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Numero 10 del 2008

Futuro (passato) prossimo


Foto: Futuro (passato) prossimo
PAGINA 42

Testi pagina 42

ottobre 2008 noidonne42
Una caldissima giornata estiva, untramonto spettacolare e il sito ar-
cheologico fenicio-punico del Monte Si-
rai, in Sardegna, fanno da scenografia
al suggestivo spettacolo di Clara Mur-
tas 'Deinas. Il mito della madre'. Mentre
il pubblico si dirige lentamente verso il
sito battuto dal vento la voce potente di
Clara, che sembra arrivare dall'infinito
ci trascina in un'altra dimensione. Quel-
la della Madre. Le attrici vestono jeans
e magliette neri, utilizzano materiali ri-
ciclati e maschere autoprodotte ma il
viaggio nel tempo è assicurato dalle
musiche, realizzate da Alessandro Olla,
e dai canti popolari, offerti dal reperto-
rio monodico femminile sardo, cantati
da Clara Murtas. Con il nome di Deinas
la tradizione popolare dei paesi della
Barbagia, regione storica centrale della
Sardegna, indica le indovine, donne al-
le quali attribuisce relazioni con il mon-
do occulto e quindi divino. Le Deinas di
Clara Murtas ci trasportano in un viag-
gio esistenziale attraverso i miti primor-
diali in cui si rievoca una religiosità
agraria, a sfondo materno; le attrici in-
terpretano, di volta in volta, dee, indo-
vine, fate, contadine, donne di paese in-
carnando varie manifestazioni del fem-
minile nella cultura mediterranea. E lo
spettacolo si fa itinerante passando dai
miti primordiali, rappresentati nella zo-
na centrale del sito archeologico - il
tempio della dea Tanit - , alla proces-
sione del lamento di Ishtar, in cui tutto
il pubblico si fa protagonista spostan-
dosi con le attrici nei vari luoghi dell'a-
rea; si raggiunge poi una zona circo-
scritta da muretti a secco in cui le inter-
preti propongono una ricostruzione fan-
tastica del mondo mitico sardo delle ja-
nas per poi tornare, con un andamento
circolare, che richiama una dimensione
spazio-temporale, al tempio di Tanit in
cui si evoca il mito di Demetra e Core. E'
un laboratorio, quello di Deinas, che si
arricchisce ad ogni rappresentazione e
che Clara Murtas ha fortemente voluto
e al quale, ci ha promesso, continuerà a
lavorare per ampliarlo e approfondirlo.
Ma non si tratta solo di spettacolo.
Quello di Clara è un progetto di vita, tra
partenze impulsive e ritorni difficili.
Vale la pena raccontare la vita di
questa artista, donna coltissima e auto-
Clara Murtas
Alla ricerca della Dea Madre
Nadia Angelucci
concetti e autori di Emanuela Irace
Fiocco azzurro, fiocco rosa
“La madre che si riconosce e si aliena nella figlia ha spesso
per lei un attaccamento sessuale; ha in comune con la lesbica
il gusto di proteggere e di cullare tra le sue braccia un tenero oggetto di carne”
Simone de Beauvoir, Il Secondo Sesso
Nove mesi nella pancia per incontrare un estraneo. Nasce e non sai come chiamarlo. Il
nome c'è, scelto e pensato, ma la voce ha bisogno di tempo per rimodellarsi e scoprire il
richiamo della relazione materna. Il nome è familiarità. Ripetizione. Quando l'abitudine a
quella pronunzia non è più estranea inizia il rapporto. La confidenza. L'amicizia. L'amore.
La maternità è una condizione dell'anima. Pensiero che non si posa. Cosa farà. Che pense-
rà. L'immaginazione rende possibile il parto nella fantasia di quel che seguirà. Mai uguale a
quello che ti hanno raccontato. Mai simile all'amica. Mai come sei nata tu. L'esperienza più
"naturale" del mondo è una sequenza di violenza e dolore. Confusione e straniamento. La
maternità è un atto di fede. L'apice della normalizzazione affidata alla società e alle regole
tramandate del doversi adeguare facendo tutti le sole stesse medesime cose. Corpo dona-
to. Seno come cibo. Ma tra pannolini e latte la donna scappa. Resta la madre. La stessa che
ferma gli uomini quando la incontrano. Invisibile e immaginata. Accudente. Paziente.
Accogliente. Moglie. Nella realtà chi vuole restare donna sceglie il cesareo. Non mischia
sesso con amore. Non fa passare vita dove scivola piacere e non cerca confusione anche se
gli ormoni premono e l'ossitocina scatenata dal parto è la stessa della relazione amorosa.
Allattare provoca piacere come la meccanica dei gesti solitari praticati dai maschi. Nessuna
differenza, semplicemente un partecipante in più. Ma così fan tutte e nessuno lo racconta.
Incesto addomesticato nelle pieghe dell'amore materno, legame che non si dimentica. Nel
tabernacolo che veste investendola di santità, la madre, resta una donna sfigurata confu-
samente ibrida. E per questo accettata. E' la diminutio che fa re e regine nella prassi socia-
le individui che se non fossero utili sarebbero perdenti. Paria. Quanta mistica si è dovuta
sedimentare per salvare le donne dal compito più gravoso e scomodo. Quanta passione
poteva provare il maschio nei confronti di un animale che dava vita a un altro animale.
Madre natura nella maternità non veste veli. Mostra il vero, crudo come la realtà del corti-
le o dell'aia, malgrado camici verdi e la scorta di romanticismo e controllo sociale che l'ac-
compagna.
Foto di Gianni Tarquini


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