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Numero 9 del 2008

Stampa: libertà vigilata


Foto: Stampa: libertà vigilata
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Testi pagina 17

noidonne settembre 2008 17
ne agricola è in mano alle donne, il 50%
in Asia.
Ancora differenze di genere nella re-
lazione della biochimica di Bologna,
che denuncia l'aumento dei casi di
aborto del feto femmina in Cina, dove le
cure parentali sono soprattutto dedicate
ai maschi. Un dramma legato all'impor-
tazione delle nuove tecnologie, che oggi
permettono ecografie e diagnosi prena-
tali anche nei paesi in via di sviluppo. È
in questi paesi che la donna è più espo-
sta dell'uomo alla malnutrizione, tutta-
via l'Oriente conosce per la prima volta
anche i disturbi alimentari dilagati con
la globalizzazione, come l'obesità. Se-
condo i dati, in Occidente, invece, inci-
dono ancora profondamente le 'malattie
del benessere': bulimia, anoressia, ma
anche gli aspetti nocivi delle mode ma-
crobiotiche e biologiche, inefficaci o ad-
dirittura dannose, troppo chiacchierate,
spesso dalla bocca dei non esperti. È
con queste considerazioni che le univer-
sità sottolineano le sfide di quella che
oggi viene chiamata 'società della cono-
scenza', la società che produce non più,
come un tempo, solo beni di consumo
ma soprattutto sapere.
(In collaborazione con Marco Pivato,
giornalista scientifico)
STRUMENTINon è una storia italiana
"Quante botte! Pugni, schiaffi, calci, avevo il corpo doloran-
te, mi mancava il respiro pensavo che sarei morta… Poi il silen-
zio, la porta sbattuta e lui non c'era più ma sarebbe ritornato e
l'inferno sarebbe ricominciato. Le urla, le minacce, le accuse.
Non ne potevo più, per me e la mia bambina non c'era futuro
in quella casa finché c'era lui, mio marito.
Mi sono fatta forza, ho chiamato mia sorella, lei mi ha
accompagnato al Pronto Soccorso e ho denunciato mio marito
per le ferite e violenza psicologica. Durante il ricovero in ospe-
dale, Adele, la mia bambina, l'ho affidata alle cure di mia sorel-
la e nel frattempo ho preso contatto con un'avvocata per ini-
ziare le procedure di separazione. L'avvocata mi ha spiegato
che sarei comunque dovuta rientrare in casa, ma io avevo
paura…
Mi sono decisa, e appena uscita dall'ospedale sono andata
all'Ufficio di Polizia, ho chiesto di parlare con la poliziotta che
aveva raccolto la mia denuncia, le ho spiegato la situazione e
le ho chiesto aiuto. Si è messa subito all'opera e ha trovato il
modo, con un ordine giudiziario e applicando la legge, di fare
allontanare mio marito dalla nostra casa, con l'ordine di non
avvicinarsi a me. La bambina l'avrebbe incontrata nella sede dei
Servizi sociali una volta la settimana.
Come alloggio temporaneo è stato accolto in una comunità
dove ha dovuto iniziare un percorso rieducativo con il soste-
gno di uno psicologo. Naturalmente ha continuato ad insegna-
re nell'Istituto Superiore dove lavora da otto anni. Un tutor del
Tribunale gestisce il suo stipendio dividendolo fra il manteni-
mento per me e mia figlia e la quota per la comunità che lo
ospita.
Uscita dall'ospedale ho iniziato a frequentare un gruppo di
auto-aiuto. Dopo circa 4 mesi mi sono sentita pronta per
entrare in un programma promosso dai Servizi Sociali che mi ha
permesso di rientrare nel mondo del lavoro, sono biologa e di
comune accordo con mio marito avevamo deciso che mi sarei
occupata a tempo pieno della bambina.
Adele oggi ha sei anni, frequenta la prima elementare e alle
quattro del pomeriggio, finito il mio turno di lavoro, la vado a
prendere e torniamo nella nostra casa. A volte andiamo al cine-
ma, con la bella stagione andiamo sul lungo lago. Adele ha
tante amichette con cui passiamo i fine settimana organizzan-
do pic-nic e biciclettate nei parchi, insomma la nostra vita è
finalmente serena.
E' stata dura ricominciare, senza mio marito, ero molto
dipendente da lui, mi organizzava le giornate nei minimi parti-
colari tanto che non mi sentivo più in grado di gestire la mia
vita, il gruppo di auto-aiuto è stato fondamentale per reagire e
ricominciare".
Ingrid nel raccontarmi il suo inferno si commuove nel ricor-
do di tutte le persone che le sono state vicino, a partire dalla
dolce poliziotta, alle donne del gruppo, alle assistenti sociali,
tant'è che a sua volta si è resa disponibile per aiutare altre
donne vittime di violenza.
Peccato che questo racconto a lieto fine non sia una storia
italiana e, coi tempi che corrono, dovremo aspettare ancora
molto tempo prima di poter conoscere qualcosa di simile anche
nel nostro Paese.
Gianna Morselli
i farmaci “tarati” sull'uomo,
sono usati più dalle donne.
Un focus sul benessere
al femminile


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