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Numero 1 del 2008

Siamo in movimento


Foto: Siamo in movimento
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Testi pagina 31

non si arruolarono nell'esercito, produ-
cevano a domicilio filati e tessuti, ga-
rantendo il soddisfacimento delle ordi-
nazioni del potere popolare. Il conflitto
bellico fu particolarmente duro: le ar-
mate popolari dirette dal Pc dovettero
sopportare da un lato il peso principale
della guerra contro gli invasori giappo-
nesi, dall'altro combattere una guerra
civile, scatenata dalle aggressioni delle
truppe nazionaliste del Guomindang al-
le zone libere, che si protrasse oltre la
vittoria sul Giappone sino alla capito-
lazione del governo antipopolare di
Chiang Kai Shek. Nel 1949, all'indoma-
ni della proclamazione della Repubbli-
ca popolare cinese, dopo anni di conte-
sa nazionale e civile, la vittoria definiti-
va della rivoluzione sancì l'avvio della
trasformazione del vecchio mondo. Si
apriva una nuova epoca nella storia se-
colare dei popoli della Cina, che segna-
va il passaggio di questo pae-
se alle vie della trasformazio-
ne socialista, sotto la guida
del Pc. Il problema dell'ulte-
riore sviluppo dell'emancipa-
zione femminile non poteva
prescindere dal contesto di
questa esperienza storica. Es-
sa costituiva di fatto un'ac-
quisizione fondamentale, da
cui le donne sarebbero dovute
partire per affrontare una
nuova tappa verso la loro li-
berazione.
Prendendo spunto da una
celebre frase di Mao, le donne
d'ora in avanti dovevano es-
sere considerate "l'altra metà
del cielo", intendendo con ciò ricono-
scerne il valore e la dignità. Nel 1950 fu
varata la legge sulla libertà di matrimo-
nio. Tuttavia, il dato che emerse in mo-
do dirompente fu l'inserimento massic-
cio delle donne nel mondo del lavoro,
per l'utilizzo di tutte le forze produttive
necessarie a costruire una società socia-
lista. La stessa scelta di vincolare al pia-
no statale solo i settori strategici dell'in-
dustrializzazione, consentendo la crea-
zione di una miriade di fabbriche di
quartiere, di laboratori e cooperative,
essenzialmente affidate all'iniziativa e
alla conduzione delle unità di base, in-
dicava che il partito non concepì affat-
to il lavoro femminile come risorsa "ad-
dizionale". L'impiego del modello di cre-
scita estensiva, con il decentramento
produttivo, stimolò la socializzazione
del lavoro domestico e la creazione dei
servizi - asili, scuole, mense collettive
ecc. (la cui gestione era spesso assunta
dalle donne), richiesti dalla particolare
struttura socio-economica. L'applicazio-
ne del tipo non centralizzato di accu-
mulazione socialista, espresso dal lavo-
ro artigianale e dalle piccole unità di
produzione (composte soprattutto da
donne e anziani), consentì la rapida co-
struzione della base materiale del pro-
cesso d'emancipazione femminile in Ci-
na. Alla fine degli anni '50, la quota di
lavoratrici era del 90%. La riforma del
sistema d'istruzione e quella agraria, in-
sieme con una nuova legislazione del
lavoro, portò più diritti e maggiori pos-
sibilità d'occupazione per le donne.
Il paradigma di sviluppo economico
scelto dai cinesi andò poi approfonden-
dosi e chiarendosi nel corso di un'acuta
lotta di classe, iniziata con il "grande
balzo in avanti" e che ebbe il suo mo-
mento di punta con la "rivoluzione cul-
turale", durante la quale le cinesi dovet-
tero per prima cosa battersi contro i ten-
tativi di Liu Shaoqi di estrometterle dal
lavoro produttivo e relegarle nel lavoro
domestico. In seguito assunsero un ruo-
lo d'avanguardia quando il partito de-
cise d'affrontare i nodi della divisione
sociale del lavoro e della discriminazio-
ne salariale, poiché da sempre escluse
dal lavoro intellettuale e dai posti di co-
mando, e a causa dei livelli retributivi
più bassi di quelli degli uomini. Nel
1969 una direttiva stabilì la presenza
del 30% di quadri femminili in ogni Co-
mitato rivoluzionario.
Nel corso dell'esperimento maoista vi
furono anche degli eccessi. La retorica
dell'uguaglianza tese ad omologare la
compagna-lavoratrice con il compagno-
lavoratore. Attraverso i film o le riviste
si possono ancora oggi vedere le sagome
asessuate delle lavoratrici cinesi nelle
loro tenute da lavoro (giacche e panta-
loni scuri) impegnate a rifare le strade,
a guidare trattori o a lavorare nei can-
tieri ecc. Simbolicamente, esse doveva-
no rappresentare la parte femminile del-
l'avanguardia della classe operaia e
contadina del paese, con lo scopo di
rafforzare il tema dell'egemonia del pro-
letariato. La socializzazione dell'educa-
zione dei figli - nata sulla giusta spinta
dell'annullamento della stori-
ca separazione tra sfera pub-
blica e privata - svuotò la fa-
miglia di qualsiasi ruolo.
Durante la "rivoluzione
culturale", le decisioni sul ma-
trimonio e il divorzio o su co-
me crescere i figli furono so-
vente assunte nel corso delle
sessioni di critica e auto-criti-
ca dei comitati di partito o
delle brigate di lavoro. Infine,
con i processi condotti dalle
Guardie rosse, per l'epurazio-
ne degli "elementi borghesi",
molte intellettuali furono in-
giustamente confinate nei
campi di lavoro.
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con la Repubblica popolare le donne videro un massiccio
inserimento nel mondo del lavoro che offrì opportunità
d'emancipazione mai conosciute prima. Le cinesi scoprirono
la solidarietà femminile e la lotta


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