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Numero 1 del 2009

Verso un nuovo mondo?


Foto: Verso un nuovo mondo?
PAGINA 38

Testi pagina 38

gennaio 2009 noidonne38
Le protagoniste dell'ultimo lavoro tea-trale della regista e attrice Maria In-
versi, dal titolo "il grande giorno e il co-
raggio delle donne", sono Milena Jesen-
skà (1896 - 1944) e Marianne Golz
Goldlust (1895 - 1943), entrambe mor-
te per mano nazista e passate alla sto-
ria come donne "giuste".
La prima di loro, giornalista e scrit-
trice, è nota come la donna amata da
Kafka e su di lei sono state scritte molte
biografie.
La seconda è invece meno conosciu-
ta: ex cantante trasformatasi per amore
in militante antinazista, Marianne, do-
po aver salvato il marito e molte altre
persone dai campi di concentramento,
viene arrestata con l'accusa di aver
"tratto vantaggi materiali aiutando gli
ebrei". Ma nella sentenza della condan-
na a morte il motivo del vantaggio ma-
teriale salta, non avendolo potuto di-
mostrare. Vi si legge invece: "L'imputata
Goldz-Goldlust che, tra tutte le donne
qui accusate, è senza dubbio alcuno la
più intelligente, era consapevole del
ruolo che rivestiva nei crimini a lei im-
putati, inoltre, è spiritualmente total-
mente ebraicizzata".
Dal punto di vista dei nazisti la con-
sapevolezza e la spiritualizzazione era-
no colpe. Erano invece virtù, dal punto
di vista di chi, nel 1988, ha piantato, in
sua memoria, l'olivo n. 806 al Yad Vas-
hem Memorial di Gerusalemme.
A me colpisce l'affinità tra lei e noi
oggi. Tra la gratuità non compresa del
suo dono d'amore e le tante persone sco-
nosciute che oggi aiutano i molti dispe-
rati esuli da guerre, dittature, fame in-
giustizie sparse nel nostro contempora-
neo mondo. Gesti d'aiuto celati, confusi
nello stesso calderone dei "Caronte di
turno, traghettatori senza scrupoli", ac-
cusati, come Marianne, di trarre van-
taggi dalla disperazione altrui. Ma i
Caronte sono anche traghettatori della
speranza. E non c'è solo opportunismo
in chi aiuta i disperati.
Poco può cambiare se non cambiano
le abitudini di pensiero. Le cause di
eventi terribili, o anche di "buone noti-
zie" (come la storia di Marianne e Mile-
na in fondo è), non sono nelle persone,
ma nelle abitudini di pensiero. Poco può
cambiare se si ritiene impossibile fare
qualcosa di faticoso, impegnativo, o
addirittura rischioso, non per trarne
profitto, ma per amore. Non amore in-
dividualista, ma uno spontaneo senti-
mento di connessione con la sofferenza
di tutti.
In una lettera Marianne scrive: "Ho
già vissuto buona parte della vita e an-
che tutto ciò fa parte dell'esistenza; ho
visto molte lacrime, faccende che non
mi riguardavano personalmente. La sof-
ferenza degli altri diventa subito la mia
sofferenza...". Nello stesso periodo Mile-
na Jesenskà, anche lei attivamente im-
pegnata contro il nazismo, scrive all'a-
mico giornalista Willi Schlamm (1904 -
1978), fuggito in America perché perse-
guitato: "E quell'aereo caduto Willi? Po-
teva facilmente cadere anche tre setti-
mane prima. E c'era gente come te.
Uguale. Emigranti che partivano per
l'America. Grande tristezza."
Nei loro scritti Milena e Marianne
nominano spesso la sofferenza: propria
e altrui. Ma invece di riconoscersi nel
ruolo di vittime o di scagliarsi contro un
colpevole di turno, si interrogano su
quale possa essere l'atteggiamento esi-
stenziale migliore da tenere di fronte al
dolore del mondo. Come Amleto, colgo-
no il dilemma tra essere e non essere.
Cos'è meglio? Opporsi o sopportare "le
frustate e le irrisioni del secolo, i torti
dell'oppressore, gli oltraggi dei superbi,
le sofferenze dell'amore non corrisposto,
gli indugi della legge, l'insolenza dei po-
tenti e lo scherno che il merito paziente
riceve dagli indegni" (come è attuale
Shakespeare!)? Sopportare, morendo in-
teriormente, o scagliarsi contro "la for-
tuna" procurando la morte propria o al-
trui? Vivere, morendo a poco a poco, o
uccidere, compiendo un unico gesto vi-
tale, ma di morte?
Milena e Marianne sembrano trovare
una terza via al dilemma shakespiria-
no: tra essere nella morte o non essere
nella vita loro scelgono di essere vive
nella non vita.
In un contesto che parla solo di mor-
te, entrambe si sforzano di salvare vite,
rischiando personalmente. In attesa del-
la propria esecuzione di morte, Marian-
ne scrive appassionate lettere d'amore.
In un contesto culturale arido e monoli-
tico, Milena persiste a scrivere contro-
corrente.
Nonostante Milena Jesenskà asseris-
se di scrivere "articoli di tono medio, co-
sì come se ne leggono tanti nei giornali"
e di desiderare soltanto "scrivere un li-
bro, un unico libro, e sicuramente non
sarebbe un cattivo libro", i suoi scritti
giornalistici ne rivelano una letterata
profonda, attenta, appassionata (lei
stessa li definisce lettere d'amore) e di
ampia intelligenza creativa. In un elo-
gio funebre a Kafka affermava: "La sua
coscienza di uomo e artista era a tal
punto affinata da consentirgli di pene-
trare anche là dove gli altri, sordi, rite-
nevano di essere al sicuro".
Milena è stata anche una raffinata
Scelte di vita
Due donne “giuste”
Giovanna Providenti


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