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Numero 3 del 2007

Mimosa e non solo


Foto: Mimosa e non solo
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La graduatoria generale delle prime 10 nazionali-
tà presenti nel nostro Paese vede un netto predomi-
nio delle Ucraine e delle Rumene (48,3% delle rego-
larizzate), seguite dalle moldave.
L'aumento della immigrazione dai paesi dell'Est
europeo nel periodo cha va dal 2002 al 2003 è stato
del 754%. Le dimensioni del fenomeno nel sommer-
so registrano comunque oggi di nuovo, una presen-
za altissima di curanti straniere senza permesso di
soggiorno in quanto la regolarizzazione ha sanato
solo quel periodo lasciando pressoché inalterate le
quote dei flussi migratori, ad eccezione dell'ultimo
decreto del 2006 (15.000) che comunque non ha in-
ciso significativamente sul problema. Si ritiene che
oggi, in base ad alcune ricerche, non abbiano il per-
messo di soggiorno: il 77% delle assistenti familiari
straniere (Censis); il 43% delle assistenti familiari
straniere (Fondazione Andolfi). In sostanza tutte le
stime coincidono, comunque, nel ritenere che le as-
sistenti straniere non siano meno di 500.000 e in
ogni Regione o zona la loro consistenza quantitativa
supera di gran lunga gli investimenti dei servizi loca-
li in atto sul versante della Assistenza domiciliare
Il profilo delle assistenti familiari straniere può es-
sere diviso in tre categorie: le donne anziane, le don-
ne giovani e le migranti pendolari.
Le donne più anziane (le più numerose) che per
prime nel 2000 hanno affrontato il percorso migra-
torio, hanno un età compresa tra i 40 e i 55 anni;
possiedono un buon titolo di studio - tra loro ci so-
no moltissime diplomate e molte laureate - e una
professionalità ben definita in cui si identificano e
che hanno esercitato fino al 1990/91 con esperienze
di lavoro strutturato e di immigrazione. In genere so-
no sposate, con figli grandicelli; molte sono separa-
te o con matrimoni fragili da cui intendono prendere
le distanze utilizzando a tale scopo anche la scelta
migratoria. Hanno, Infine, un progetto di guadagno
con il massimo risparmio che considera le esigenze
della famiglia allargata e che prevede un ritorno pro-
grammato.
Le donne più giovani che si stanno presentando
dal 2002, hanno un'età che va dai 23 ai 33 anni, fre-
sche di studi, spesso interrotti dopo il diploma, so-
no in genere nubili o già separate. con figli piccoli
che vengono curati da parenti e con progetti matri-
moniali di radicamento sociale e di non ritorno.
Le migranti pendolari, sostanzialmente le polac-
che, sono donne di varie età e scolarizzate che go-
dono di una legislazione particolare in grado di con-
sentire interessanti strategie di conciliazione in base
a cui sulla stessa situazione di cura si possono alter-
nare, nell'anno, due figure curanti in una ottica di
mini-impresa (in genere amiche fra loro o della stes-
sa famiglia).
Analizzando il contesto di provenienza delle don-
ne ucraine e moldave possiamo constatare che mol-
te di loro hanno lavorato nei Kolkotz, hanno vissuto
nelle case "di fabbrica" in convivenze collettive; han-
no fatto l'esperienza del regime sovietico (studio, la-
voro e servizi per tutti ma senza libertà) e l'esperien-
za della perestroika (libertà ma crollo economico,
mafia, lavoro di spaccio). Tante hanno vissuto il
dramma di Cernobil dell'86 di cui hanno conosciuto
le caratteristiche contaminanti solo dopo un mese
(1600 agglomerati urbani sotterrati, 1.500.000 abi-
tanti coinvolti, 15% delle zone agricole contaminate)
mentre i loro padri o zii hanno vissuto la grande ca-
restia del 1932/33 (6 milioni di morti) e l'esperienza
dei gulag da cui molti non sono tornati. Per la prima
volta affrontano questa dura esperienza della migra-
zione di massa al posto degli uomini: un vero e pro-
prio esodo con conseguenze psico-sociali pesantis-
sime, tenute a bada da rapporti telefonici e da pul-
mini itineranti (nella sola regione della Bucovina ol-
tre 2mila pulmini fanno la spola settimanale con
l'Europa di cui 700 con l'Italia).
Per quanto non "nostrane", le "badanti" sono ap-
prezzate comunque perché hanno la pelle bianca,
quindi in qualche modo europee e perciò più vicine a
noi per cultura e stili di vita rispetto alle donne che
arrivano dal Sud del mondo. Sono poi in grado di me-
glio orientarsi rispetto alle nostre esigenze; sono in
genere ben curate, ben scolarizzate e diverse pro-
vengono da professioni parasanitarie quindi già
orientate all'assistenza.
I passaggi critici connessi al
lavoro di cura da “badante”
La decisione di partire e gli ingaggi in loco
La separazione dalla famiglia ma soprattutto
lo strazio del distacco dai figli piccoli gestiti
per telefono
Un viaggio da strozzinaggio (specie se
clandestine) con pulmini molto "polivalenti"
L'arrivo nei nostri territori e il dramma della
lingua
Il ruolo ambiguo delle "badanti anziane"
connazionali che sistemano a pagamento
L'esperienza della solitudine, dello straniamento
e della povertà estrema che incontra l'assistenza
locale gestita in genere dalla Caritas in un
contesto di umiliazione
Il muoversi nei territori da invisibili e senza
nessun luogo proprio
L'arrivo nella nuova famiglia e l'esame di
competenza da superare
La voglia di tenerezza e di un affetto e il
problema della lealtà coniugale


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