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Numero 3 del 2006

Libera di scegliere. Speciale 60 anni voto alle donne


Foto: Libera di scegliere. Speciale 60 anni voto alle donne
PAGINA 17

Testi pagina 17

noidonne marzo 2006
noidonne pag 17
La Rete nazionale dei Centri antivio-lenza si è data una 'Carta delle Linee
Guida' approvata e sottoscritta nel
corso dell'assemblea nazionale dello
scorso 22 gennaio che ha avuto luogo
nella casa Internazionale delle Donne, a
Roma. La Carta definisce significati e
contenuti cui un Centro specializzato
nella violenza alle donne, deve aderire
se vuole essere annoverato nella Rete
nazionale medesima. "Questa Carta -
leggiamo - vuole rappresentare il punto
di partenza per la condivisione di obiet-
tivi minimi comuni e principi metodolo-
gici dei Centri Antiviolenza e delle Case
delle Donne…Trovare quei punti che,
nel rispetto delle differenze, identifichi-
no alcune finalità e metodologie comuni
e condivise…pratiche politiche, obietti-
vi e principi, di metodologie d'acco-
glienza e di interventi e azioni nel
campo della violenza alle donne e ai
bambini/e". Resta da definire, tuttavia,
che cosa ha da intendersi, nel concreto,
con l'espressione 'centro antiviolenza'
dal momento che non c'è carta, docu-
mento, statuto, convenzione, protocol-
lo, insomma nulla su cui sia scritto
quali sono le caratteristiche strutturali
che deve avere un Centro antiviolenza.
Il che comporta che in teoria, qualunque
associazione può autodefinirsi centro
antiviolenza senza rischio di smentita
né di denunzia. In linea di massima,
tutte conveniamo sul fatto che un
Centro antiviolenza debba avere un
congruo organico di operatrici formate,
una congrua presenza (o collaborazione
esterna) di avvocate formate e di psico-
loghe formate nonché uno staff di esper-
te capaci a loro volta di trasmettere la
formazione alle nuove leve secondo il
principio della trasmissione dei saperi
delle donne da donna a donna (e quin-
di da Centro a Centro). Ma perchè tutto
questo abbia dignità di forma e di
sostanza, occorre che la Rete nazionale
esista sotto il profilo giuridico, cioè che
si dia uno statuto dove siano illustrati,
nero su bianco, i requisiti minimi neces-
sari perché un Centro antiviolenza
possa definirsi tale e in quanto tale esse-
re riconosciuto dalla Rete Nazionale dei
Centri. Assistiamo, invece, al proliferare
selvaggio di sedicenti Centri antiviolen-
za e, in più, al loro ingresso nella Rete
senza che nessuno abbia compito e
licenza di verificare se possiede i requi-
siti minimi per farne parte.
Di fatto, a stabilire che cos'è davvero
un Centro antiviolenza lo dicono le atti-
vità che concretamente e pubblicamente
svolge, il numero delle utenti, il loro
recupero, la loro soddisfazione, la loro
rinascita, la loro gratitudine, la loro
ritrovata dignità e serenità. A stabilire
se il Centro antiviolenza è all'altezza
della definizione e funziona come tale, è
lo staff di specialiste di cui dispone, la
credibilità che gode presso le istituzioni,
il cambiamento culturale che opera nel
territorio in cui si muove. Le sopracitate,
ottime linee-guida definiscono metodi e
obbiettivi, dando grande valore alla for-
mazione, ma nulla dicono a proposito
della idoneità delle operatrici che posso-
no anche avere una superspecialistica
formazione nazionale, internazionale e
planetaria ma non hanno alcuna attitu-
dine a relazionarsi con le altre donne.
Quale, dunque, il passo successivo della
Rete? Darsi un'altra Carta sulla defini-
zione di Centro antivolenza, cioè un'au-
toregolamentazione, altrimenti tanto
vale chiamarla non Rete, ma Club!
*Centro antiviolenza 'Le Nereidi',
Siracusa (tel. 0931 61366)
A tutte noi piace gustare le prelibatezze
regionali di cui è ricco il nostro Paese
acquistando prodotti Dop e Igp, ricono-
scibili dai consumatori per il relativo bol-
lino blu e giallo. Purtroppo, però, oggi come oggi, è sempre
più difficile sapere ciò che si mangia. Non basta, infatti, un
semplice bollino a garantirci sicurezza e qualità del prodotto,
in quanto molte delle specialità nostrane tipiche sono con-
traffatte poiché nella loro composizione sono molto lontane
dalla ricetta tradizionale che dovrebbe invece contraddistin-
guerle dai prodotti industriali. Olii toscani derivati da olive
della Tunisia o della Spagna o della Grecia; pasta e pane pro-
dotti con grano canadese con sostanze cancerogene, pecorino
e pomodori a marchio nazionale di origine cinese. E la lista
potrebbe continuare, se non ci soffermassimo sulla necessità
di avere a disposizione etichette chiare e trasparenti rispetto
ai componenti dei diversi alimenti. Nonostante il nostro Paese
si sia schierato a salvaguardia del Made in Italy creando a
Roma l'Associazione Italiana Consorzi indicazioni geografi-
che, l'Unione Europea ha ceduto alle richieste del Wto, che ha
una posizione meno restrittiva sui disciplinari di Dop e Igp, a
favore dell'industria alimentare e di quella parte della produ-
zione tesa a garantirsi più un reddito che la sicurezza dei con-
sumatori. Così adesso ci troviamo a mangiare cibi Dop e Igp
che in realtà non lo sono, a tutto danno dei sapori e degli
aromi peculiari di queste denominazioni. Gli ultimi casi in
ordine di tempo: il Castelmagno e il Bitto, formaggi tipici del
Nord Italia, che sono prodotti adesso da vacche alimentate a
foraggio secco, invece che fresco, poiché è stata autorizzato il
pascolo ad altitudini più basse rispetto al passato. Stessa ela-
sticità, per l'ottenimento del Dop da parte della mortadella di
Bologna, il cui disciplinare ammette l'uso di conservanti e
coloranti, glutammato e budelli sintetici; o del pomodoro
Pachino coltivato in serra invece che all'aperto; o della moz-
zarella di bufala prodotta con latte pastorizzato, invece che
fresco. Risultato: un danno per il palato dei consumatori che
non sanno più riconoscere i gusti dei prodotti della nostra cul-
tura e tradizione; un duro colpo per i produttori artigianali
sempre più nicchia e senza risorse e un business per l'industria
alimentare che vende etichette Dop e Igp, spacciando per pro-
dotti tipici quello che non lo sono più nella sostanza.
Viola Conti, Federconsumatori
Centro antiviolenza: chi è costui?
Fare rete
Raffaella Mauceri*
occorre uno statuto che regoli i requisiti minimi affinché il centro possa definirsi tale
D O N N E & C O N S U M I Prodotti tipici Una garanzia per i consumatori che rischia di scomparire


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