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Numero 4 del 2014

Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria


Foto: Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria
PAGINA 54

Testi pagina 54

48 Aprile 2014
Di Fabiana Frascà avevamo già avuto occasione di occuparci su queste pagine nel numero
di luglio-agosto 2010, presentando
“L’Oscuro centro”, opera di esordio
della poetessa napoletana. Si
trattava di una poesia dai tratti
spiccatamente erotici, fatta di anima
e corpo, spirito e materia della carne
viva e palpitante, capace di cogliere
il lettore nell’incandescenza della
lingua dell’eros, nell’azione e nella
materialità di una fisicità naturale,
esposta con un certo grado di libertà
e ironia. Il nuovo lavoro, “Aporia
delle scorie”, pubblicato da Giulio
Perrone editore con la prefazione
di Antonio Spagnuolo e una nota
di Letizia Leone, marca un radicale
cambio di segno in questa scrittura,
la quale si volge alla riflessione e
al disincanto. Letizia Leone chiama
in causa la waste land di Thomas
Eliot, il cui paesaggio desolato e
frammentario era espressione della
rovina e della resa di un secolo che
bruciava nell’incendio dei suoi fasti
e dei suoi orrori. Lo stesso tessuto
è rinvenibile nei versi di Frascà,
dove alla dimensione epigrafica
e catastrofica si sostituisce una
quotidianità domestica e disadorna,
devastata negli affetti, tradita nei
sentimenti. Se rimane la fisicità
esuberante degli esordi come
strumento di conoscenza, questa
è oggi rivolta alla dimensione del
dolore, al cibarsi di scorie per
cercare in queste il nutrimento di
una possibile normalità. Vi è nella
scrittura di Frascà una tensione etica
capace di trascendere il personale
per rappresentare un’epoca, una
crisi (economica, politica, dei
valori), senza necessariamente
prendervi una posizione, senza
reclamare un ruolo di giustizia, ma
ponendosi solamente alla ricerca di
una verità nuda, finalmente senza
menzogna. Si veda l’ultimo testo nel
quale la resa è quella «di discorsi
lasciati inerti al sole/ ad asciugare,
naufraghe, le guerre»: una poesia
del disincanto, verrebbe da dire, ma
soprattutto una poesia di ricerca, di
riflessione profonda, espressione di
una maturità umana e letteraria non
esente dall’esperienza del dolore.
Rimane della scrittura degli esordi
quella naturalità della forma chiusa,
spesso declinata nel sonetto, che si
abbevera di endecasillabi e settenari
cristallini, immediati, segno di una
metrica affatto studiata, ma che
è il modo di respirare e muoversi
di questa autrice. Ne emerge una
lingua snella, duttile, in grado di farsi
affilata quando deve incidere nella
metafora atroce di una quotidianità
devastata. Il risultato è una poesia
necessaria, generosa, che si fa
ricordare.
Fabiana
Frascà
Dove
la verità
è nuDa
una poesia del disincanto
e di ricerca, non esente
dall’esperienza del dolore
di Luca benassi
Granuli
che bello sentire la colpa
granello sottile, minuto,
racchiuso baccello che gravida
nuove parvenze più losche
più cupe di pesti, che prive
d’onore, poi seguono il flusso
ad imbuto del senso fottuto
che impolpa ogni brodo di mondo
e gira sull’asse di scorno, velluto
che scorre nel sangue per burla
o per gioco sul filo di scolo che
vomita ancora certezze in un bolo.
~
Statua
se non fossi che pietra, un granito
stabile e fisso io saprei quelle braccia.
Ma non ha carne la pietra, né fiori.
non conosce la terra, gli odori.
sa imitare soltanto nel tatto,
simulare in quel freddo contatto
parvenze di mani di bocche di denti.
inventarsi in un simulacro
un’anima dura. necrotica e pura.
~
Graffiti
Tutto trattenuto senza alcuna pena
nel sangue. i dolori cutanei, i fori
degli aghi, i tagli di lame. Tenerli
nel sangue o in quel poco che n’esce
è come averli nel cavo delle mani,
riceverli, amarli, per quanto strazio
dica quel rosso aggrumarsi. Un solco
di parole in una fossa. Un graffito.
ami, sorridi da morto, e la tua misera
sindone è il murales di quel tratto
extraurbano della metropolitana.


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