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Numero 1 del 2007

Che sia un anno di PACS


Foto: Che sia un anno di PACS
PAGINA 42

Testi pagina 42

gennaio 2007 noidonne42
Rappresentato al Piccolo Teatro Eliseodi Roma, in una serata unica a in-
gresso libero, lo spettacolo della versati-
le regista e autrice teatrale Maria Inver-
si ha riscosso il tutto esaurito, sforando
anche la capienza disponibile. In scena
il monologo di una donna che, avendo
perso la memoria a causa delle violenze
subite, ha però il coraggio di guardare
in profondità dentro di sé e di far ri-
emergere un drammatico vissuto di vio-
lenza e sofferenza che l'aiuterà a ritro-
varsi. Lo spettacolo, dal titolo emble-
matico: "Io no. Dio conta le lacrime del-
le donne", ha ricevuto la menzione spe-
ciale drammaturgia del Premio Flaiano
2000 ed Aquilegia Blu (Torino, 2000),
nonché il primo premio "Piceno" nel
2003. La proposta di questo lavoro ha
rappresentato anche un contributo cul-
turale e politico alle mobilitazioni ed al
dibattito sviluppatisi negli ultimi mesi
sul tema della violenza ad opera del
Coordinamento delle parlamentari di
Rifondazione Comunista, in contempo-
ranea con analoghe iniziative a Berlino,
Atene, Madrid ed altre città europee.
Abbiamo chiesto a Maria Inversi di rac-
contare alle lettrici di Noidonne il signi-
ficato di questo spettacolo e del suo la-
voro di autrice teatrale, anche in rela-
zione con la sua storia umana e artisti-
ca.
Com'è nata la sua ricerca artistica
ed esistenziale sulle donne?
Ho iniziato come attrice ed ho lavo-
rato per anni in Italia, poi sono andata
in Francia dove ho studiato teatro alla
Sorbonne, danza e acrobatica, fino al
primo lavoro di scrittura teatrale. Lo
stimolo della mia ricerca è un percorso
nato fra me e me e la società, in manie-
ra indipendente rispetto al percorso fat-
to dalle femministe in quegli anni. Mi
sono resa poi conto che i risultati rag-
giunti da quel movimento e dalla mia
ricerca in realtà coincidevano. Ho ini-
ziato a scrivere per portare fuori i pen-
sieri delle donne, le donne avevano bi-
sogno di parole, di spazi in cui espri-
merle, i miei spettacoli necessitano in-
fatti di ampi spazi che assicurino un
buon respiro teatrale. C'era bisogno di
ridare la parola alle donne ed i miei pri-
mi spettacoli sono stati molto criticati
per questo: un tempo venivano solo le
donne a vedere i miei lavori in teatro
ma poi, col tempo, le cose sono cambia-
te, ci sono molti uomini sinceri che han-
no voglia di riflettere su certi temi ed
anche io ho fatto un grosso lavoro su me
stessa, costruendo differenti equilibri.
Comunque scrivo perché voglio servire
le donne, la loro causa, e voglio "resti-
tuire" tutta la speculazione che ho fatto
nel mio percorso. La donna parte da sé
stessa e si racconta come vuole, quando
vuole ed io voglio restituire alle donne
questo immaginario molto forte acquisi-
to attraverso l'esperienza artistica.
L'identità e la violenza sono al cen-
tro del tuo spettacolo "Io no. Dio
conta le lacrime delle donne". Da
dove ha origine l'idea e perché que-
sto titolo?
Nasce dall'esperienza del timore, del-
la paura e dalla consapevolezza della
differenza. Io personalmente non ho mai
subito una violenza in senso stretto ma
ogni donna sa che esistono molti modi
per subire violenza. Inoltre alcune ami-
che mi hanno raccontato le loro dram-
matiche storie. Ho deciso di realizzare
uno spettacolo e di far partire la mia
narrazione teatrale da uno stato di
shock, da un trauma che ha portato una
donna alla perdita della memoria. Poi,
a poco a poco, la protagonista, attra-
verso ricordi, immagini e frammenti di
un diario, ricostruisce gli eventi. E' qui
che si parla di un'altra donna, anch'es-
sa vittima di terribili abusi, e la prota-
gonista inizia a ripetere "io no", e il sen-
so profondo di questa espressione le da-
rà la forza di andare avanti. Ho pensa-
to all'invenzione di una donna che per-
de l'identità perché il senso della perdi-
ta riguarda tante donne e, in generale,
molte persone. Per questo lo spettacolo,
che per il carattere stesso del tema non
ha alcuna connotazione geografica,
vuole avere un senso universale, come il
teatro in genere dovrebbe fare, offrire
contenuti universali. La seconda parte
del titolo è un verso del Talmud ebraico
ed mi sembrava che, insieme all' "io no",
questa frase avrebbe reso bene gli aspet-
ti principali dello spettacolo.
L'Associazione culturale "Alfabeti
Comuni", alla quale ha dato vita con
altre donne, si batte per promuovere
l'arte femminile: pensa ci sia atten-
zione da parte delle istituzioni in
questo senso?
L'Associazione s'ispira alla scrittura
o riscrittura di figure femminili le quali,
nel momento in cui sono state rappre-
sentate, erano completamente scono-
sciute al pubblico teatrale, sottratte all'
immaginario maschile che ha storica-
mente collocato la donna nell'estrema
fragilità o nell'estrema negatività. Nella
scrittura e negli allestimenti dai lin-
Speculazione filosofica
e teatro al femminile
Intervista a Maria Inversi
Elisabetta Colla


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