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Numero 11 del 2008

L'inverno dei diritti


Foto: L'inverno dei diritti
PAGINA 40

Testi pagina 40

novembre 2008 noidonne40
Alla fine degli anni '60, Agnes Hellerinizia a frequentare la scuola di
György Lukács. Tuttavia, né lei né i suoi
colleghi sono impegnati nel movimento
di rinnovamento del marxismo, che si
propone il ritorno alle radici di Karl
Marx. Piuttosto, ella aderisce ad un
progetto di socialismo democratico e
pluralista, contro "la dittatura sui biso-
gni" tipica del socialismo realizzato.
Già nel suo libro "Sociologia della vi-
ta quotidiana" (Editori Riuniti, 1975),
la Heller afferma che i "bisogni" sono il
punto di avvio per capire le trasforma-
zioni sociali. Successivamente, elabore-
rà una vera e propria teoria dei bisogni,
allontanandosi sempre più dalla linea
lukácsiana che, muovendo dal pensiero
di Marx, analizza il nesso tra bisogni e
valori. La filosofa, infat-
ti, non partirà più dalla
stratificazione sociale,
poiché "i bisogni umani
non possono essere stra-
tificati". In contrasto
con la tradizione filoso-
fica moderna, che ha
origine in Kant, secondo
cui i bisogni sono quan-
tificabili, la Heller so-
stiene che i bisogni del-
l'uomo possono essere
divisi in due categorie.
Da una parte vi sono i
bisogni alienanti, che ri-
guardano il possesso di
beni, soldi e potere. Essi
hanno una natura quan-
titativa, che non lascia
mai appagati. Dall'altra
vi sono i bisogni che at-
tengono alla più intima
radice dell'uomo. E, per
questo motivo, la Heller li chiama biso-
gni "radicali". Essi riguardano l'introspe-
zione, l'amicizia, l'amore, la conviviali-
tà ed il gioco. La loro natura non è
quantitativa ma qualitativa: ciò che
conta è la loro profondità, non la loro
estensione.
Crede anche in una filosofia "radica-
le", cioè in una forma di politica che si
ammanta di un abito filosofico: "per
principio, ogni filosofia è radicale. Lo è
perché opponendosi al pensiero ordina-
rio, ci indica che quanto crediamo vero
non lo è affatto, e ciò che riteniamo giu-
sto è solo un'opinione" (A. Heller. "La fi-
losofia radicale", Il Saggiatore, 1979), e
non ritiene più che il presente sia un bre-
ve passaggio di un secolo indirizzato
verso una sorta di paradiso: "Qui vivia-
mo, qui moriremo". Da qui la necessità
di elaborare una teoria che formuli, in-
nanzitutto, la necessità di trasformare
le forme della vita quotidiana.
La sua generazione aveva creduto
nella possibilità di realizzare l'Utopia
dopo periodi di transizione e conflitto.
Aveva avuto la certezza di poter realiz-
zare il paradiso in terra. Tuttavia, per la
filosofa, è giunto il momento, nella so-
cietà dell'oggi, di abbandonare ogni fi-
nalismo e di riscrivere una filosofia che
inizi da noi stessi. A partire dall'interro-
gazione di quei bisogni indotti da un ca-
pitalismo, che non è in
grado di soddisfare. Do-
po il movimento del '68,
afferma la Heller, "si è
inaugurato un nuovo
modo di guardare alla
modernità. Le grandi
narrazioni sono finite.
Ed è difficile riuscire a
guardare al di là del
proprio orizzonte perso-
nale e del proprio pre-
sente". Certo, si possono
avere delle intuizioni sul
futuro costruite sul pre-
sente. L'esempio lam-
pante, dice la filosofa, è
Marx: "le sue previsioni
basate sull'osservazione
del presente si sono di-
mostrate esatte: la glo-
balizzazione, la crisi di
accumulazione del capi-
tale. Ma quando parla
delle forme future di società, dice delle
sciocchezze".
La filosofia deve servire alla com-
prensione del presente: questa certezza,
che le è stata trasmessa da Lukács, con
cui ha collaborato a lungo, è l'unica al-
la quale la Heller ha sempre aderito sen-
za riserve. Per il resto, la sua è una ri-
flessione segnata dalla profonda diffi-
denza verso ogni forma di assunto dog-
matico. La filosofa difende il ruolo de-
mitizzante della filosofia, che contrap-
pone "all'ambiguità immaginosa della
mitologia l'univocità dell'argomentazio-
ne razionale". Seguendo quest'idea della
filosofia, ella abbandona la rivendica-
zione di un accesso privilegiato alla ve-
rità; e con questo a ogni aspettativa
messianica. Non per accettare il presen-
te ma per aprirsi al futuro perché, argui-
sce, "ogni messia è un falso messia, che
chiude l'orizzonte delle possibilità futu-
re". In "Oltre la giustizia" (il Mulino,
1990), la Heller sostiene, poi, che una
società totalmente giusta, al di là della
questione della sua realizzazione, non è
auspicabile, perché in una società simi-
le nessuno potrebbe più dire "questo è
ingiusto", il che ovviamente non è augu-
rabile. Si tratterebbe di una società non
dinamica, senza pluralismo delle opi-
nioni, scontri e politica: "È questo il
mondo che vogliamo? Un mondo senza
conflitti, un paradiso, un giardino del-
l'Eden? Non penso che vorremmo vivere
in un posto simile, dunque, non credo
Agnes Heller
La filosofa dei bisogni radicali
Cristina Carpinelli


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