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Numero 2 del 2007

Famiglia allargata e in evoluzione


Foto: Famiglia allargata e in evoluzione
PAGINA 15

Testi pagina 15

il mio mondo cambiò; mi prese per i
polsi e mi spinse a terra, si mise sopra di
me e, mentre con il corpo mi teneva
bloccata a terra, cercava di aprire la
cerniera dei pantaloni; io lo colpii, gli
affondai le unghie nella pelle, ma anche
se cercavo di alzarmi lui non allentava
la presa, anzi sembrava che più io mi
opponessi più lui si sentisse autorizzato
a fare quello che voleva.
Non ero mai stata con un uomo, era
la prima volta che accadeva e sentivo
un gran dolore dentro e nell'anima. Non
so quanto tempo sia durato, so soltanto
che per me sembrava non dover finire
mai. Una cosa a cui ho pensato solo do-
po è stato che non ho urlato…se avessi
cercato di attirare l'attenzione…magari
sarei riuscita ad evitarlo. Non lo so; lui
me lo disse, rivestendosi, "nessuno ti cre-
derà". Non sapete quanto era stato stu-
pido. Non aveva usato il precauzioni,
ed io aspettavo un bambino da lui; ave-
vo mille dubbi e forse il piccolo lo ave-
va compreso, aveva sentito il mio dolo-
re. Perché al terzo mese ha deciso di to-
gliere il disturbo; fu un aborto sponta-
neo, ma io non avrei mai fatto quella
scelta, non avrei voluto che questo ac-
cadesse. Ora, otto anni dopo, a 24 anni
non sono ancora riuscita a superare
quello che è accaduto. Le mie storie
hanno come una scadenza: all'inizio
appaio dura e sicura, riesco a conqui-
stare chi mi interessa. Ma poi, quando
apro loro il mio cuore, quando penso di
essere al sicuro e di potermi lasciare an-
dare, è allora che tutto finisce e mi ri-
trovo sola.
Ma questo non mi ha distrutto, anzi
mi ha fatto capire che devo andare oltre
i miei limiti, che non devo aspettare che
arrivi qualcuno a sostenermi, a ridarmi
la serenità, che devo essere io ad avere
il coraggio di guardare l'orizzonte, a ri-
trovare la forza di lottare per ridare sen-
so alla mia vita. Per avere il coraggio, e
non solo la forza, di alzarmi ogni gior-
no la mattina, di uscire da una cappa
soffocante che mi impediva di vedere,
respirare, sentire…che rendeva tutto
ovattato…come in un crudele incubo, e
di ricominciare ad esistere.
Dovevo vivere non soltanto per so-
pravvivere. Ed è quello che ho fatto: ho
stretto i denti, ho squarciato il velo e so-
no andata oltre il buio, ho recuperato il
coraggio e la forza di credere in me an-
che se a volte mi trovo ancora ad af-
frontare storie sbagliate e a lasciarmi
abbattere da quello che mi circonda.
Penso che sia normale, in questo mo-
mento, cercare di rispettare me stessa, di
pretendere da me il massimo per ottene-
re quello che gli altri chiamano felicità.
Anche io ho il diritto di correre verso
una luce che vedo negli occhi delle altre
persone e che, ancora, non ho mai visto
nei miei…se non quando fingevo agli
altri di essere diversa. Ma adesso ho
scoperto che l'unica che ingannavo ero
io ed ho deciso di essere sincera con me
stessa, di volermi bene, di non lasciare
che il passato impedisca al futuro di es-
sere meraviglioso".
noidonne febbraio 2007 15
Non so se si tratti di una mia personale percezione, ma in giro c'è troppo individualismo, in una mor-
sa ingabbiante di solitudine che nega la condivisione dei propri vissuti. Eppure sono convinta che
solo il sentire la propria vita di donne legata indissolubilmente a quella delle altre renda possibile la
trasmissione di valori e di opportunità per tutte. Mi colpisce tra le tante lettere pervenute in reda-
zione una testimonianza di una donna in politica che conclude "a me gli uomini non sono certo ser-
viti per fare carriera ma debbo ammettere che non mi sono state di aiuto neppure le donne". Rap-
presentanza?visibilità?solidarietà femminile? vita dura per quelle che ci credono. Perché spesso si ha
l'impressione che le donne abbiano sguaiatamente saccheggiato la cultura maschile, invece di fare la fatica di crescerne una pro-
pria, adattando le proprie specificità alle libertà del nostro tempo. Mi colpisce ad esempio l'uso di un certo linguaggio, come la de-
finizione di alcune modalità di relazione o la fruizione di dettati maschili che non appartengono al genere femminile e che snatu-
rano completamente l'identità di ciascuna, violentandone la sensibilità e il rispetto di sé. Credo che noi donne dovremmo tentare
una via più autonoma e meno omologata ai tradizionali schemi maschili di potere e di libertà personali per acquisire autonomia di
giudizio ed aderire al percorso di altre donne riconoscendosi nel loro sforzo di espressione individuale. La felicità e la realizzazio-
ne di sé stesse sono esigenze insopprimibili e le donne sono particolarmente determinate e coraggiose nel perseguirle. Tuttavia il
ritratto che le donne danno di loro stesse specie sui media è quello di essere anaffettive, carrieriste e prive di solidarietà reciproca.
I tempi e gli spazi della sorellanza sono stati cancellati dalla competizione che condiziona ogni tipo di donna e il risultato è spes-
so un'angosciante solitudine che annega anche le menti più lucide ed illuminate. Non era certo questo il risultato che ci attende-
vamo quando si parlava di emancipazione e di liberazione. La felicità che ci è data risiede soprattutto nella ricerca e nell'attesa del-
la felicità. Insieme alle altre, non da sole. Il pensiero maschile di intonazione pessimista, come quello di Leopardi, ritiene l'attesa
una mancanza connotata in senso negativo ma noi donne sappiamo che l'attesa può rappresentare una straordinaria pienezza del-
l'avere, del fare e dell'essere. E quindi temo il diritto dovere di essere allegre ad ogni costo, efficienti e grintose di necessità, tipico
delle società in cui viviamo perché ci impedisce di riconoscere, elaborare, condividere e superare l'infelicità che ciascuna incontra
nel corso della propria vita quando non aderisce a se stessa. E perde la sua autenticità di essere umano unico e irripetibile.
Storie di tutti i giorni
nel giugno del 2006 è stata avviata una raccolta di
testimonianze che si concluderà l'8 marzo prossimo.
Ne pubblichiamo alcune


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