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Numero 3 del 2006

Libera di scegliere. Speciale 60 anni voto alle donne


Foto: Libera di scegliere. Speciale 60 anni voto alle donne
PAGINA 13

Testi pagina 13

noidonne marzo 2006
noidonne pag 13
Da l l ' A m e r i c aLatina vengono
notizie.
Certamente inte-
ressanti per la poli-
tica internazionale,
perché per la prima
volta qualche gioco
si sta rovesciando a
favore dei popoli e
non solo dei poteri forti. Ma anche in
modo favorevole per le donne?
L'estendersi della democrazia è sempre e
comunque un beneficio; se la democra-
zia favorirà la caduta del sessismo e del
pensiero unico si vedrà. Ma, come sem-
pre, bisognerà che la cultura femminile,
sicuramente forte nel continente, possa
imporsi, a partire dai luoghi in cui la
democrazia assume il volto di una
donna. In Cile, in particolare, in un
paese di tradizione machista, fa sogna-
re la vittoria della Bachelet; ma anche
in Argentina, non solo la presenza di
molte ministre, ma il fatto che Cristina
Kirchner non sia la first Lady tradizio-
nale, la moglie del Presidente, ma la sua
consigliera delle scelte politiche lascia
bene sperare nel cambiamento del
costume.
Guai, comunque, ad illudersi. Le rego-
le dei governi, delle strategie economi-
che, delle normative sono ancora e
ovunque quelle della logica neutra che
non diventano "differenti" solo perché al
potere c'è qualche donna. Occorrerà,
ancora una volta, dare forza dal basso
(ovunque). Un segnale sembra partico-
larmente rilevante. Il 26 gennaio, infat-
ti, sono finite le "marchas de resistencia"
per chiedere giustizia.
Tutte conosciamo la storia delle
"madri di Piazza di Maggio", le locas, le
"pazze" che hanno costruito una delle
pagine più importanti della storia poli-
tica delle donne nella modernità.
Quando in Argentina c'era la dittatura e
i cittadini ritenuti pericolosi perché sin-
dacalisti, perché intellettuali, perché
non affidabili per il regime venivano
rapiti e fatti sparire, le mogli, le madri,
le figlie, e sorelle dei desaparecidos,
andando alla polizia per chiedere conto
e ricevendo risposte dilatorie ("faremo
indagini") e, poi, insultanti ("non si
preoccupi, sarà fuggito con una
donna"), conobbero le storie reciproca-
mente comuni e diedero forma e vita
alla più importante resistenza nonvio-
lenta della storia contemporanea. Tutta
femminile, nell'invenzione e nella prassi.
Decisero, infatti, di trovarsi ogni giovedì
in Plaza de Mayo, la più importante di
Buenos Aires, con un fazzoletto bianco
in testa e un cartello con il nome del loro
congiunto in mano. Erano donne inermi
e nessuno poteva fare altra ritorsione
che denigrarle come pazze: intanto
diventavano visibili e la loro resistenza
veniva conosciuta anche all'estero.
Così molte, che venivano direttamen-
te dal chiuso della vita domestica e
spesso avevano
sconsigliato i loro
uomini dall'iscri-
versi al sindacato
o dal manifestare
dissenso, si trasfor-
marono nelle prin-
cipali avversarie
del regime.
Dalle faccende
domestiche di una
qualunque casa
privata arrivaro-
no, senza altra
mediazione che
non fosse la forza
della coscienza,
alla tribuna della
Commissione per i
Diritti umani dell'Onu e ai governi dei
paesi democratici.
Le abbiamo conosciute. Molte di noi
hanno seguito, dopo il ritorno
dell'Argentina alla democrazia, la loro
nuova resistenza: ci furono divisioni tra
le moderate e quelle che avevano scelto
il radicalismo dei loro uomini; alcune,
che sapevano di essere nonne di ragazzi
nati in carcere dalle loro figlie e nuore e
adottati dagli assassini delle madri
naturali, si dedicarono alla ricerca dei
nipoti e, divenute le "abuelas", recupera-
rono a sé molti giovani ignari delle loro
origini oppure li persero definitivamente
per il rifiuto di chi non poteva sopporta-
re tanta lacerazione.
Le abbiamo incontrate in particolare
negli ultimi anni in Italia, quando ven-
nero a testimoniare al processo contro i
persecutori dei desaparecidos di origine
italiana, a favore dei quali il Governo
Prodi assunse la parte civile.
Ma le più ostinate, guidate da Hebe
de Bonafini, che oggi ha settantasette
anni ed è stata sempre la più esposta di
quante, anche nella ripristinata demo-
crazia - che fu resa difficile dalla storia
particolare di un paese che aveva alle
spalle il populismo del partito peronista
che albergava al suo interno sia l'estre-
ma destra sia l'estrema sinistra e una
chiesa cattolica che non aveva rivendi-
cato il martirio di un suo vescovo ucci-
so dal regime - non si sentivano a loro
agio e rifiutavano di porre fine all'oppo-
sizione "resistente" fino all'ottenimento
della giustizia. Finché non ci fosse stata
verità, restava valido il motto del loro
cuore: "reaparezcan con vida", oltre
ogni ragionevole speranza. Adesso -
dice Hebe - "il nemico non è più al gover-
no, ora si trova nelle multinazionali. E'
arrivato il momento di costruire".
Ottima cosa per la politica generale. Ma
il movimento delle "madri", che aveva
perduto molto della sua caratteristica di
genere non nella visibilità dei corpi, ma
nei contenuti delle manifestazioni e
delle marce, come entrerà nel gioco poli-
tico? Sarà certamente una forza critica e
indipendente, ma quanto influente per
tutte le altre donne?
E, soprattutto, quanto resteranno
espressione del genere escluso fino ad
oggi da tutte i poteri perché denegato,
ma anche perché incompatibile con
"questi" poteri? Sono interrogativi che ci
poniamo non solo pensando
all'Argentina.
Ora il nemico sono le multinazionali
Argentina
Giancarla Codrignani
da Plaza de Mayo alla politica attiva le donne possono fare la differenza nel governo


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