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Numero 12 del 2006

Letterina di Natale dai 4 milioni delle primarie


Foto: Letterina di Natale dai 4 milioni delle primarie
PAGINA 46

Testi pagina 46

La dolce manodopera”, pubblicata daMoretti & Vitali, è la raccolta di
esordio di Annalisa Manstretta. L'autri-
ce è nata a Stradella, nell'Oltrepò Pave-
se nel 1968 e insegna
lettere a Milano. Dal
1997 al 2005 è stata
redattrice della rivista
"La Mosca di Milano"
e ha pubblicato la
plaquette "Viaggi"
(Lietocolle Libri,
2000). Una selezione
tratta da "La dolce
manodopera", con la
prefazione di Umber-
to Fiori, è inclusa in
"Poesia contempora-
nea, VIII quaderno
italiano" a cura di
Franco Buffoni (Mar-
cos y Marcos, 2004).
È stata tra i sette vincitori del Premio
Montale Europa 2004 per la sezione
inediti. Ha vinto il Premio DeltaPOe-
sia edizione 2006 nella sezione Ope-
ra prima. "La dolce manodopera" ha
vinto la quarta edizione del Premio
Orta - San Giulio, sezione opera pri-
ma.
Le poesie di Annalisa Manstretta
rivelano un'insolita acutezza dello
sguardo. Si tratta di uno sguardo
contadino e profondo, capace di co-
gliere in un dettaglio l'immagine del
cosmo, nel modo di sedersi la com-
plessità di una persona, nel modo di
disporre gli oggetti la sua vocazione più
essenziale. Lo sguardo di Annalisa
Manstretta è in grado di cogliere un sen-
so nelle piccole cose, negli interni di una
casa come nell'esterno di un paesaggio,
il paesaggio lombardo. La pianura pa-
dana, l'alternanza di dolci colline fino
ai picchi gelati e duri delle montagne al-
pine, entrano prepotenti nel libro e si
fanno misura della storia personale co-
me della Storia, nella quale popoli e cul-
ture si sono sovrapposti sulla pianura
come pennellate su una tela. La natura
stessa ne viene modifica, adattandosi ai
mutamenti del tempo, fino a comporre
un quadro minuziosamente declinato in
versi. In questo libro d'esordio si riscon-
tra un raro esempio di poesia della na-
tura: un mondo rurale di campi e argi-
ni, raccolti e fiere di paese, un'energia
degli elementi respira in questi versi
esatti, intrecciati a un solido e concreto
pensiero. È questa una poesia asciutta,
fatta di gesti precisi, capaci di pulire e
asciugare i versi, dando valore e signifi-
cato al linguaggio senza inutili sprechi
verbali. Ne emerge un respiro dai ritmi
cadenzati come l'alternarsi delle stagio-
ni, a volte dolce e fresco, a volte secco e
freddo come l'inverno alpino. Nelle poe-
sie che compongono "La dolce manodo-
pera" si rivelano nessi inconsueti e al
tempo stesso semplicissimi: e così appa-
recchiare la tavola è come apprestarsi
alla vita, nei giochi di luce sul soffitto
scorrono i volti dell'universo; tende e ar-
madi, lenzuola e cassetti svelano l'ani-
ma, secondo misteriose regole di affini-
tà. Vigne, salici e pioppeti sono dentro
di noi e gli animali delle colline e delle
montagne ci svelano parti antiche del
nostro essere. Si ricompone così un qua-
dro che svela l'essenza dell'essere, l'ap-
partenenza ad un contesto naturale do-
ve il sentimento e il coraggio dell'esi-
stenza trovano un loro posto nonostan-
te le disumanizzazioni della civiltà con-
temporanea.
dicembre 2006 noidonne46
La parola naturale
Poesia / Annalisa Manstretta
Luca Benassi
Nelle terre che conoscevi
ti muovevi snello, carezzato dalle tue abitudini
con la naturalezza di un villaggio
che ha con sé il suo dintorno
cerchi concentrici di campi
prati e più lontano il bosco.
E mi guardavi per figurazioni ingenue e immaginose
come se l'unico ambiente terrestre
fosse quello della tua esperienza
o come gli antichi guardavano
nere isole che formano i venti
terre di rifugio per uccelli migratori.
Insomma mi accoglievi nella mappa per curiosità
Tra le terre che si lasciano ai bordi.
Con frantoi, rastrelli e forche
va un inverno radunando il corredo
svuotando stanze (bastano pochi trattori).
Guarda il nuovo arredo delle mie cantine
gli avamposti del sole, vigneti vasti
il mio lavello come luogo di raccolta.
Oggi le ultime scorie viaggiano via
I miei margini verdi vi crescono
cambiano inclinazione
in una loro primavera sterminata.
In che modo abbiamo finito
di andare come circonvallazioni
dove camminando dicevo: "Vado
per i tuoi quartieri ordinati,
so che ospiti il tempo, seduto
sulle banchine per la deposizione
delle offerte" e mi sedevo
invece fuori dalle mura
come a volte le chiese medioevali.
Poi la nostra voce si è chiusa
negli spazi e nei tempi dei gesti
e ora raccontiamo col suono
dei passi nella stanza
o col modo che abbiamo di stare seduti.
Succede così: attraversiamo i giorni
lasciandoci addosso le impronte
nessuno le spolvera.
Si arriva in silenzio
talvolta toccando con le mani sulle pareti
trovando a tentoni le porte che girano
premendo maniglie che cedono
a camminare tranquilli nel buio di una casa,
a sentire addosso, come un cucciolo buono,
il volume di ogni stanza.
Oggi so camminare di notte in tre case diverse
ho conquistato ormai lo spazio che compete
a una donna di trent'anni

uno sguardo contadino
e profondo, capace di cogliere
in un dettaglio l'immagine
del cosmo


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