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Numero 12 del 2008

E tu di che Natale sei?


Foto: E tu di che Natale sei?
PAGINA 11

Testi pagina 11

noidonne dicembre 2008 11
tesi dell'economista-filosofo Amartya
Sen, lo scopo centrale della progettazio-
ne pubblica dovrebbe essere lo sviluppo
delle capacità dei cittadini di svolgere
diverse funzioni vitali d'importanza es-
senziale - dalla possibilità di vivere in
buona salute a quella di elaborare una
propria autonoma visione morale, da
quella di vivere in sintonia con la natu-
ra a quella di apprezzare il lato ironico
e giocoso dell'esistenza. Le 'capacità',
dovrebbero essere alla base di una 'con-
cezione dell'essere umano' coerente con
gli ideali liberaldemocratici e una de-
mocrazia moderna dovrebbe garantirne
l'effettiva realizzazione nella vita dei
cittadini.
Come si vede, l'approccio della Nus-
sbaum ha il merito di ricordarci che il
compito fondamentale di tutti i governi
consiste nel mettere gli individui - uomi-
ni e donne - in condizione di realizzare
per intero le loro capacità. Ciò costitui-
sce la premessa necessaria affinché le
persone possano esercitare effettivamen-
te la loro libertà di scelta nelle diverse
situazioni in cui vengono a trovarsi e di
attuare il loro ideale di "vita buona".
Nei paesi occidentali il processo auspi-
cato dalla studiosa americana è, indub-
biamente, andato molto avanti almeno
sul piano del riconoscimento dei diritti
e, nondimeno, quest'ultimo non può
considerarsi definitivamente acquisito
dal momento che possono verificarsi
preoccupanti regressi sullo stesso piano
legislativo persino in società avanzate
come la nostra. E' il caso, ad esempio,
della legge sulla procreazione assistita
che, con i suoi divieti - a partire dalla fe-
condazione eterologa, che da peccato
per alcuni diviene reato per tutti - nega
non solo il principio di autodetermina-
zione ma, altresì, l'esercizio di quelle ca-
pacità che, come ha mostrato la Nus-
sbaum, fanno di noi delle persone. Se in-
fatti per 'salute riproduttiva' s'intende
uno stato di completo benessere fisico,
sociale e mentale, in tutti gli aspetti ri-
guardanti il sistema riproduttivo e i suoi
processi, essa implica che ciascuno deb-
ba essere messo in grado di godere di
una vita sessuale sicura e soddisfacen-
te, di avere la facoltà di riprodursi non-
ché la libertà di decidere se e quando
farlo. Ma è proprio questo che la legge
italiana impedisce. La possibilità di pro-
durre non più di tre embrioni per volta
(per un unico e contemporaneo impian-
to) significa che, per ogni fallimento ri-
produttivo - assai più probabile appun-
to per il ridottissimo numero di embrio-
ni - è necessario un ulteriore bombarda-
mento ormonale per la donna. Inoltre,
quel che è più grave è che, a causa del
divieto della diagnosi pre-impianto,
una donna è esposta al trauma di farsi
impiantare un embrione malato e a
quello conseguente di un eventuale
aborto. Si tratta di regole gravi sia per i
riflessi negativi sulla salute di quest'ulti-
ma sia in quanto rappresentano un'in-
debita ingerenza nelle scelte di coppia.
Regole, occorre aggiungere, più adatte a
uno stato etico che a una società aperta
che metta in grado i suoi cittadini di es-
sere e di fare ciò a cui aspirano.
Foto di Nadia Angelucci, Orgosolo
secondo Martha Nussbaum rispettare le persone significa criticare la
tradizione che le opprime e l'universalismo aiuta a superare barriere
culturali, religiose, di razza e di genere. I governi possono fare molto
Sto incontrando per motivi professionali parecchie donne mie coetanee alle prese con separa-
zioni coniugali, divorzi, interruzioni di convivenza. Eppure una delle domande più frequenti
che assillano il quotidiano di chi non si è mai sposata è lo stereotipo quesito del perché una
donna, carina, colta, professionalmente affermata "scelga" di non accompagnarsi. Insomma il
tormentone continua. E mi colpisce sempre la lettura delle storie di donne singles che si di-
chiarano sinceramente libere e felici. Non per egoismo come certi benpensanti finiscono per pensare, non per paura come
tanti psicologi hanno il vezzo di etichettare. Semplicemente per scelta. Come unica via di fuga forse da un maschile sem-
pre più violento, intimidatorio o castrante oppure sul versante opposto debole, inadeguato, infantile. Insomma deluden-
te. Condivido in pieno l'analisi che Maria Rita Parsi sostiene nel suo libro in cui si riflette sul quel binomio ambivalente
che fa delle donne l'oggetto costante del desiderio maschile e al contempo le trasforma "nel popolo più perseguitato della
Terra" (insieme al grande esercito dei bambini). E allora in un un'epoca in cui Elisabeth Badinter non avrebbe più nulla da
dirci perché troppo ancorata ad un'utopia di rapporto paritario, io credo invece che le donne tutte insieme debbano prov-
vedere a evidenziare la loro differenza di stile, di sensibilità, di obiettivi. Il mondo ha bisogno del coinvolgimento incisivo
e responsabile delle donne. Ma anche della loro ferma determinazione a non scimmiottare il peggio del maschile egocen-
trato ma a privilegiare l'accoglienza, l'organizzazione della scuola, la formulazione delle leggi che governano la società. Il
rispetto dell'ambiente. Dalla qualità della vita che sfugge all'incessante competizione tutta maschile, ai rapporti di solida-
rietà tra diversi e tra donne per permettere a tutti di acquisire pari dignità e diritti. E poi lasciatemelo dire: è il tempo di
OBAMA, di un uomo che mette al centro della suo visione la centralità della vita : il nodo allora non è se le donne vince-
ranno sugli uomini ma se sapranno amare e rispettare se stesse al punto di allearsi tra loro per ottenere il pieno ricono-
scimento della loro "pari diversità". Una speranza che accompagna ogni mio pensiero.
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