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15 Febbraio 2019

Intervista a Gabriella Nisticò in occasione della presentazione dell'Archivio storico on line

La memoria delle donne nel web e l'accessibilitĂ  di un patrimonio storico preziosissimo come le edizioni di Noi Donne, a partire da quelle clandestine del 1944 e 1945

Una vita passata a 'scavare' nelle carte, concentrandosi soprattutto sui documenti della Resistenza e del dopoguerra. Prima di diventare presidente di Archivia nel 2009 - l'associazione che custodisce in una frequentata biblioteca presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma i documenti degli archivi e dei centri documentazione delle donne - Gabriella Nisticò ha lavorato all'Istituto Gramsci di Roma e all'INSMLI di Milano e poi alla Treccani. Un percorso professionale attraverso cui ha verificato l'assenza della voce delle donne e delle loro testimonianze nonostante i ruoli di primo piano che avevano svolto, per esempio, durante la Lotta di Liberazione. Le abbiamo rivolto alcune domande per meglio mettere a fuoco il senso e il valore di un patrimonio come quello dell'Archivio storico di NOIDONNE.

C'è, secondo te, un valore specifico dell'archivio di NOIDONNE e in particolare delle edizioni del 1944 e 1945 con cui si avvia la digitalizzazione dell'Archivio storico?
La collezione di Noi Donne è già nel cartaceo un patrimonio storico preziosissimo per la storia delle donne dal 1944 in poi, che acquista alta valorizzazione in questo fondamentale progetto digitale. Dai numeri clandestini emergono con assoluta chiarezza che nell'Italia occupata e anche a ridosso della Linea Gotica, dove il fronte è stato tragicamente fermo per molti mesi, a fianco e all'interno del movimento partigiano la presenza e la lotta delle donne nei paesi, nelle città e nelle campagne non si è mai fermata fino allo sfondamento del fronte nell'aprile 1945. I documenti clandestini sono un vero tam tam di chiamata alla lotta in tutta l'Italia occupata, le edizioni regionali dalla Toscana all'Emilia e Romagna, dalla Liguria al Piemonte, dalla Lombardia al Veneto, sino all'appello di incrementare le azioni per l'insurrezione "popolare". Dietro quei fogli i Gruppi di Difesa della Donna, nati nell'autunno 1943 poco dopo il costituirsi del movimento partigiano. In questi numeri clandestini, alcuni ciclostilati altri a stampa, troviamo le notizie più rilevanti della battaglia contro i nazifascisti, per la libertà, l'indipendenza e la democrazia e delle donne in particolare. Una scelta di notizie con una selezione quasi professionale di tutte le manifestazioni, gli scioperi e le azioni delle donne a sostegno della guerra partigiana nel territorio di appartenenza. Con l'omaggio alle "Nostre eroine" come, per esempio, alla gappista bolognese Irma Bandiera, torturata e assassinata dai nazifascisti il 16 agosto 1944. Quel che colpisce in tutte le edizioni regionali è l'attenzione che non vengano dimenticate nella chiamata alla lotta tutti i ceti e categorie di donne, operaie, contadine, impiegate, insegnanti, studentesse, intellettuali ecc. con brevi articoli mirati o addirittura rubriche. E anche una prefigurazione del futuro con voto alle donne e incarichi di governo, di cui c'era stata un'anticipazione con Gisella Floreanini nel governo della Repubblica dell'Ossola, zona libera partigiana nell'estate 1944. Senza tutto questo, raccontato fin troppo in sintesi, le donne non avrebbero acquisito il peso costituente nel dopoguerra.
Non meno importanti i numeri di Noi Donne nell'Italia liberata, sin dal primo della redazione di Napoli nel luglio 1944 che si configura come una vera rivista, ben impaginata, ottimamente costruita con copertina illustrata da una foto raffigurante una giovane donna con in braccio una grande nassa da pesca, disegni e foto nel testo, e un sommario ricchissimo già da edizione nazionale, da servizi sulle donne d'Italia e la lotta partigiana, lo sguardo internazionale sulle donne sovietiche a narrativa e poesia alla rubrica "la casa ed i bambini" sino alla chiusura con bozzetti dell'ultima moda che verranno sempre aggiornati nei numeri successivi. Da sottolineare però in 9a l'esordio della rubrica "Il nostro movimento" con la proposta politica: diritto di voto, diritti e cariche pubbliche e naturalmente in 2a l'editoriale "Il nostro compito" con le finalità di Noi Donne di vicinanza e sostegno a tutte le donne per costruire un mondo migliore ponendosi come punto di riferimento. E così è ancora.

