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Numero 4 del 1952

Noi Donne VII n.4 / Maria Maddalena Rossi racconta Dolores Ibarruri

La copertina dedicata alle protagoniste del Film di Luciano Emmer ”La ragazza di Piazza di Spagna”.
Un artcolo di Maria Maddalena Rossi racconta il gesto molto speciale di Dolores Ibarruri, nota come La Pasionaria, che volle donare a Firmina Marzi,la propria catenina d’oro come riconoscimento per aver raccolte migliaia di firme contro la bomba atomica, e che ancora nel tentativo di sensibilizzare dei generali americani contro la stessa bomba, fermando il loro mezzo, era stata messa sotto la macchina.
Articolo ricco e articolato di Fausata Terni Cialente sul processo alle donne di San Severo, dopo due anni di carcere ingiusto per aver partecipato ad uno sciopero a sostegno della denuncia per la morte di un operaio di Parma essendo state prese nella sede del sindacato e riparatesi a seguito di forti provocazioni fasciste.
La novella “Quando si ama” di O.Henry, la 28° puntata del ”Ritorno sul fiume“ di Lucia Ashley, la prima puntata della “Quinta Strada” di Luciana Peverelli, ”Celestina” è la novella di Silvana Cichi.
L’articolo di Ghita Marchi su “Orrori della società americana”.
La moda che sottolinea nuovi modelli che propongono abiti a giacca .
Anna Maria Ortese inviata a Palermo all’incontro con la delegazione sovietica e racconta l’incredibile successo e le emozioni suscitate dalla presenza dei dirigenti Berezin e Timoviev.
Proseguono i fotogrammi del Film di Jean Paul Le Chanois, alla terza puntata .
Marco Viane recensisce due film sovietici di successo: Un treno va in oriente / Uomini di successo.


Foto: Noi Donne VII n.4 / Maria Maddalena Rossi racconta Dolores Ibarruri
PAGINA 14

