Numero 3 del 2014
Il mio, il nostro, il loro 8 Marzo
Testi pagina 10
8 Marzo 2014
Un anno fa centinaia di cuccioli beagle furono liberati da Green Hill, un’azienda che li allevava
per venderli a laboratori di ricerca. Oggi
quei cuccioli, terrorizzati e stressati,
sono stati adottati e, nel passaggio dalle
gabbie alle case, hanno intrapreso un
diffi cile percorso di riabilitazione. È un
episodio che val la pena di ricordare dal
momento che è stata approvata una leg-
ge di delegazione europea che vieta nel
nostro paese l’allevamento di cani, gatti
e primati non umani destinati alla speri-
mentazione. La notizia, salutata con en-
tusiasmo dai movimenti animalisti, è sta-
ta accolta con grida di dolore da gruppi
di sperimentatori che hanno profetizzato
tempi neri per la ricerca scientifi ca. Ma
cosa prevede esattamente la legge È
così pesantemente restrittiva, come so-
stengono i ricercatori più affezionati alle
cavie? Certo, vengono ridotti i margini a
metodiche sperimentali non rispettose
degli animali, introducendo, ad esem-
pio l’obbligo di anestesia e di analgesia
(che risultano non usate almeno nel 20%
degli esperimenti su circa 900mila ani-
mali!). Dovremmo dolercene? Dovrem-
mo continuare a trattare gli animali come
se fossero semplici macchine, strumenti
di ricerca biologica? Se la somiglianza
uomo animale è l’assunto scientifi co su
cui la sperimentazione si basa, occorre-
rebbe trarne, per coerenza, tutte le impli-
cazioni, a cominciare da quelle etiche.
Non è possibile, in altri termini, affermare
la somiglianza con gli animali quando li
utilizziamo come cavie per fondare i no-
stri diritti e, nel contempo, sostenerne la
diversità per eludere i nostri doveri.
Ma, ciò che è pi sorprendente, non si
è rilevato che lo stesso impianto della
legge è sostanzialmente riformista dal
momento che, lungi dal vietare la speri-
mentazione animale, si limita a regolarla
secondo il ben noto modello delle 3R,
e cioè: Rimpiazzamento degli animali,
ove possibile, con metodiche alternati-
ve; Riduzione del numero di animali alla
quantità minima necessaria per ottenere
dati scientifi camente attendibili affi na
mento delle procedure al fi ne di ridurre
sofferenza e stress. Tra giubilo e scan-
dalo nessuno ha ricordato che
fi nalmente si dà attuazione
ad una legge trascurata
che risale a ben 20 anni
fa (n.413, 12 /10/1993)
e che, riconoscendo
l’obiezione di co-
scienza alla speri-
mentazione animale, impegna università
e centri di ricerca allo sviluppo di metodi
alternativi. La legge è stata ampiamente
disattesa, dal momento che a tutt’oggi
ben pochi studenti e ricercatori sono
al corrente di tale possibilità ma, quel
che è più grave, non è stato introdotto
nessun insegnamento di tecniche alter-
native. Ci si potrebbe pertanto chiedere
quale sarebbe oggi lo stato della ricer-
ca se la legge si fosse compiutamente
attuata e se giovani ricercatori avessero
avuto la possibilità di intraprendere nuo-
ve strade. Molti passi avanti sono stati
fatti in questi decenni grazie ai progressi
compiuti nella conoscenza dei mecca-
nismi cellulari e molecolari alla base di
processi patologici; anche l’informatica
ha aperto nuovi orizzonti all’elaborazio-
ne di dati, alla costruzione di modelli,
alla verifi ca di ipotesi. La tecnologia as
sociata a queste nuove conoscenze si
è andata evolvendo molto rapidamente,
spinta anche dalle esigenze del merca-
to. La comunità scientifi ca, dunque, ha
oggi a disposizione possibilità estrema-
mente ampie di studio che non prevedo-
no l’impiego di animali, metodi alternativi
in grado di dare informazioni attendibili
grazie a tecniche di prova moderne e
controllate dal punto di vista della qua-
lità che potrebbero essere più rapide
e meno costose dei metodi tradizionali
basati sulla sperimentazione
animale. siste fi n dal
un ‘Centro europeo per la
validazione dei meto-
di alternativi’: perché
continuare a battere
vecchie strade eti-
camente discutibili
Luisella Battaglia*
Istituto Italiano di Bioetica
www.istitutobioetica.org
NON POSSIAMO
TRATTARE GLI ANIMALI
COME SE FOSSERO MACCHINE
E STRUMENTI DI RICERCA
BIOLOGICA
ANIMALISTA
NON È
L’OPPOSTO
DI UMANISTA