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Numero 1 del 2008

Siamo in movimento


Foto: Siamo in movimento
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Testi pagina 9

nate dall'etichetta di probabili vittima.
Con quella manifestazione le donne
hanno inteso mostrare, al contrario, un
percorso politico netto e senza ambigui-
tà, un protagonismo che ha rifiutato,
per la sua radicalità, di essere rappre-
sentato da espressioni che avrebbero po-
tuto indulgere proprio al vittimismo;
espressioni come 'femminicidio', cariche
pure di una lunga storia (il massacro
impunito, negli ultimi anni, di centinaia
di donne nella zona di confine messica-
na di Città Juarez) e di una valenza per
questo assolutamente politica, sembra-
va a tante di noi, tuttavia, che ancora
nominasse la vittima e non l'autore del-
la violenza. Per questo il termine 'fem-
minicidio' ha lasciato il posto alla no-
minazione della violenza maschile; è
per questo che crediamo che campagne
di prevenzione vadano indirizzate an-
che agli uomini e non debbano vedere,
ancora, immagini di donne pestate e ri-
dotte in fin di vita. Le donne sanno co-
s'è la violenza senza doversi identificare
in quel modello; ma c'è il coraggio di
rappresentare adeguatamente il sogget-
to maschile senza che questo significhi,
ancora una volta, la caratterizzazione
di una presunta marginalità sociale co-
me causa di comportamenti violenti?
Una marginalità che è disattesa da tut-
ti i dati ma è ancora una lettura con-
fortante, per molti uomini ma anche per
molte donne, che neutralizza il conflitto
presente in ogni rapporto e lo espelle da
sé, relegandolo al di fuori della propria
esperienza nella sola drammatizzazione
della violenza più efferata.
Le donne scese in piazza il 24 no-
vembre hanno incrociato i loro differen-
ti percorsi politici sulla mediazione di
questa consapevolezza e intendono pro-
seguire il confronto: l'appuntamento è
l'assemblea nazionale del 12 gennaio
alla Casa Internazionale delle Donne di
Roma.
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le 150.000 donne hanno manifestato a Roma per chiedere
'lucidità e consapevolezza' agli uomini e alle istituzioni.
Il percorso tracciato è politico e il prossimo passaggio è
l'assemblea nazionale del 12 gennaio
“Spiacenti a Dio...”
Gli ultimi mesi dello scorso anno sono
stati mesi, che dal punto di vista delle
donne, si sono rivelati "impegnativi" per la
gran mole di iniziative organizzate per la
conclusione dell'anno europeo delle Pari
opportunità. E, senza entrare nelle polemi-
che e nel dettaglio, la giornata mondiale
contro la violenza sulle donne ha rivisto
dopo tanti anni una presenza eccezional-
mente ampia, battagliera di donne di
tutte le generazioni, molte giovani e gio-
vanissime, per le strade di Roma, ma
anche nelle iniziative locali sparse in ogni
parte d'Italia come, ad esempio, i consigli
comunali aperti alla popolazione su que-
sto tema tenuti in quei giorni.
Purtroppo, sempre negli scorsi mesi l'Italia
è stata "bocciata" dal rapporto annuale
stilato in occasione della pubblicazione
del "Global Gender Gap Report 2007 " a
cura del World Economic Forum
(http://www.weforum.org/pdf/gender-
gap/report2007.pdf ). Bella soddisfazio-
ne! I dati, interessanti da analizzare
soprattutto se confrontati con quelli degli
altri Paese esaminati, ci parlano di
un'Italia che è passata dal 77° posto
all'84° in un anno, su 128 Paesi conside-
rati. Prima di noi tanto, per capire, ci sono
nei primi 10 posti 7 paesi europei - la "soli-
ta" Svezia al primo posto e la Spagna al
decimo - e tre Paesi che non fanno parte dell'Unione Europea:
Islanda, Nuova Zelanda e Filippine. La Croazia è al 16°
posto, la Romania al 47°, l'Uganda al 50° e il Kenya è pro-
prio prima di noi. Gli indicatori utilizzati sono, in sintesi, la
partecipazione economica e le opportunità di lavoro, l'edu-
cazione/istruzione, la salute e gli indici di longevità, l'acces-
so al potere politico. Da considerare che negli indicatori ven-
gono molto penalizzate le nazioni che consentono, come
molti Paesi Arabi, la bigamia. Per fortuna, altrimenti chissà
a che livello ci saremmo ritrovati! Uno degli indicatori che ci
impediscono un'ulteriore retrocessione è il livello di istruzio-
ne -tra i più bassi d'Europa comunque- delle ragazze giovani
che studiano più dei colleghi maschi e con risultati migliori,
anche se da noi sono ancora troppo forti i divari rispetto ai
percorsi tecnico/scientifici. Quindi finito l'anno europeo delle
pari opportunità dobbiamo ricominciare e rimboccarci le
maniche: le pari opportunità tra donne e uomini devono
diventare nel nostro Paese un'emergenza nazionale per tutti.
Se ripenso, però, ai mesi passati mi viene un forte dubbio: fin-
ché parliamo di pari opportunità nei luoghi dedicati va
quasi tutto bene. Anzi, mi è capitato molte volte di venir
"scavalcata", ma basta affrontare questi temi in altri luoghi,
"generali", e verifico che se non siamo a mala pena ascolta-
te, di sicuro annoiamo. Ma non era questo il mainstreaming
di genere? Mi sono accorta che, come mi ricordava spesso
una vecchia amica Anita Pasquali, le donne e le loro que-
stioni sono "spiacenti a Dio e a li nemici suoi" come diceva
Dante. Infatti anche "amici/amiche" si irritano alla lunga,
quando gli ricordiamo che forse non si fa abbastanza.
Ma non dobbiamo stancarci, la nostra forza si vede anche
da questo. E il nostro Paese, le istituzioni hanno bisogno di
noi.
Alida Castelli


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