Testi pagina 14

Ritorno sul fiume, romanzo di Lucia Ashley
Riassunto delle puntate precedenti
Lida una ragazza diciottenne che si era smarrita da bambina durante un bombardamento aereo, è stata ritrovata dai suoi ricchissimi genitori, ed ha dovuto abbandonare la famiglia che l’aveva raccolta e trattata come una figliola: gente molto povera, che vive sulle sponde del Tevere nei baraccamenti degli sfollati a cui la giovanetta si è molto affezionata. La nuova vita le dispiace, è in disaccordo con la mentalità borghese dei genitori e si vede odiata dalla sorellina Dilly, invidiosa e cattiva. I veri genitori Elisabetta e Stefano, le impediscono di vedere la famiglia adottiva, e Cesare, un giovane e povero avvocato con il quale Lida è segretamente fidanzata Per salutare il suo ritorno ha luogo una grande festa, durante la quale Lida fa conoscenza con un nobile romano che le dimostra grande simpatia. Per farle dimenticare il passato, i genitori la mandano con una zia a S. Remo, dove viene a trovarla il giovane Maurizio Di Ruvo.
Ventottesima puntata
Quel breve dialogo lasciò Lida molto perplessa e turbata. La vecchia signora si accorse che era di umore più triste del solito e la interrogò: Lida disse la verità, c’era stato Maurizio di Ruvo a trovarla, ma tacque di quell’appuntamento clandestino.
— Sì, sì — disse la vecchia alzando le spalle lo conosco. E’ un mattacchione abbastanza simpatico, forse perchè è nobile ma un po' spiantato. Però si atteggia, per posa, a più povero di quanto non sia. Quei poveri lì hanno sempre qualche castello o qualche gioiello di famiglia in serbo da vendere...
Le due donne sedettero a tavola. Lida avrebbe voluto chiedere ancora di Maurizio, ma non osava:
— Mi sembra un giovane diverso dagli altri — osò. — Molto buono e comprensivo.
La vecchia mandò un fischio acuto:
— Buono? E chi può mai dire che cosa rappresenti la bontà in un giovanotto simile? Sì, non ammazza suo padre, e disprezza la gente di animo volgare. Ma ha un grave difetto, mia cara, che annulla, anzi che annega ogni qualità. Beve.
— Beve? — balbettò colpita, ferita, Lida.
— Non stupirti tanto. Bevono tutti, mascalzoncelli, ma in lui pare che il vizio sia atavico. Questa ultima nobiltà è piuttosto smidollata, bisogna proprio convenirne. Il bere è la tara minore che si può imputare a costoro. E' da ringraziare il cielo che Maurizio non abbia vizii ben più gravi.
— Beve! — ripetè come in una eco la giovinetta. — Tutti rimproveravano il mio povero babbo Pietro perchè alzava un po' il gomito. Bere un poco di vino era l’unica gioia che si poteva concedere, l’unico mezzo per dimenticare le sofferenze della sua vita. Ma perchè Maurizio di Ruvo deve bere?
— Chi io sa? Forse non lo sa nemmeno lui, mia cara. Ma — aggiunse, guardando di sottecchi la fanciulla è nel fondo, un buon ragazzo, un po’ diverso dagli altri, come dici tu. E può darsi che guarisca di questo vizio, sopra tutto se qualcuno si occuperà con un po’ d'affetto di lui. Tanto lui che suo fratello sono venuti su quasi completamente abbandonati a loro stessi: la loro madre, che era un'americana, li ha piantati che erano appena nati, e il padre, che è un vecchio matto, è sempre in giro per il mondo...
Quelle parole fecero bene al cuore della giovinetta e la decisero a non rinunciare a quell'appuntamento così strano.
Tuttavia, mentre seduta sul lettino della sua stanza, aspettava con pazienza che le ore trascorressero, pensò con accorata e struggente nostalgia a Cesare. Perchè l'aveva abbandonata? Perchè non aveva capito che proprio nel momento in cui la credeva sistemata felicemente, lei aveva avuto tanto bisogno di lui?
«Non ha avuto fede in me: non mi voleva abbastanza bene», concluse con amarezza. Ora le dava sollievo pensare di poter essere utile a qualcuno. Maurizio era stato solo, fin dall’infanzia, abbandonato a sè stesso: per questo l’aveva capita: e per questo ella era contenta se pensava di potergli offrire un poco di tenerezza.
Mezzanotte suonò. Maurizio che aveva promesso di lasciare la festa per tempo non era ancora giunto. La giovinetta si buttò un soprabito sulle spalle e scese cauta in giardino. La zia Morgari dormiva già da un pezzo e non si sarebbe svegliata nemmeno per il terremoto, sebbene sostenesse di soffrire di insonnia. Il giardino era così bianco e fulgente di luna che ci si vedeva, come in pieno giorno: il mondo intero in quella trasparente e lucida luce sembrava fantastico come un mondo da fiaba. La giovinetta si perdette nella contemplazione di quello spettacolo incantato, con un rapimento che la esaltò. Si scosse soltanto quando sentì suonare la una, e già stava per rientrare in camera, amaramente delusa, quando sentì il rumore di un automobile che si fermava davanti al cancello e vide Maurizio che balzava a terra.
— Hallo — la chiamò sommessamente — vieni ad aprirmi, piccola.
— E’ aperto — ella sussurrò — il cancello è socchiuso...
Maurizio rise in un modo un po’ strano: — Ne sei sicura? Io non riesco ad entrare lo stesso. Dove comincia e dove finisce, questo cancello?
Lida si avvicinò e lo socchiuse un poco di più lei stessa.
— Fa piano — raccomandò — la zia dorme. Devi rimanere soltanto pochi minuti, in punizione di essere venuto troppo tardi. Ho già preso parecchio freddo per aspettarti.
Maurizio era in smoking e il suo fiato sapeva di alcool. Lida capì che era un poco brillo anche perchè farfugliava le parole: invece di provare disgusto, tuttavia, provò un senso di pietà. Del resto, Maurizio le domandò scusa, come un bambino pentito, confessando la verità.
— Sarei venuto prima... ma quegli sciocchi mi hanno fatto bere: anche mio fratello. Non so come succeda. Una volta bevevo come una spugna e stavo egualmente in piedi sopra una gamba sola: adesso, basta che beva una goccia, subito sono a terra. Devo essere un po’ malato.
— Sei troppo giovane per bere tanto — disse Lida con severità — non ti vorrò frequentare più, se lo farai un’altra volta. La sera che sei venuto alla mia festa hai chiesto soltanto un’aranciata: me lo ricordo, sai?
— D’ora in poi chiederò soltanto aranciate, per farti piacere. Mio Dio, che fatica rintracciare questa casa: era come perdersi in un labirinto d’argento. Dovevo dirti una cosa importantissima...
Si passò una mano sugli occhi con gesto impacciato: — Il guaio è che non la ricordo più... Non so come sia, ma questa sera vedo due lune...
— Eppure quella che c’è è più che sufficiente — disse la giovinetta, che provava in quel momento voglia di ridere e di piangere insieme. — Se facciamo piano, possiamo entrare in cucina ed io preparerò un caffè, per tentar di sopprimere una luna.
Lo prese per mano, per guidarlo, e, come se quel contatto lieve lo avesse improvvisamente risvegliato, il giovane esclamò:
— Maria Adelaide, so benissimo perchè sono venuto qui, e qual’è la cosa importante che dovevo dirti. Mi vuoi sposare?
La fanciulla rimase un attimo interdetta, smarrita, senza sapere se dover dare importanza a quelle parole o riderne. Mormorò:
— Maurizio, tu mi dici queste... sciocchezze perchè sci molto ubbriaco. Domani, non te ne ricorderai nemmeno più.
— Vedo che tu hai una curiosa opinione del mio stato d’animo. Forse barcollo, ma sono lucidissimo di mente, e quello che ti ho detto questa sera, te lo avrei detto anche la prima sera in cui ci siamo veduti, tanto la tua bellezza e la tua grazia mi hanno colpita. Soltanto... allora, non potevo...
— Perchè non potevi? — mormorò Maria Adelaide, fingendosi tranquilla, sebbene fosse sconvolta.
— Perchè... perchè... Ora ti spiego. Vieni, siediti su questa panchina sotto la luna. E’ meraviglioso: non mi sono mai sentito tanto felice in vita mia. Noi siamo come Tristano e Isotta. Ma no, che dico? Tristano e Isotta furono infelicissimi: noi invece vivremo a lungo e felici, come nelle fiabe. Vedi, mio fratello non approva la mia passione per i problemi sociali. Lui è stanco di mantenermi. Cosicché ha deciso di rimandarmi a casa, nelle tenute, dove abbiamo il nostro castellaccio, e mi impone di sbrigarmela io stesso con tutti i problemi inerenti alla faccenda delle terre ai contadini, delle nuove tasse etc.. Lui pensa che me la caverò benissimo e che almeno servirò a qualcosa. Servirò a lui, principalmente. Non posso rifiutarmi, capisci? Debbo accettare, è una specie di sfida che mi lancia e io la voglio raccogliere.
S'interruppe un momento e guardò Maria Adelaide con aria estasiata.
— Quanto sei carina mentre mi ascolti così gravemente, con l’aria di prendermi tanto sul serio.
— Non parli sul serio, forse? — la piccola domandò con aria molto preoccupata.
— Certo che parlo sul serio. Purtroppo questo è il discorso più serio che abbia mai fatto in vita mia. E il seguito ti deve interessare particolarmente. Non vorrai lasciarmi andare solo laggiù, vero? Sarebbe come condannarmi all’esilio. Nel castellaccio non si sta malissimo, non manca qualche comfort, ma appena fuori, pecore e capre, capre e mucche, non è proprio quello che si dice un luogo piacevole. Ma con te, tutto mi sembrerà bello, ne sono sicuro, tu con i tuoi occhioni curiosi e meravigliati, troverai tutto bello... e io vedrò ogni cosa traverso le tue pupille».
— Ma allora... — ella mormorò, commossa — tu parli proprio sul serio? Non ti fai beffe di me? Io non domando di meglio che andarmene da Roma, e avere qualcosa da fare, qualcuno a cui dedicarmi... e che mi voglia bene».
Ma subito sembrò pentita di quello slancio di fiducioso abbandono ed esclamò: — Che sciocca sono! Non penso che tu parli in istato di esaltazione, senza riflettere che tuo fratello si opporrà forse a queste nozze...
Opporsi? E perchè, tesoro mio? Non vede l’ora di sapermi accasato e tranquillo: tu hai un bellissimo nome, dei parenti molto rispettabili, sebbene la loro nobiltà sia leggermente fasulla e recente, e nel fondo siano rimasti atrocemente borghesi. E tu — questo, bada bene, conta soltanto agli occhi di mio fratello, perchè io me ne infischio altamente — tu hai anche una buona dote. Non potrebbe desiderare di più! Altro che opporsi!
— Ma... il mio passato?
Maurizio rise di cuore: — Il tuo passato! A sentirti dire così uno crederebbe che hai condotto una vita scandalosi o che hai ammazzato qualcuno. Sentì, tesoro, può darsi che tu abbia visto molte, troppe cose, nel mondo in cui sci vissuta, ma non ti hanno nemmeno sfiorato l’orlo della gonna, grazie al cielo. Basta guar-

