-
medi, e alla co-segretaria del partito Unita, Rina Said. 
In questo quadro, come in altri, la disinformazione è l’ar-
ma della propaganda. Dalla scelta lessicale ai contenuti, 
la “diplomazia mediatica” affievolisce la percezione della 
posta in gioco schierando come a scuola buoni e cattivi, 
deviando l’attenzione e strumentalizzando categorie reli-
giose come al tempo delle Crociate. Silenzio totale sull’e-
sperienza che da due anni caratterizza il nord della Siria 
dove è emerso un nuovo attore politico che dalla Prima 
Guerra Mondiale compete sulla scena sociale e territoriale 
della Regione. È il popolo kurdo. Diviso tra Turchia, Iran, 
Iraq, Siria e Russia. “Fin dall’inizio delle ostilità i Kurdi han-
no rappresentato la ‘terza via’ per una risoluzione del con-
flitto in Siria. Oggi, anche in Iraq i Kurdi sono diventati una 
partnership indispensabile per il controllo del territorio”, 
spiega  Sinem Muhamedi  co-presidente del Parlamento 
del Kurdistan Rojava - 400 km e 3 milioni di abitanti - nel 
nord della Siria ai confini con la Turchia. Sinem Muhame-
di  ha cinquanta anni, tre figli e una carriera di dirigente 
al Ministero dell’Istruzione di Damasco. Attivista fin da ra-
gazza, è stata eletta due anni fa all’Assemblea del Roja-
va. La incontriamo a fine giugno, mentre è di passaggio a 
Roma con un’agenda fitta di incontri istituzionali: “Sono in 
Italia con una delegazione per incontrare i rappresentanti 
del vostro Governo e spiegare quel che siamo riusciti a 
fare sul nostro territorio. Vorremmo che l’esperienza di pa-
cificazione del Rojava sia utilizzata anche nel resto della 
Siria”. Sinem è di religione musulmana sunnita. Non indos-
sa il velo. Insieme a lei c’è Rima Saaid, co-segretaria del 
Partito Unita. 
Rima è Cristiana e porta al collo un ciondolo con la Croce. 
Le chiedo se la indossa anche nel suo paese: “Certo. In 
Siria siamo di tante religioni ed etnie diverse. Così come 
nella zona del Kurdistan Rojava. Non abbiamo divisioni, 
tra noi ci sono armeni, turcomanni, arabi, cristiani, azeri, 
zoroastriani, yezidi, ceceni, la nostra identità è siriana, non 
altro. Tutto il resto è stato strumentalizzato dalla guerra”. 
Un modello per il Medio Oriente....“La Siria è uno stato 
multietnico in cui si professano religioni diverse - spiega 
Sinem -. Con la guerra hanno dovuto giustificare le uc-
cisioni, i massacri, le crocifissioni. E hanno detto che uc-
cidevano nel nome delle etnie e delle religioni, ma non è 
così, uccidono e basta. Uccidono per il potere, per i soldi, 
per il petrolio”.
Come è nata l’esperienza di Confederalismo democratico?
“Si era creato uno spazio vuoto e ci siamo inseriti per 
risolvere i problemi del nostro popolo. Cibo, sicurez-
za, cure mediche e soprattutto difesa dalle bande 
jihadiste. Siamo 57 movimenti politici, ci siamo riuniti 
e abbiamo formato un Governo sul modello del Con-
federalismo democratico attraverso lo strumento di 
democrazia diretta. Un sistema amministrativo ba-
sato sulla “libertà democratica, ecologica e di gene-
re” come teorizzato nel 2005 dal nostro leader Oca-
lan (dal ’98 in isolamento nel carcere turco di Imrali, 
ndr). Il primo gennaio del 2014 abbiamo approvato 
una Carta Costituzionale che da uguale rappresen-
tanza a tutti i popoli presenti in Siria. Siamo convin-