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Numero 12 del 2008

E tu di che Natale sei?


Foto: E tu di che Natale sei?
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Testi pagina 2

Nawal El Saadawi è nata in Egittosettantasette anni fa. Ha trascorso
la prima parte della sua vita esercitan-
do la professione di medico e la seconda
scrivendo racconti, romanzi, pièce, sag-
gi. Nel 1972 la pubblicazione del suo
primo libro, un atto di accusa contro la
pratica dell'infibulazione, le causa il li-
cenziamento da direttrice generale del
dipartimento di educazione sanitaria
presso il ministero della Sanità e la chiu-
sura di "Health", rivista da lei fondata.
Tutti i suoi libri sono scritti in arabo
(alcuni tradotti: 18 in inglese, 6 in fran-
cese e 4 in italiano) e sono stati spesso
percepiti come una minaccia. Nel 1981,
sotto il governo di Sadat, questi volumi
le procurano una incarcerazione per tre
mesi. Uscita dal carcere Nawal ha
pronto un'altro libro su donne e carcere
e fonda la Arab Women's Solidarity As-
sociation. Dagli anni novanta il suo no-
me compare nella lista nera di alcune
organizzazioni fondamentaliste egizia-
ne e nel 2001 viene intentato un proces-
so di apostasia contro di lei. Intanto
Nawal si è trasferita negli Stati Uniti
d'America dove lei stessa dichiara di
trovarsi in esilio e dove tiene, in una
università molto progressista di Atlan-
ta, un corso su "creatività e dissidenza".
Ma, concluso il contratto con l'universi-
tà, ritornerà nel suo paese, perché la
causa di apostasia intentata contro di
lei si è finalmente conclusa dichiaran-
dola innocente. I suoi due figli vivono in
Egitto. La figlia, una nota poetessa, ha
subito un processo per avere voluto por-
tare il cognome della madre, dando ini-
zio ad un movimento su questo tema (in
Egitto il divieto di portare il cognome
materno è causa di numerosi figli ille-
gittimi, come fino a un secolo fa acca-
deva in Italia) e cambiando la giuri-
sprudenza: perché il tribunale le ha da-
to ragione e l'assenso a portare il co-
gnome della madre.
Abbiamo colto l'occasione del sog-
giorno in Italia di Nawal El Saadawi
per presentare un volume edito da Spi-
rali: "Dissidenza e scrittura. Una con-
versazione sul mio itinerario intellettua-
le" per intervistarla.
Lei si dichiara innanzitutto una dis-
sidente, perché?
Mi sento costretta ad esserlo perché
comprendo la presenza di ingiustizie
non più ammissibili dal mio cervello co-
me da quello di tutte le persone in gra-
do di pensare liberamente. Se la legge è
ingiusta io devo violarla, non voglio vi-
vere nell'ignoranza né essere complice
del perpetuarsi di ingiustizie.
Qual è il peggior nemico delle donne
in Egitto?
È lo stesso che in Italia, in America e
in ogni parte del mondo. È il dio, o chi
per lui, che ha punito Eva perché voleva
attingere all'albero della conoscenza. È
chiunque accetti che esista la schiavitù
nel mondo: oggi la schiavitù viene per-
petuata mantenendo la gente nell'igno-
ranza e c'è uno stretto collegamento tra
oppressione delle donne e oppressione
del sapere. Capitalismo e patriarcato
lavorano insieme per opprimere le don-
ne e i poveri attraverso la privazione
della conoscenza reale delle cose.
Nel suo libro racconta di avere sem-
pre combattuto molte ingiustizie,
qual è oggi, a suo parere, l'ingiusti-
zia più grande nel mondo?
La peggiore ingiustizia oggi è in Pale-
stina, dove la popolazione è privata
delle proprie origini e perfino del cibo,
dell'acqua, della terra, per non parlare
delle violenze che subisce senza che
Israele venga sanzionato dalle Nazioni
Unite. Le persone sono deboli quando
nessuno le protegge e i palestinesi sono
vittime di un assurdo sistema di potere
per cui in molti paesi, compreso l'Egitto,
più della metà della popolazione vive
sotto la soglia di povertà, e il divario
tra ricchi e poveri aumenta sempre più
nel mondo. Lo stesso potere che porta
avanti due pesi e due misure: la popola-
zione irachena è stata affamata per il
sospetto che l'Iraq nascondesse armi nu-
cleari e invece si consente che Usa, Rus-
sia e Israele possiedano tanto nucleare e
si continuino ad armare!
E di buone notizie ne vede oggi nel
mondo?
Quando ho iniziato a fare il medico
ero una chirurgo, ma detestavo il san-
gue e quindi sono passata alla psichia-
tria, che, oltretutto, ha un forte collega-
mento con la scrittura. Da psichiatra
non prescrivevo farmaci, ed anche in
politica non ho prescrizioni da dare.
Non esistono società ideali, persino il
paradiso non è una società ideale per-
ché in esso, così come è stato immagi-
nato finora, ci sono moltissime discrimi-
nazioni verso le donne. Io credo nei pro-
cessi e nelle persone. La cura di un pa-
ziente richiede un processo e così anche
la cura della società: un processo di li-
berazione da tutti i tipi di oppressione e
schiavitù. Bisogna smettere di dare im-
portanza più ai capi di Stato che alle
persone che compongono un popolo. In
Italia non sono certo stata invitata da
Berlusconi così come in America non so-
no ospite particolarmente gradita di
Bush, ma molte persone apprezzano le
mie lezioni e i miei libri, che continuano
a essere tradotti.
E questa è una buona notizia: è l'in-
dice che persone dissidenti e creative co-
me Nawal possono intaccare, a partire
dal basso, i poteri all'origine della com-
plessa rete d'ingiustizie presenti oggi nel
mondo.
dicembre 2008 noidonne2
Nawal El Saadawi
Giovanna Providenti


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