Operaie parlateci di voi!
3000 lire di premio ai racconti che saranno pubblicati su “Noi Donne”!
Donne operaie, che cosa pensate quando ricevete la vostra busta-paga? Donne lavoratrici di ogni categoria, come sentite pesare sul bilancio della vostra famiglia la differenza del vostro salario con quello dell'uomo?
Operaie capi-famiglia, che dovete mantenere voi stesse e i figli con il vostro guadagno, quale è la vostra vita in fabbrica e in casa? La questione tanto attuale della sperequazione fra i salari femminili e quelli maschili, la lotta che impegna oggi le lavoratrici italiane per il rispetto dell’articolo 37 della Costituzione, ci ha dato lo spunto per un’iniziativa che avrà certamente successo. Invitiamo tutte le nostre lettrici, operaie e lavoratrici, a raccontarci la loro vita in fabbrica e in casa, a descrivere la loro giornata di lavoro, le dure ore di fatica accanto alle macchine e fra le pareti domestiche.
Una giuria di cui fanno parte la Presidente dell’U.D.I., on. Μ. M. Rossi, l’on. Adele Bei del Sindacato Nazionale delle Tabacchine, l’on. Teresa Noce della F.I.O.T., la direttrice di «Noi Donne» M. A. Macciocchi e Rina Picolato della Commissione Femminile della C.G.I.L., giudicherà i racconti, che non dovranno superare le quattro pagine.
OPERAIE, LAVORANTI A DOMICILIO, DONNE LAVORATRICI DI OGNI CATEGORIA, la Giuria è in attesa! 3.000 LIRE DI PREMIO a ogni lavoratrice che meglio avrà descritto la sua condizione di donna che lavora, che meglio avrà saputo farsi eco delle aspirazioni, della volontà di lotta della massa operaia femminile.


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