Questi materiali interessano un pubblico piuttosto vasto ma, pensando alle giovani in particolare, che rapporto hanno con la memoria e con la sua conservazione?
È un problema di formazione. Nella Biblioteca di Archivia sono molte le giovani laureande o dottorande che perseguono il loro titolo di studio con tesi sulla Storia delle donne, sui movimenti femministi, sulla cultura di genere e quindi da noi arrivano avendo già compiuto una scelta. Magari non hanno le idee chiare su molte cose e da noi c'è chi è memoria storica e chi ha imparato a fare reference, che può indirizzarle. Dopo il periodo di studio e ricerca per le tesi, ritornano proprio perché si è loro chiarito il rapporto tra la memoria e la sua conservazione. Ma si tratta di tesiste in università dove è presente una o più cattedre di Storia delle donne. Diversa invece è l'esperienza con le scuole superiori. Le classi sono di solito pressoché digiune sia della storia dei movimenti sia semplicemente della Storia delle donne, perché i manuali tacciono o quasi sull'apporto di pensiero, di pratiche e di azioni delle donne. A meno che non abbiano avuto professoresse particolarmente impegnate, come per esempio Stefania Zambardino, nostra socia, che dà loro una formazione specifica. Il progetto NOIDONNE on line potrebbe essere un ottimo supporto alla didattica nelle scuole di ogni ordine e grado, così come vengono utilizzati, per le lezioni che le nostre socie tengono in molte scuole, sia la pennetta USB su Roma città delle donne e il sito/app Herstory, prodotti da Archivia con finanziamenti della Fondazione Roma e della Regione Lazio.
La situazione delle/gli studenti delle scuole medie è casuale e a macchia di leopardo. Sarebbe necessario un accordo tra MIUR ed editori degli scolastici per poter dare una svolta all'istruzione, dando prima di tutto la precedenza a una riscrittura della storia generale almeno dall'Unità d'Italia che tenga conto del contributo delle donne. C'è ormai una enorme produzione di studi che le nostre storiche hanno scritto, ora bisogna fare uno sforzo, molto difficile, di riunificazione storica anche con la problematicità che ne può emergere.
Ancora differente è il rapporto per le giovani professioniste e tirocinanti che hanno avuto una formazione sui beni culturali. Bibliotecarie e archiviste hanno gli strumenti culturali per l'approccio immediato al rapporto tra memoria storica e sua conservazione. Capiscono immediatamente l'importanza della documentazione storica delle donne e della sua salvaguardia e valorizzazione. Del resto, le compagne sopravvissute dei Gruppi di Difesa della Donna, in generale poco considerati nella documentazione partigiana, compresero subito che dovevano raccogliere documenti, giornali, volantini e quanto poteva legittimare la propria presenza e azione. Così è stato anche a fine guerra, l'UDI ebbe fretta di costituirsi e di iniziare a raccogliere tutto quel che significava la loro storia dal presente coevo in poi. Così come i movimenti femministi al loro esordio iniziarono a raccogliere la documentazione, perché il futuro non riservasse l'oblio del decennio dei diritti, delle nostre battaglie negli anni '70 del Novecento.

A tuo parere gli archivi delle donne sono adeguatamente valorizzati e percepiti come fonti originali dagli studiosi e dalle studiose oltre che dai sistemi archivistici esistenti?
A mio avviso, ancora c'è moltissimo da fare. Pochi anni fa, con l'UDI e il CIF avevamo pensato di lanciare un manifesto per la Rete degli archivi delle donne, tentando di accedere ai fondi dell'8x1000, sostenute da Marina Giannetto allora alla direzione dell'Istituto centrale per gli archivi (ICAR), ma la situazione, in periodo di piena crisi, non era evidentemente matura. Oggi, c'è una nuova possibilità che ci si presenta, il progetto di rete Lazio '900, promosso dalla DGA e Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio insieme alla Regione Lazio. Archivia ha aderito. Le politiche di valorizzazione di un archivio passano sempre da un momento di ordinamento e inventariazione prima di poter accedere al piano di consultabilità sul web. E i tempi sono più lunghi. Ma io credo che poter far accedere le/gli studiose/i a livello globale darebbero una forte spinta alla comprensione e alla riflessione, alla conoscenza di una documentazione storica preziosa delle donne. E le studiose straniere che spesso arrivano per studiare il femminismo italiano degli anni '70 ce ne danno atto. Purtroppo, il punctum dolens è sempre il finanziamento. Devo dire che in questi ultimi anni, le istituzioni si sono impegnate in tal senso, anche se i fondi per la cultura sono sempre risibili rispetto al patrimonio storico italiano, ma con un certo ottimismo, per l'interesse che gli archivi delle donne hanno suscitato nelle istituzioni, credo che qualche passo avanti lo abbiamo fatto e che continueremo a farne.


di Tiziana Bartolini



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